Coronavirus | In laboratorio sopravvive nell’aria fino a tre ore

Un esperimento dimostra la Capacità del Coronavirus di sopravvivere, in laboratorio, fino a 3 ore nell’aria. Che cosa significa ciò e che cosa comporta per tutti noi?

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Il virus più temuto è, per sua stessa natura, anche il più studiato del momento.

Ecco allora che si moltiplicano gli esperimenti e le pubblicazioni attorno al Coronavirus, teorie più o meno verificare ma comunque tanto numerose da riuscire a mandarci tutti in confusione.

Le informazioni si affollano infatti nella nostra mente e districarsi diviene ogni giorno più difficile.

Tra gli ultimi studi di tale genere oggi ne analizziamo uno che ha sin da subito creato un certo allarmismo: il Coronavirus può sopravvivere nell’aria fino a tre ore. Cerchiamo di capire insieme che cosa ciò significhi realmente.

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Coronavirus, fino a 3 ore nell’aria: ma che significa?

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Un esperimento condotto dagli scienziati del laboratorio di virologia del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, l’Istituto americano per le malattie infettive, e i cui risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, una rivista scientifica, il 17 marzo, apre una nuova prospettiva sul Coronavirus e sul suo comportamento.

Lo studio ci informa infatti di come, spruzzato in aerosol in condizioni di laboratorio, il coronavirus possa sopravvivere fino a tre ore nell’aria. Ma che cosa significa ciò? Istintivamente verrebbe da pensare a una nuova minaccia, una forza in più di questo temuto virus che così resterebbe lì, sospeso nell’aria a minacciarci.

Il metro di distanza allora non è più sufficiente? Il contagio può avvenire non più solo da persona a persona?  No, le cose non tanno esattamente così.

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Come vi avevamo già illustrato nel pezzo dedicato alla sanificazione delle strade, l’attenzione va posta su un termine apparentemente marginale ma in realtà essenziale: in laboratorio.

Ci spiegava infatti Dario Bressanini, chimico e divulgatore scientifico:

“Ma è possibile che il virus rimanga nell’aria per un po’? Si è possibile ma quanto è probabile che io mi possa prendere una malattia da questo? Pochissimo. […] Tenente presente che comunque all’esterno, con il sole, con il vento, con al pioggia il virus comunque non sopravvive, quindi disinfettare l’aria esterna è perfettamente inutile.”

A ciò si aggiunga che un singolo studio, nel mondo scientifico, non costituisce una vera e propria teoria attendibile ma solo uno spunto di riflessione, un punto di partenza che, prima di esser ritenuto verità scientifica, deve passare attraverso varie disanima e controprove.

Che cosa dobbiamo allora trarre da questo studio? Come testimoniato dagli stessi autori, il metro di distanza resta l’unica valida misura, poiché in genere uno starnuto o un colpo di tosse non supera tale portata. L’attenzione in più riguarderebbe solo gli ambienti chiusi o, meglio, gli ambienti chiusi in cui vi è una persona positiva.

Se dunque si è in casa con una persona malata sarà importante arieggiare spesso gli ambienti. Come spiega Carlo Federico Perno, virologo dell’università di Milano:

“In una stanza in cui resti a lungo una persona infetta, il suo respiro continua a concentrare particelle virali nell’aria. In ambienti affollati e chiusi, anche quando si rispetta la distanza di un metro, sarebbe bene aprire la finestra”

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Nulla di nuovo dunque sotto il sole o, sarebbe meglio dire, nelle nostre case. Le misure di sicurezza essenziali retano sempre loro: lavare spesso le mani e mantenere la distanza di sicurezza.

Oltre naturalmente al motto più importante del momento: restiamo a casa.

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