In Italia il 55% degli italiani giustifica episodi di razzismo, lo spiega il direttore scientifico dell’istituto di ricerca a fronte dei dati emersi durante il convegno “Metamorfosi”.
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Alessandria, una donna di 60 anni, sull’autobus, ha detto a una bambina di colore se poteva evitare di sedersi vicino a lei. Durante Verona-Brescia, giornata del campionato di Serie A, l’attaccante Mario Balotelli viene preso di mira dai tifosi scaligeri per via della sua carnagione: buu razzisti e ululati dalla Curva veronese, che poi fatica anche a fare ammenda e scatta, quindi, l’allontanamento dallo stadio per alcuni ultrà.
Trattasi di semplici, quanto gravi e reiterati episodi, che fanno coppia con quel che è successo settimane fa a Liliana Segre. Quando alcuni rappresentanti della Repubblica non si sono alzati in piedi per rendere omaggio alla senatrice, dopo il passaggio della mozione proposta contro l’odio e l’antisemitismo. Conseguenza: l’astensione, da parte di alcune forze politiche, sull’approvazione di tale proposta.
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Razzismo, il Ministro dell’Interno Lamorgese avverte: “Da parole violente derivano azioni violente”
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Insomma, nel nostro Paese, da qualche tempo “si sono affievoliti gli anticorpi”. Così ha parafrasato Enzo Risso, direttore scientifico dell’istituto di ricerca, durante il convegno “Metamorfosi” che ha provato a dare una connotazione scientifica e numerica all’aumento di episodi razzisti registrato nel recente passato dell’Italia. Una piaga sociale che si sta riacutizzando, lo confermano i numeri: “Negli ultimi 10 anni la disponibilità a giustificare atti razzisti è aumentata. Prima del 2010 la maggioranza non giustificava mai, oggi il dato si è invertito”, spiega Risso.
“C’è una minoranza che sta alzando la testa rendendosi conto che è consentito dire o fare certe cose. È un quadro preoccupante perché il dato cresce all’interno dei segmenti sociali più bassi, mentre trova maggiore opposizione fra i giovani della “generazione Z”, dove pure ci sono pulsioni razziste e antisemite minoritarie”, sottolinea il direttore.
Fenomeno evidenziato anche dal Ministro dell’Interno in carica, Luciana Lamorgese che, durante la visita alla Comunità Ebraica di Roma, ribadisce: “Il linguaggio urlato preoccupa perché da parole violente possono venire azioni violente”. Infatti, sempre guardando le statistiche, gli hate crime commessi in Italia sono raddoppiati: si passa dai 473 del 2013 ai 1048 del 2017. Senza contare che rispetto, a due anni fa, il dato è cresciuto di trecento unità. La maggior parte non sono arrivati a sentenza, meno della metà invece quelli perseguiti.
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