Coronavirus | Wwf Italia lancia petizione per chiudere i wet market

Chiusura immediata dei mercati dove si commerciano animali selvatici. Il Wwf lancia la petizione rivolta all’Oms per mettere fine agli wet market luogo da cui si pensa sia scaturita la pandemia legata al contagio da Coronavirus.

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Foto di Michelle Garforth Venter da Pixabay

Chiusura immediata dei mercati dove si commerciano animali selvatici, vivi o morti. Rinforzo alla attività di contrasto al commercio illegale di specie protette. E infine impegno per ridurre la domanda di prodotti derivati da specie selvatiche tramite aumento di controlli, sanzioni e corretta informazione agli addetti. 

Sono queste le richieste della petizione lanciata online dal Wwf Italia (fondo mondiale per la natura) rivolta all’Organizzazione mondiale della sanità, a fronte della pandemia legata al contagio da Coronavirus.

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Wet market perché devono essere chiusi

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Foto di Syaibatul Hamdi da Pixabay

La Cina, dopo aver chiuso temporaneamente i wet market, in seguito allo scoppio della pandemia da Covid19 sta alleggerendo queste misure si legge su Vox, avendo riaperto dall’8 aprile i mercati ma vietando la vendita di animali selvatici.

Una decisione che preoccupa non poco visto che una delle teorie ad ora più accreditate è che l’attuale pandemia legata al Coronavirus sia scoppiata proprio in uno di questi mercati a Wuhan in Cina.

Esiste, infatti, un legame tra malattie zoonotiche, cioè quelle trasmesse dagli animali all’uomo e il commercio di animali selvatici.

I luoghi dove vengono commercializzati animali selvatici come pipistrelli e pangolini sono proprio questi wet market. Particolarmente comuni in Asia ma diffusi anche in altri continenti come Africa e America Latina.

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“Si pensa che il 60 per cento delle malattie infettive emergenti siano trasmesse all’uomo dagli animali. Tra queste più del 70 per cento deriva da animali selvatici. Malattie pericolose come Sars, Ebola, Hiv e molte altre ancora, sono collegate al nostro crudele sfruttamento di animali selvatici” scrive il Wwf Italia.

Le condizioni igieniche di questi mercati sono infatti a dir poco inesistenti. Gli animali selvatici vengono macellati direttamente in loco o venduti vivi creando una promiscuità che è facile preda di virus e batteri.

Il nome wet market, letteralmente mercato umido, sta proprio a testimoniare il bagnato che si crea sui pavimenti per irrorare carni e pesci che si trovano sulle bancarelle. Tutto questo va a mischiarsi con il sangue e gli scarti dei prodotti animali commercializzati.

Una situazione ai limiti del verosimile, almeno per la nostra cultura occidentale, che genera quelle condizioni ideali a far sì che i virus riescano a passare da specie a specie e dagli animali all’uomo attraverso un meccanismo detto spillover.

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Foto di Alex Strachan da Pixabay

Il Wwf spiega ancora che “né la sofferenza degli animali trucidati, né l’impatto generato sulla nostra salute da questo brutale commercio, hanno convinto la maggior parte dei paesi asiatici a fermare la vendita di animali selvatici nei loro pericolosi mercati”.

Un sondaggio commissionato dal Wwf dimostra inoltre che il 90 per cento dei cittadini intervistati, provenienti da 5 paesi asiatici differenti, siano favorevoli alla chiusura di questi luoghi terribili.

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Tant’è che un video del South China Morning Post girato, nei primi giorni di riapertura, nei mercati all’aperto di Wuhan dimostra che erano praticamente deserti. Probabilmente le persone sono ancora impaurite dal contagio.

E allora il Wwf Italia chiede a gran voce all’Oms di avviare tutte le azioni necessarie affinché questi mercati vengano definitivamente chiusi.

(fonte: Wwf Italia e Internazionale.it)

di Cristina Biondi

 

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