Interruzione di gravidanza: “Era soltanto un feto” ma per me era mia figlia

Il racconto di una madre che racconta la terribile sensazione di una gravidanza non andata a buon fine, la sofferenza di sentir dire “era solo un feto”.

Foto da iStock

Ci sono gravidanze sognate, desirate, conquistate, attese. Ma poi ci sono anche gravidanze impreviste, indesiderata, incomprese, inaccettabili.

In entrambi i casi c’è un momento che cambia ogni cosa, quello in cui la donna decide di diventare madre, accetta la pancia che crescerà e tutte le conseguenze del caso e così, come dal nulla, non è più solo una donna, è una mamma.

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E’ per questo che tutto ciò che accade dopo, da quel momento in poi, è strettamente personale, intimo e, probabilmente, comprensibile, anche se solo in parte, unicamente a chi ha vissuto una simile esperienza.

Nel bene o nel male la gravidanza è così un’esperienza personale, intima e carica di un caleidoscopio di emozioni, belle per lo più ma, ahimè, qualche volta anche particolarmente negative.

Non tutte le gravidanze sono infatti destinate al lieto fine. Alcune semplicemente si concludono anzitempo, troppo anzitempo, trasformando così tutte quelle emozioni in un sogno destinato a rimanere tale, una chiara che appare presto come irraggiungibile.

Che cosa accade allora nel cuore e nella mente di una donna, già madre, che si vede strappare quella maternità senza una ragionevole spiegazione? Ancora una volta solo una donna in gravidanza è in grado di comprendere simili sentimenti e, di conseguenza, di illustrarli a tutte noi.

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Problemi gravidanza: perdere un figlio

Ansia in gravidanza e post parto (Istock)

Nostrofiglio.it riporta un racconto condiviso da un’utente sulla loro pagina Facebook, la narrazione di una gravidanza gemellare iniziata nel migliore dei modi almeno fino a quando non giunge il giorno della morfologica e tutto non inizia a velarsi di un cupo ritorno alla peggiore delle realtà.

Ogni cosa sembra allora andare per il peggio ma, fortunatamente, qualche volta, anche i momenti più cupi possono tornare alla luce e non tutto è perduto poiché, essere madre, è un viaggio sempre carico di risvolti inattesi, nel male ma anche (fortunatamente) nel bene.

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“Tutto cominciò il 9 maggio 2016. Feci un test che risultò positivo. Il mio cuore andava a mille, ero felicissima per il fatto che sarebbe arrivato qualcuno a farci compagnia. Eravamo pazzi dalla gioia!

Il giorno della prima ecografia eravamo emozionantissimi, ma anche un po’ agitati. Dall’ecografia si vide subito una camera gestazionale, mentre non era possibile vedere il battito poiché troppo presto. La ginecologa ci disse di tornare la settimana dopo, poiché avremmo visto sicuramente il battito.

Trascorsa la settimana, tornammo in visita e con grande stupore la camera non era una sola, ma bensì erano due. Aspettavo due cuoricini.

Tante preoccupazioni per un gravidanza gemellare. Il tempo passò, il 2 agosto venimmo a sapere che era due femminucce. La pancia cresceva, le sentivo muovere. Stetti benissimo, non ebbi mai nausea né alcun disturbo. Tutto fu bellissimo fino al 2 settembre, giorno della morfologica. Giorno che non dimenticherò mai.”

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“La ginecologa mise la sonda per l’ecografia e rimase in silenzio, i suoi occhi si riempiono di lacrime e lì ci fu il gelo. Fu il buio più totale. Pensai che era finito tutto. La piccolina in basso non c’era più… E pensare che avevo fatto l’eco di controllo solo la settimana prima. Credo che se mi avessero tirato un colpo in testa, non mi avrebbe fatto male. Un dolore sordo che non ti fa uscire nemmeno una lacrima. Mi ricoverarono d’urgenza.

Prognosi riservata. Rischiavo una setticemia, un’emorragia, un blocco renale(tutte cose che ho saputo dopo). Ma fortunatamente non è partita nessuna infezione. La nostra fortuna è stata che le bambine erano in due sacche e placente distinte. Rimasi in ospedale per 76 giorni. Mi venivano fatte le analisi tutti i giorni per tenere a bada le infezioni, mi davano continuamente flebo di antibiotici che puntualmente bruciavano e rompevano le vene per quanto erano forti. Ma non era niente il dolore fisico in confronto alla paura di perdere l’altra bimba.

Ogni mattina nel giro delle visite ognuno mi diceva la sua. Uno in particolare mi disse: “Tanto perderai anche l’altro feto, si scatenerà il travaglio e partorirai”. Avevo il collo dell’utero aperto. Quelle parole risuonarono come un macigno perché sapevo che la mia guerriera non ce l’avrebbe fatta a soli 700 grammi e io non potevo permettermi di perdere anche lei. Tutte le mattine ero monitorata: ogni volta che sentivo quel cuoricino ricominciava a battere anche il mio.”

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“Finalmente a fine ottobre la situazione si stabilizzò: il collo dell’utero si era richiuso ed era arrivato a 1,5 cm. Eravamo più sereni perché la piccola ormai aveva raggiunto 1 chilo. Cominciavamo a vedere un po’ di luce. Il 4 novembre finalmente ritornammo a casa… alla serenità delle mure domestiche. Facevo controlli settimanali e fu fissato il cesareo per il 2 gennaio . Poi all’ultimo controllo del 27 dicembre mi dissero che la bimba non era cresciuta per niente e allora pregai la dottoressa di farmi il cesareo prima. Non volevo più rischiare e infatti mi accontentarono.

Mi hanno ricoverato due giorni prima per fare le punture di bentalan per i suoi polmoni. E il 29 dicembre, alle ore 13.22, è tornato il sole nella nostra vita. È nata la nostra piccola guerriera di solo 2 chili con una grinta di una leonessa. Adesso ha due anni ed è di una vivacità e solarità uniche. Dico sempre che lei è speciale. E come dice il mio amico prete, io ho un angelo in cielo e uno in terra. La mia fede mi ha portato ad addolcire questa perdita. Tanti ti dicono “ma era soltanto un feto di 26 settimane”: per me era semplicemente mia figlia!”

Fonte: Nostrofiglio.it

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