Come aiutare tuo figlio ad essere autonomo: il metodo Montessori

Come aiutare tuo figlio ad essere autonomo e indipendente seguendo il metodo Montessori. I primi step da seguire

La felicità dei bambini è ereditaria autonomia dei bambini (Istock Photos)

Impartire una buona educazione ad un bimbo non è facile, anzi tutt’altro! I genitori ce la mettono tutta nell’indirizzare il proprio bambino verso il giusto, nell’insegnarli cosa sia il bene e cosa sia il male. Un lavoro a tutti gli effetti che, se fatto bene, porterà indubbiamente grandi risultati. Ma spesso, molti genitori – la maggioranza – impartiscono una educazione basata sulla propria esperienza, magari un po’ datata e non sempre funzionale alle nuove generazioni. Anche se, rispetto a decenni passati, il metodo di educazione impartito ai propri figli si è evoluto – per fortuna – esistono ancora, dei comportamenti che noi, genitori, inconsciamente tramandiamo alla nostra prole non sempre corretti. La troppa autorità, per esempio non va bene, perché si rischia di inibire il bimbo tarpandogli così le ali verso la curiosità. Come anche la troppa e assoluta libertà non va bene, poiché il bimbo, specie se piccolo, ha bisogno di punti di riferimento concreti. Insomma, come precedentemente accennato ad inizio paragrafo, impartire la giusta educazione ai propri figli non è un gioco da ragazzi. Ma sapete qual è la lezione più importante e da impartire ai propri figli? L’educazione all’indipendenza e all’autonomia. Un punto molto dolente per la maggioranza dei genitori da sempre. Ma, fondamentale nel buono sviluppo psicofisico del bimbo. Educare all’indipendenza, specie in Italia, non è facile perché le nostre mamme, e mi riferisco anche a quelle giovani, hanno un vero e proprio istinto a conservare, proteggere il proprio bimbo da tutto. Delle vere mamme chioccia. Questo comportamento non è salutare per il bambino/bambina che non sarà, in futuro, libero di prendere le giuste decisioni. Perché? semplicemente perché non è mai stato abituato all’indipendenza. Vediamo come fare, allora, per lasciare andare un po’ di più questa corda che lega mamma, papà e figlio in maniera esagerata.

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Educare all’indipendenza il proprio bambino: da dove iniziare?

nomi maschili e femminili che inziano con la lettera 'z' indipendenza dei bambini (Istock photos)

Il bambino per sviluppare la propria indipendenza ha bisogno di sperimentare anche l’assenza dalle figure genitoriali. Si parla sempre dell‘importanza della presenza fisica dei genitori e mai della loro assenza. Eppure l’assenza è importante tanto quanto la presenza. Si può affermare che non può esistere l’una senza l’altra, che sono due facce della stessa medaglia, che collaborano insieme allo sviluppo dell’individuo e all’instaurarsi di sane e ricche relazioni. Gli opposti non si devono respingere ma al contrario unirsi e allearsi: è l’unica via per giungere all’equilibrio!

Il bambino deve sperimentare il calore, la sicurezza e l’amorevole cura dei genitori presenti fisicamente e anche la possibilità di stare senza di loro. Come una barca che si riposa nel porto ma che poi va nel mondo a scoprire le meraviglie del mondo che lo circonda; non può una barca rimanere ancorata nel porto per sempre, non è la sua missione e sprecherebbe il senso della sua stessa esistenza. Quindi, la missione dei genitori, per avere un figlio indipendente e felice è quella di educarlo alla loro assenza. Ovviamente si parla di brevi periodi, non certo un’assenza prolungata!  Il genitore assente fisicamente non è come si pensa comunemente un genitore che non attua il suo compito educativo. Al contrario, svolge la sua missione anche rinunciando ad esserci. Dona così a suo figlio la possibilità di sperimentare l’indipendenza, di essere coraggioso, di farcela senza di lui, di non essere sempre legato al solito stile relazionale, di mettere in atto risorse altrimenti assopite o mai usate.

Ciò che sta accadendo oggi giorno, invece, è un’esagerazione da una parte o dall’altra: o il genitore è troppo presente oppure è troppo assente. E’ doveroso quindi mettere sullo stesso piano l’esserci e il non esserci e riuscire a creare il giusto equilibro tra queste due condizioni genitoriali, passando prima dal periodo neonatale fino a quello adolescenziale. Solo compiendo questa delicata danza materna e paterna riusciremo a compiere fino in fondo la nostra importante missione educativa.

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Come reagisce il bambino all’assenza del genitore

bambina felice indipendenza dei bmabini (Istock Photos)

Sin dalla nascita, il bimbo è abituato ad avere la mamma, per prima, ed il papà sempre al suo fianco. Cresce con queste figure presenti all’inverosimile, ed è giusto – all’inizio – che sia così. Il bambino che verrà sottoposto ad un’assenza genitoriale, all’inizio si sentirà smarrito, confuso e arrabbiato ma questo non deve pregiudicare il lavoro che il genitore si è imposto di affrontare per il bene del proprio figlio. Quindi, come detto, all’inizio il bimbo proverà di sicuro smarrimento ma il suo pianto richiamerà la mamma a sé facendogli provare già da così piccolo il meraviglioso momento della riconciliazione. Comprenderà anche che senza la mamma non è accaduto nulla di spaventoso e di pericoloso.

