“La prima impressione è quella che conta”: verità o pregiudizio?

“La prima impressione è quella che conta”: una pura verità o una finzione? Come si formulano le prime impressioni nelle nostra mente

La prima impressione è quella che conta (Istock Photos)

“La prima impressione è quella che conta”! Quante volte ci siamo sentiti dire una frase del genere da parenti o amiche in vista di un colloquio di lavoro importante oppure, semplicemente al primo incontro galante con un uomo o donna? Sempre,  e siamo stati noi i primi a dirlo di conseguenza a quell’amica “agitata” per un incontro professionale o amoroso: “La prima impressione è quella che conta” ci siamo dette davanti allo specchio di casa nostra prima di uscire per far “bella figura” come se la prima impressione fosse davvero quello che conta. Ma siamo sicuri che sia proprio così oppure la formulazione delle prime impressioni nella nostra mente non sono altro che frutto di pregiudizi? Le impressioni sono facili da costruire, difficilissime da smontare. Ma come accade che in pochissimo tempo riusciamo a costruirci un’impressione di tutto e tutti? La psicologia ci dice che in pochissimo tempo riusciamo a crearci un’immagine nitida di chi abbiamo davanti e siamo convinti della sua efficacia e ragionevolezza. I volti sembrano essere la chiave di questo passaggio: le caratteristiche del viso delle persone che incontriamo attivano tutta una serie di stereotipi che combinati tra di loro definiscono la nostra impressione. Sempre così semplice? Scopriamolo.

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La prima impressione è quella che conta: verità o semplice pregiudizio?

La prima impressione è quella che conta (Istock Photos)

Secondo una recente ricerca le decisioni che prendiamo rispetto alle persone che ancora non conosciamo avverrebbero pochi secondi prima, o addirittura alcuni minuti prima di incontrarla. Sarà veramente così? Eppure quando incontriamo qualcuno per la prima volta, secondo il senso comune, la prima impressione è quella che conta! Da un punto di vista psicologico, l’emettere giudizi su altre persone, in base alle nostre impressioni e osservazioni iniziali, è certamente naturale. Con ogni probabilità, l’inclinazione a pronunciare determinati giudizi, soprattutto quelli iniziali, è radicata nella nostra prima necessità evolutiva di determinare se un estraneo rappresenti una minaccia oppure no. La capacità di riconoscere rapidamente l’espressione facciale di uno sconosciuto, o l’intenzione celata dietro una determinata postura, potrebbe determinare una nostra differente reazione nel sentirci più a nostro agio, o una tendenza a diffidare. L’affidarsi alle prime impressioni è certamente un qualcosa di sfumato, che determina però un’oscillazione rispetto all’esattezza di tali giudizi. Oggi, le prime impressioni vengono tipicamente a formarsi durante un incontro faccia a faccia, come un evento extra-lavorativo o anche durante un colloquio di lavoro. Essenzialmente riusciamo a captare già qualcosa da come si presenta la stanza della persona da cui ci rechiamo, da come si viene accolti, come pronuncia il saluto e infine mentre ci stringe la mano.

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Come si formano le prime impressioni? Viso, tono di voce e stretta di mano

La prima impressione è quella che conta (Istock Photos)

Se anche voi vi state domandando come si formano le prime impressioni non dovete far altro che prestare attenzione al vostro corpo, o meglio, all’espressioni del vostro viso, così come al tono di voce che usate nel parlare e per ultimo, ma non per questo meno importante, alla stretta di mano che date o che ricevete da una persona. Questi sono, comunemente, indicativi del carattere di una persona e formano, nella persona che non vi conosce e che non conoscete, la prima impressione. Vediamoli nello specifico:

1. I tratti del viso

Makeup: come nascondere i pori dilatati La prima impressione è quella che conta i tratti del viso (Istock)

