Coronavirus | Commovente post dell’infermiera con lividi per la mascherina

Alessia, infermiera di Grosseto, mostra su Instagram i lividi dovuti alla mascherina e spiega il disagio di lavorare in ospedale in epoca di Coronavirus

infermiera Instagram
Foto da Instagram @alessiabonari_

L’isolamento forzato deciso dal governo come misura di contenimento per il contagio da Coronavirus porta la maggior parte dei cittadini italiani a stare obbligatoriamente a casa.

Alcuni però non possono. Parliamo in primis del personale sanitario, tutte quelle persone che si stanno sottoponendo a turni estenuanti (ne è una prova la foto dell’infermiera stremata alla fine del suo turno diffusa sul web) per assistere quanti più malati possibili, spesso anche con scarsi supporti e sottoposti a misure di sicurezza particolarmente pesanti.

Tutto ciò forse rischia di esser dato per scontato o, in alternativa, di non esser compreso pienamente. Tutte queste figure professionali sono autori di sforzi che spesso fatichiamo a mettere correttamente a fuoco.

Occorre ora toccare con mano, capire realmente questi sacrifici che meritano rispetto e che, soprattutto, se ben compresi, spingerebbero senza dubbio tutti i cittadini a comportarsi con maggior senso di responsabilità.

Per comprendere al meglio sarà il caso di cedere la parola a uno di questi professionisti, mai come oggi, veramente in prima linea.

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Coronavirus e il commovente post dell’infermiera Alessia

infermiera coronavirus
Foto da Instagram @alessiabonari_

Fine del turno, i lividi causati dalla mascherina ben visibili sul volto. Così Alessia si autoimmortala in una selfie condiviso sul suo profilo Instagram e divenuto subito virale.

L’infermiera di Grosseto si rivolge a chiunque vorrà e potrà leggere, illustrando non solo la fatica e la paura di chi sta lavorando per tutti i cittadini italiani ma anche lanciando un appello importante: aiutateci stando a casa.

Rileggiamo insieme le parole di Alessia.

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“Sono i un’infermiera e in questo momento mi trovo ad affrontare questa emergenza sanitaria. Ho paura anche io, ma non di andare a fare la spesa, ho paura di andare a lavoro. Ho paura perché la mascherina potrebbe non aderire bene al viso, o potrei essermi toccata accidentalmente con i guanti sporchi, o magari le lenti non mi coprono nel tutto gli occhi e qualcosa potrebbe essere passato.
Sono stanca fisicamente perché i dispositivi di protezione fanno male, il camice fa sudare e una volta vestita non posso più andare in bagno o bere per sei ore. Sono stanca psicologicamente, e come me lo sono tutti i miei colleghi che da settimane si trovano nella mia stessa condizione, ma questo non ci impedirà di svolgere il nostro lavoro come abbiamo sempre fatto. Continuerò a curare e prendermi cura dei miei pazienti, perché sono fiera e innamorata del mio lavoro. Quello che chiedo a chiunque stia leggendo questo post è di non vanificare lo sforzo che stiamo facendo, di essere altruisti, di stare in casa e così proteggere chi è più fragile. Noi giovani non siamo immuni al coronavirus, anche noi ci possiamo ammalare, o peggio ancora possiamo far ammalare. Non mi posso permettere il lusso di tornarmene a casa mia in quarantena, devo andare a lavoro e fare la mia parte. Voi fate la vostra, ve lo chiedo per favore.”

A richiamarci a un senso di responsabilità e di civiltà è dunque chi per primo si sta sacrificando per tutti noi, chi a casa vorrebbe ma non può rimanere. Parole sulle quali riflettere e, soprattutto, rispetto alle quali avere un indispensabile rispetto.

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