E man mano che diventerà più grande il bambino avrà il bisogno di sperimentare per periodi più lunghi l’assenza fisica delle figure genitoriali. E’ il solo ed unico modo per affidarsi ad altre figure di accudimento, per ampliare i propri stili relazionali, per conoscere mondi diversi, per mettersi in gioco senza la protezione dei genitori, per sperimentarsi come essere individuale con i propri limiti e le proprie risorse. L’assenza fisica insegna molto ad ogni individuo, piccolo o grande che sia.

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Presenza fisica e presenza emotiva: le differenze da insegnare

litigi in famiglia assenza e presenza dei genitori, le differenze (Istock Photos)

Spesso si vedono genitori fisicamente presenti nelle vite dei propri figli, a casa ogni giorno dopo il lavoro, il weekend e nei giorni di festa ma, altrettanto si vedono bambini tristi anche in presenza dei genitori. Perché? Semplicemente perché la presenza fisica non è garanzia di presenza buona per il bimbo. Cioè, si può essere presenti sempre fisicamente ma lontani e distratti emotivamente. Mentre, si può essere fisicamente lontani ma presenti emotivamente sempre. Dunque, l’assenza fisica non è poi così male se a compensare c’è la presenza emotiva costante del genitore. Il bimbo crescerà sicuramente più sicuro, perché sa di essere ascoltato, amato e libero nelle proprie scelte. Quindi, non basta la presenza fisica ad educare un bimbo! Non dobbiamo credere che se siamo sempre fisicamente vicini ai nostri figli il nostro compito genitoriale è ben compiuto mentre se non lo siamo sbagliamo il nostro ruolo facendo nascere così sensi di colpa e bassa autostima. Siamo genitori e dobbiamo assumerci pienamente le responsabilità di questa nostra missione ma ciò non vuol assolutamente dire disintegrare la nostra identità: siamo papà e mamme ma siamo prima di tutto uomini e donne con i propri interessi, il proprio diritto a realizzarci, ad avere i nostri spazi e a crescere e migliorarci.

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Il tempo che dedichiamo a noi stessi è il tempo che apparentemente sottraiamo agli altri. In realtà è un tempo che, una volta investito per la crescita del nostro benessere, ritorna anche agli altri, figli compresi. Ed è proprio questa una grande lezione che diamo ai bambini e ai ragazzi di oggi

I lati positivi dell’assenza del genitore sul figlio

Autonomia e indipendenza dei bambini (Istock)

Un bimbo abituato all’assenza, separazione, sia pur breve, di un genitore, acquisisce un’autonomia che altri bimbi, non abituati a tali assenze, non hanno e non avranno mai. Quali sono le qualità o, se vogliamo dirlo in altri modi, le competenze che un bimbo conquisterà da questo metodo?

  • l’assenza fisica  dei genitori permette loro di rinascere come nuovi e indipendenti individui
  • fa capire a loro stessi che essere mamme o papà è una delle molteplici sfaccettature dell’identità umana ma che non è la sola e che identificarsi solo ed esclusivamente con essa è riduttivo, malsano e per nulla arricchente.

A seconda dell’età del bambino o del fanciullo e anche dell’adolescente, la separazione fisica può far emergere tante risorse. Senza i genitori bisogna:

  • cavarsela da soli,
  • mettere in atto atteggiamenti, comportamenti e pensieri che usualmente non vengono usati,
  • prendere decisioni,
  • assumersi responsabilità,
  • affidarsi a qualche altra figura di riferimento.

La Montessori ci insegna ad aiutare i nostri figli a crescere, lasciandoli liberi di provare in prima persona ogni esperienza, anche e soprattutto sbagliare per imparare dai propri errori.