Solitamente le persone tendono ad emettere giudizi su aspetti quali la fiducia, la competenza e la simpatia in un lasso di tempo brevissimo, e solo dopo pochi secondi aver visto il volto di qualcuno. Anche se si ha del tempo a disposizione per esaminare meglio la persona che si ha davanti, generalmente quando formuliamo le nostre prime impressioni, è difficile che queste vengono cambiate o modificate anche in un secondo momento. Dunque si rimane ancorati alla prima impressione avuta, il che significa che le nostre valutazioni primarie sono molto simili rispetto a quelle secondarie. Noi decidiamo molto rapidamente se una persona possiede molti tratti che riteniamo importanti, come ad esempio la simpatia e la competenza, anche se non abbiamo ancora scambiato una sola parola con loro. Il legame tra i tratti del viso e il carattere può comunque illudere la nostra prima impressione, in quanto, le nostre menti sono comunque in grado di ridimensionare nuovamente la stessa persona. Ecco perché è bene, soprattutto al primo incontro, o colloquio di lavoro, entrare sentendosi fiduciosi e a proprio agio, perché probabilmente questo apparirà sul nostro volto.

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2. Il tono di voce usato

La prima impressione è quella che conta, il tono di voce giusto (Istock)

C’è da sottolineare  anche che molto spesso alcuni giudizi sulla personalità degli altri si basano sul loro tono di voce. Si è recentemente scoperto infatti che gli uomini e le donne che presentano un tono di voce alto vengono valutati come affidabili e simpatici. Tuttavia, parlare con un tono più alto del normale non è sempre un vantaggio poiché è altresì vero che gli uomini e le donne che usano un tono di voce basso sono spesso associate a persone che hanno un certo carisma, che sono identificati come leader e assumano posizioni di leadership importanti. Tale aspetto è maggiormente presente negli uomini, e poiché le donne hanno solitamente la voce più alta rispetto alla controparte, questo potrebbe configurarsi come un fattore che non consente alle donne di acquisire ruoli di leadership rispetto agli uomini. Quindi è fondamentale che donne e uomini imparino a controllare questo aspetto vocale per poter fare una buona prima impressione.

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3. La stretta di mano

La prima impressione è quella che conta, la stretta di mano (Istock)

Per quanto riguarda la stretta di mano, secondo il senso comune, è da molto tempo che si sottolinea come questa sia fondamentale per fare una buona prima impressione. Ecco come una stretta di mano ferma risulta legata a tratti della personalità come positiva, estroversa ed emotivamente espressiva. Si è notato che le donne possono trarre beneficio da una stretta di mano forte, in quanto è un buon modo per proiettare la fiducia e l’assertività. Tuttavia c’è da sottolineare che dimostrare il dominio attraverso una forte stretta di mano può avere un impatto negativo sulla possibilità di rimandare messaggi di fiducia, soprattutto al primo incontro. Essere troppo rigidi può quindi mettere l’altra parte sula difensiva. In altre parole quella buona stretta di mano non può essere troppo ferma, perciò andate alla ricerca di un giusto compromesso. Quindi la prossima volta che avete una riunione, un colloquio di lavoro, o semplicemente un nuovo primo incontro, ricordatevi di quel primo sguardo, moderare il tono di voce e regolate bene la vostra stretta di mano.

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La percezione sociale: i 3 aspetti che danno una buona impressione

La prima impressione è quella che conta, la percezione sociale (Istock)

La percezione sociale non è altro che il processo attraverso cui raccogliamo, elaboriamo ed organizziamo le informazioni sugli altri individui con cui entriamo in contatto. Queste informazioni sono basilari e riguardano le caratteristiche fisiche della persona che abbiamo davanti ma non solo, oltre all’aspetto fisico, ci basiamo sul comportamento manifesto, la familiarità e la comunicazione non verbale.Ciascuno di noi ricava l’immagine di sé e la propria autostima dai gruppi o dalle categorie sociali ai quali appartiene; ad esempio il genere, la professione, l’etnia, la posizione sociale. Per confermare il nostro valore tendiamo a considerare migliori i nostri gruppi di appartenenza e a svalutare gli altri. Questo ci porta a classificare ed etichettare gli altri con stereotipi e luoghi comuni, solitamente negativi: i tedeschi sarebbero rigidi e noiosi, gli inglesi ubriaconi, i francesi snob, gli americani sempliciotti. I suddetti ovviamente ricambiano: agli occhi del mondo noi italiani saremmo per principio inaffidabili, chiassosi e mangioni. Ci sono molte ricerche che hanno indagato in modo capillare l’effetto di questi elementi; non è possibile creare delle corrispondenze precise, ma possiamo individuare 3 aspetti che fanno sì che si abbia una buona prima impressione:

  • L’aspetto fisico, oltre al volto, incide per la sua bellezza. Chi è bello viene percepito come più simpatico, socialmente abile e anche con una personalità piacevole. Gli etologi da tempo sostengono che i caratteri infantili (fronte bombata, guance rotonde, occhi grandi, testa grossa rispetto al tronco, forme rotondeggianti) suscitano sentimenti di protezione e simpatia. Le persone adulte con questi lineamenti vengono percepite come più spontanee, oneste e affidabili rispetto a persone con tratti somatici più marcati e con il viso di una persona matura.
  • Lo sguardo: nell’ambito della comunicazione non verbale, lo sguardo sembra avere un ruolo predominante. Chi non guarda l’interlocutore viene considerato timido o scortese, chi ha lo sguardo sostenuto è minaccioso, mentre viene apprezzato chi mostra interesse guardando l’interlocutore.
  • La familiarità: Chi ha dei tratti familiari risulta più piacevole.

Tutto questo può avvenire anche in pochissimi secondi, bastano solo 100millisecondi, che influiscono sulla relazione anche con conseguenze concrete a lungo termine come la profezia che si autoavvera: ovvero quell’insieme di meccanismi mentali che fanno in modo che le aspettative si avverino. Ciò può avvenire sia attraverso la selezione di informazioni che confermino le idee, sia perché l’atteggiamento incide sulla situazione. Se pensiamo che una persona sia fredda e ostile l’interpretazione di tutti i comportamenti ambigui andranno in tal senso. Inoltre, è probabile adottare un comportamento poco cordiale che non suscitando simpatia nell’interlocutore lo porterà a rispondere ‘a tono’ confermando quindi la profezia iniziale.

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La prima impressione è quella che conta davvero: Lo studio conferma

La prima impressione è quella che conta, lo studio scientifico (Istock Photos)

Un’occhiata veloce, una stretta di mano e il giudizio arriva immediato. Siamo talmente bravi a farci un’opinione degli altri, che ci mettiamo un attimo. Valutiamo l’affidabilità di uno sconosciuto in un decimo di secondo; in un ventesimo, invece, il suo orientamento sessuale. Diversi studi hanno messo in luce la rapidità con cui effettuiamo lo screening della personalità di chi abbiamo di fronte: è una persona promiscua? quanti soldi ha? ha un carattere forte o è un debole? Perché possiamo pure non ammetterlo, ma le prime impressioni contano e a spiegare bene se la prima impressione sia davvero quella che conta nella realtà ci hanno pensato alcuni studiosi dell’Università di Cornell, negli U.S.A. Secondo tale studio, giudichiamo realmente gli altri fin dal primo sguardo ma non solo, perché anche quando abbiamo l’opportunità di conoscere meglio una persona, le prime impressioni continuano ad avere la meglio sulla realtà e sulle nuove informazioni a nostra disposizione. Quindi la prima impressione è davvero quella che poi rimane impressa nella nostra mente? Lo studio in questione avrà dimostrato questo? La ricerca fu condotta su un campione di 55 persone. Questo campione aveva come compito quello di osservare la foto di quattro donne, alcune sorridenti e altre con un’espressione neutra. In base alla sola visione delle fotografie, i partecipanti allo studio dovevano descrivere la personalità delle donne. Alcuni mesi più tardi, ogni partecipante ha incontrato faccia a faccia ognuna di queste donne presenti nelle foto, passando con ciascuna circa 20 minuti. Dopo questi incontri, il gruppo doveva nuovamente valutare la personalità di ogni donna. Il risultato? La maggior parte delle prime opinioni era poi stata confermata dopo gli incontri. Le donne che erano state descritte come simpatiche attraverso la visione della foto erano poi state valutate nello stesso modo in seguito all’incontro dal vivo. Stessa situazione per quelle donne che, fin dall’inizio, erano state indicate come “sgradevoli”: durante l’incontro, questa opinione era stata confermata nella maggior parte dei casi.