Il primo passo verso l’indipendenza? La scuola

bambini alimentazione indipendenza bimbi, la scuola , Getty Images

Gli step che un bambino piccolo dovrà affrontare nella separazione dai genitori, sarà ovviamente graduale. E’ sbagliato separarsi dal figlio quando quest’ultimo è ancora in fasce. Il neonato necessita, nel suo primo anno di vita, della figura materna, presente – non solo fisicamente, si intende – finché non avrà acquisito le competenze basi della vita. Il distacco, l’assenza o la separazione dovrà avvenire gradualmente, il bimbo sarà un bambino sano e un fanciullo sereno e senza problemi. Un passo decisivo nella separazione genitoriale, il primo passo in realtà, è dato dalla scuola. Essa, difatti, svolge un compito fondamentale nell’indipendenza del bambino, aiutando il naturale distacco del piccolo dalla mamma. Ecco perché una scuola con metodo educativo montessoriano è importante per lo sviluppo dell’indipendenza e della libertà del piccolo. Un metodo educativo incentrato sulla libertà deve quindi operare prima di tutto per aiutare il bambino a conquistarla, liberandosi da tutti quei legami che limitano le sue manifestazioni spontanee, e guidarlo per i sentieri dell’indipendenza. Maria Montessori infatti scriveva: “Non si può essere liberi se non si è indipendenti” Raggiungere l’indipendenza implica quindi anche conquistare la propria autonomia. Il bambino inizia questo complesso e lungo percorso fin dalla nascita. Se nel grembo materno il bambino era completamente dipendente dalla madre, è proprio dalla nascita che egli ricerca fin da subito la sua autonomia e quindi la sua indipendenza.

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Cerchiamo allora di non soffocare i nostri figli con la nostra eccessiva presenza, sia fisica che emotiva. Ma nemmeno di delegare ad altri il nostro ruolo genitoriale. L’equilibrio tra assenza e presenza è un filo sottile, è una fusione saggia e ben consapevole, è il risultato di un grande lavoro compiuto su noi stessi, è un saper lasciare andare. E’ l’unico modo per dare l’opportunità ai nostri figli di conoscersi davvero, di guardarsi dentro, di sperimentarsi.

Come aiutare il bimbo a sviluppare la propria autonomia?

i perché dei bambini bambini indipendenti Istock

Attraverso l’esperienza diretta, che si matura con l’esercizio quotidiano. Proponiamo ai nostri bambini diverse occasioni di attività che siano per loro stimolanti e coinvolgenti: le attività motorie sono quelle che più li aiutano a memorizzare le informazioni necessarie a svolgere un’azione e a concentrarsi su quello che fanno. Certo, è difficile, noi genitori vorremmo dare tutto ai nostri figli! Ci piacerebbe insegnar loro tutto ciò che conosciamo, proteggerli da ogni pericolo, mostrar loro come comportarsi nelle varie situazioni o come fare qualcosa. Quello di cui invece i nostri figli hanno bisogno, è il nostro sostegno mentre cercano di apprendere il mondo intorno a loro in autonomia. Per loro, mettersi alla prova e riuscire a terminare un’attività da soli è una grande soddisfazione: se noi ci intromettiamo, anche solo per facilitar loro il compito, interrompiamo il processo d’apprendimento e togliamo a loro gratificazione e autostima.

Secondo la Montessori, noi genitori siamo come dei giardinieri: abbiamo il delicato compito di creare e mantenere le giuste condizioni per garantire alle nostre piantine di poter crescere al meglio.

Il problema però è che il genitore tende ad intervenire in maniera spesso erronea, e tale errore va ricondotto a quella che è l’idea che si ha di indipendenza. La Montessori ad esempio, spiega: “noi crediamo di essere indipendenti nel momento in cui nessuno ci comanda ma siamo noi ad avere dei servitori da comandare”.

In realtà questo è un errore radicale: noi crediamo che sia un vantaggio per l’uomo essere servito in tutto, ma in realtà il bisogno di ricorrere a un servitore per tutto (come il principe che lo fa anche per levarsi le scarpe) provoca un danno! Il signore che ha molti servi non solo è sempre più dipendente, ma con il tempo i suoi muscoli si abituano all’inattività e infine perdono la capacità all’azione, mentre la sua mente si atrofizza e languisce e allora sì che sarebbe davvero impossibilitato a conquistare l’indipendenza. Per sempre.

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Dice Montessori che: “Chi è servito invece di essere aiutato, in certo modo è leso nella sua  indipendenza”. E’ l’attività, il lavoro, che porta il bambino all’indipendenza e gli permette di auto-forgiarsi. Qualora noi fossimo di ostacolo a questo, non potremmo che essere causa di degenerazione: “L’ideale di vita di minor ore di lavoro, di gente che lavori per noi, di ozio sempre maggiore[…]. Queste aspirazioni sono segni di regressione nel bambino che non è stato aiutato nei primi giorni di vita ad adattarsi all’ambiente ed ha acquisito un senso di disgusto per l’ambiente e l’attività. E questo tipo di bimbo si mostrerà desideroso di essere servito e aiutato, trasportato a braccia o in carrozzino, sarà schivo della compagnia degli altri e disposto a dormire lungamente: presenterà le caratteristiche che la natura dimostra appartenenti alla degenerazione […]. Chi è nato e cresce normalmente va verso l’indipendenza; chi la evita è un degenerato”.

Il primo passo per rendersi realmente indipendenti è quindi quello di comprendere che non bisogna desiderare di essere serviti, perché ciò ci renderebbe impotenti. Ciò che conta è, piuttosto, aiutarci gli uni gli altri. In questo caso, aiutare nostro figlio ad fare da solo. E’ questo che lo renderà un uomo libero e fiero di sé.

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