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Questo fenomeno è dovuto al cosiddetto “bias di conferma“, ossia quel processo che tende a confermare le idee o le percezioni che già si hanno. In questo caso, ad esempio, le persone che trovavano simpatica una delle donne si sono comportate con lei in maniera più amichevole, mentre coloro che avevano incontrato una donna che reputavano sgradevole durante la visione delle foto, hanno avuto un approccio più distante. Per questo, quando vediamo una persona per la prima volta, ci formiamo immediatamente un’opinione, basata per esempio sui gesti o sull’aspetto fisico. In seguito, però, difficilmente mettiamo in dubbio le nostre percezioni iniziali. Oltre a questo processo di conferma, si evidenzia anche un’altro fatto importante, e cioè la presenza di un “effetto alone”: un processo in cui le persone, basandosi sul giudizio di alcuni tratti fisici sono influenzate nella percezione che si ha dell’altro: per esempio, un uomo attraente ha più possibilità di essere giudicato in maniera positiva. Questo fenomeno si è presentato anche durante lo studio. Nella maggior parte dei casi, chi aveva dato una valutazione positiva alla foto tendeva a estendere questa opinione anche alla personalità, pur non avendo dati a riguardo.

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La mente ci guida verso un giudizio giusto o può trarci in inganno?

La prima impressione è quella che conta (Istock)

Quante volte abbiamo pensato dopo un colloquio di lavoro o un primo incontro galante: “abbiamo perso un’occasione”? Capita di pensarlo e questo pensiero può essere dovuto ad un’errato giudizio che la nostra mente ha formulato così, al primo acchito, basato sulle nostre prime impressioni? Forse sì. In pratica, la nostra mente ci guida verso un giudizio giusto ed equilibrato o può trarci in inganno? Banalmente, può farci prendere delle clamorose cantonate. Innanzi tutto perché, se il nuovo interlocutore non colpisce subito la nostra attenzione, non saremo motivati a dedicare risorse ed energia ad approfondire la conoscenza. Ma il vero problema è che la prima impressione e il processo successivo di raccolta ed elaborazione delle informazioni, non è mai oggettiva, perché sempre condizionata da schemi mentali, ricordi, aspettative, esperienze (la somiglianza con qualcuno che già conosciamo può condizionare il nostro giudizio), stati d’animo, veri e propri pregiudizi di chi giudica; e dall’abbigliamento usato del “giudicato”. Se uno o più di questi fattori giocano a sfavore della nuova conoscenza, sono altissime le probabilità che le resti cucita addosso un’opinione negativa. Siamo tanto rapidi a formulare la prima impressione così come siamo tanto lenti a cambiarla o modificarla. Questa è spiegata da un effetto del processo cognitivo detto: primacy, cioè siamo portati a credere che le prime cose che veniamo a sapere siano vere. Se nella fase iniziale di un incontro l’interlocutore ci appare, per esempio, brillante ed estroverso, interpreteremo tutte le successive caratteristiche in modo da confermare questa prima valutazione. Ma non termina qui, poiché tutte le informazioni dissonanti con lo schema iniziale o non vengono prese in considerazione o vengono giustificate in modo che appaiano accettabili. Quindi se la prima impressione è positiva, leggeremo in questa chiave anche tutte le successive informazioni. E viceversa. In definitiva, lo studio riportato, così come le argomentazioni fatte fin ora ci rivelano che la prima impressione è quella che conta ed è alquanto difficile che si possa cambiare opinione o idea una volta avuta la prima impressione. Del resto, come diceva Oscar Wilde: Non c’è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta!

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10 comportamenti da evitare al primo incontro

La prima impressione è quella che conta, la top 10 degli errori da evitare (Istock Photos)

Se la prima impressione è quella che conta, allora i comportamenti da evitare per non dare una brutta impressione sono tanti. Vediamoli nello specifico:

  • Non postare troppe foto sui social: Spesso ci si conosce sui social ancora prima di stringersi la mano. In quel caso, però, attenti a non esagerare con le foto caricate. In particolare condividere troppi scatti di sé non mette i nostri contatti a proprio agio.  Gli amici non sembrano gradire troppe foto di familiari, e i parenti vivono con insofferenza l’eccesso di foto con gli amici.
  • Troppe amicizie virtuali o troppe poche: anche il numero di amici può influire negativamente sul giudizio che le persone potrebbero farsi di voi. Meglio non vantarne troppi, né troppo pochi: uno studio del 2008 sugli studenti dell’Università del Michigan ha dimostrato che il numero ideale è intorno a 300. Di più, e sembrerete a caccia di consensi e popolarità; 100 o meno, e i vostri livelli di gradimento saranno sottoterra.
  • Attenzione alle confidenze che fate: Se vi aprite troppo presto su questioni molto personali (come una relazione extraconiugale di un parente), con una persona che conoscete appena, sembrerete inaffidabili e fragili. Meglio rivelare dettagli meno scomodi come ricordi dell’infanzia, o il proprio hobby preferito. Ma anche il contrario non va bene, le persone insicure che pongono all’altro molte domande personali, senza esporsi in prima persona sulla sua esperienza personale e intima risultano antipatiche da subito.
  • Nascondere le emozioni: Meglio essere onesti su quello che si prova, anche se non sempre sembra socialmente accettabile.
  • No a foto in primo piano sul vostro profilo social: avere una foto del profilo su LinkedIn o Instagram scattata da 45 cm di distanza rischia di farci sembrare meno affidabili e attraenti che averla da 135 cm. Al prossimo scatto, allontanatevi dall’obiettivo, specie se state cercando lavoro!
  • Non mostrarsi troppo consenziente e gentile: Aiutare gli altri è un merito, a patto che di altruismo non si ecceda. Almeno sulle prime infatti, un eccesso di gentilezza potrebbe essere interpretato come un comportamento interessato, motivato da secondi fini, o messo in atto solo per sfigurare.
  • No al sudore: farsi vedere con odiose aloni di sudore ascellari non è per nulla bello. E questo ovviamente vale anche per il cattivo odore non solo per la vista. L’odore della vostra ansia porta istintivamente le persone a farsi un’opinione negativa sul vostro conto. In uno studio del 2013, alcuni partecipanti hanno visto video di donne impegnate in diverse situazioni, e intanto hanno annusato alcuni campioni di sudore. Le donne osservate mentre i soggetti annusavano campioni di sudore “da ansia”, sono state percepite come meno competenti, affidabili e sicure di sé delle altre. La sola presenza di deodorante è bastata ad attenuare la percezione negativa.
  • Sorridere sempre: sembrerà scontato e banale ma non è così. Sorridere anche sforzandovi, vi renderà più amichevoli e simpatiche, indipendentemente dalla posizione fisica assunta – aperta o chiusa.Sorridere al primo incontro aiuta l’interlocutore a ricordarsi di noi più a lungo; e i sorrisi risultano facilitare gli incontri, anche quando si interagisce mediante avatar, in realtà virtuale.
  • Non dite mai esplicitamente che qualcuno non vi piace: se pensiamo di piacere a qualcuno, sarà anche più facile che quel qualcuno ci piaccia. Vale anche per l’accoglienza: se pensiamo che qualcuno ci accetterà nel suo gruppo, ci comporteremo in modo più amichevole nei suoi confronti, e questo farà sì che ci accolga in modo più caloroso. Perciò se non avete ancora un’opinione certa su una persona, comportatevi a priori come se vi piacesse: aumenterete le possibilità di piacerle a vostra volta (e farete sempre in tempo a cambiare idea).
  • Non vantare mai amicizie o conoscenze importanti: non esiste cosa più antipatica di quel tale che si vanta di conoscere quel “vip” piuttosto che un’altro. La tentazione di dichiararsi “amici di” può essere forte, quando si conosce qualcuno (specialmente se ci si sente in una posizione minoritaria). Ma attenti, potrebbe costarvi cara: questo vizio ci fa percepire come manipolatori davanti agli altri.

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