Come spiegare il concetto di morte ai bambini e a che età farlo

Come spiegare ad un bambino la perdita di una persona cara o, semplicemente il concetto di morte? E a che età bisogna spiegarlo ai bambini? Manuale di educazione per genitori

Come spiegare il concetto di morte ai bimbi (Istock)

Quando si pensa ai bambini, ai nostri figli, ovviamente si pensa alla vita, alla vitalità e al gioco. E’ normale ed è giusto che sia così, ma quando succede che nostro figlio, invece, si avvicini a noi e ci dica chiaro e tondo “Mamma, cos’è la morte?”, noi, il più delle volte non sappiamo rispondere o, tendiamo ad usare eufemismi per spiegarlo. La morte ci appare un tabù, qualcosa da nascondere eppure, purtroppo, ne siamo circondati ogni momento. Certo noi siamo adulti, capaci di “capire” ma il bimbo, anche se è piccolo non è stupido, e capisce allo stesso modo di un adulto. Può malauguratamente capitare che muoia il cane di famiglia, il gattino del bimbo o un nonno anziano, o anche perdite più gravi come un genitore o un fratellino ecc. la lista è lunga e gli esempi possono essere infiniti ma in questi casi, quando il bimbo si trova a stretto contatto con la perdita di una persona cara o il proprio amico a quattro zampe, come spiegargli della morte? E’ importante saperlo fare, usare le giuste parole senza aver timore di spaventare il bimbo. La morte, così come la vita, fa parte del mondo in cui viviamo e, come il bimbo apprende fatti successi, storia e geografia, così dovrebbe apprendere il concetto di morte. Anche perché spesso, sono loro stessi ad esserne incuriositi, magari guardano un cartone in televisione o ascoltando canzoncine e dialoghi inerenti il concetto della morte stessa. Parlare di morte dovrebbe essere normale ma uno dei grandi tabù che la nostra cultura impone è proprio la morte. Essa non ha posto nella nostra società, poiché rappresenta la sconfitta per la medicina e la tecnologia. Cerchiamo di proteggerci adottando diverse strategie, ma l’evento angosciante persiste. D’altronde la morte fa parte della nostra vita. Solo qualche decennio fa la morte era considerata maggiormente per quello che è: evento naturale, frequente, che fa parte della vita e veniva condivisa con tutti membri della famiglia, inclusi i bambini. Era un momento di unione in cui attraverso il dolore della perdita si rafforzavano i legami familiari e amicali. Oggi invece si tende a riconoscere solo un aspetto doloroso del lutto e per questo i genitori tendono a proteggere i bambini eccessivamente, ritardando inevitabile il momento dell’incontro con la perdita di una persona vicina. Quasi tutti i genitori sono convinti dell’utilità di parlare apertamente dei processi biologici relativi alla vita, educare alla affettività e alla sessualità già dalla prima infanzia ma quando si tratta di affrontare il momento finale si trovano senza parole.

Oggi infatti i bambini sono inondati di informazioni importanti, ma non di rado vengono lasciati soli nei momenti fondamentali: per esempio, sanno tutto sulla deriva dei continenti, ma non gli viene detto che è morta la nonna o il fratellino e per quale malattia. È vero, i bambini sono piccoli, ma piccolo non vuol dire stupido o incapace. I bambini hanno bisogno di rispetto, di verità e fiducia per potere dare un senso a ciò che accade intorno a loro e ritrovare la sicurezza per continuare a crescere. Hanno bisogno soprattutto di parola perché è proprio la parola, e soprattutto la qualità della parola, che può lenire l’effetto di un evento drammatico come la morte di una persona cara. Il lutto non è una malattia, ma il tempo doloroso della vita legata alla perdita, e sono spesso le soluzioni trovate per affrontarlo che possono invece rivelarsi problematiche. Per esempio, uno dei rischi maggiori è rappresentato dalla possibilità che il bambino (in caso di morte di un fratellino)prenda il posto del fratellino scomparso. Così avviene che il figlio senta di dover essere il consolatore e protettore dei genitori, con possibili gravi conseguenze per il suo benessere e il suo sviluppo affettivo.

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In realtà non esiste una casa che non sia stata toccata da qualche lutto: in un intero villaggio non esiste una singola capanna dove non sia stato cucinato un pranzo da lutto, racconta una bella favola. Il lutto fa parte integrante dell’esperienza stessa della vita, in ogni tempo, ogni cultura, ogni luogo. È in assoluto una delle esperienze più paritaria del vivere come nascere o diventare genitori. Riguarda tutti, senza distinzione, a qualsiasi gruppo si appartenga, senza differenze di età, nazionalità, colore della pelle, scolarità e ceto sociale.
Prima di parlare coni nostri bimbi,  noi adulti dovremmo chiederci che cosa ne pensiamo, quale spiegazione diamo a noi stessi, quale spiegazione c’è stata data quando eravamo bambini, qual è la nostra posizione rispetto all’argomento e quali sono i nostri timori in proposito. È chiaro che potremmo parlare della morte in tranquillità solo se fossimo arrivati a un buon equilibrio interiore che ci fa accettare la condizione umana in tutti suoi aspetti. Ma ciò è difficile soprattutto perché ci troviamo in una società che non ci prepara a questo e che considera la morte sempre solo come un’incomprensibile opposto alla vita. Pertanto non sappiamo parlarne, né ammetterla come una possibilità. Cerchiamo di educare i nostri bimbi al concetto di morte, spieghiamo loro cos’è, ma spieghiamolo con le giuste parole.

Come spiegare il concetto di morte ai bambini

Come spiegare la morte ai bambini e a che età dirlo (Istock)

Può apparire strano, ma il parlare della morte è un discorso che aiuta a crescere. Nonostante ciò, ancora tanti adulti nei confronti dei bambini impediscono loro di rendersi conto della malattia, di preavvisare, di annunciare l’arrivo della morte, di andare ai funerali dei propri nonni. La questione non è quindi se i bambini debbano essere educati alla morte, ma se l’educazione che ricevono sia utile e credibile. La comprensione della morte è un processo che dura tutta la vita, dall’infanzia alla vecchiaia. Dei molti modi in cui la morte viene trattata, il tentativo di ignorarla è quello che ha maggiori probabilità di fallire.
I bambini, nella propria ricerca di conoscenza e di significato del mondo, rivolgono ai propri genitori molte domande: da dove vengo? Dov’ero prima di trovarmi nella pancia della mamma? Quando si muore dove si va? I genitori dovrebbero riuscire ad avere un atteggiamento sincero aperto e premuroso partendo da un modello educativo di sostegno che avvicini il bambino alla realtà della morte tenendo conto di quale sia stata la prima esperienza con la morte del bambino stesso. Come spiegare, quindi al bambino, il concetto di morte? Ecco di seguito alcuni consigli che i genitori dovrebbero seguire nell’affrontare proprio questo concetto

  • utilizzare un linguaggio corretto privo di eufemismi ;
  • mettersi nell’ottica di chiedere al bambino se ha capito o se ha bisogno di ulteriori spiegazioni;
  • Inserire dei libri che parlino di morte tra quelli preferiti dei bambini;
  • creare delle occasioni per educare alla morte ( morte = assenza della vita per cui si può piangere e si può essere tristi);
  • importante è trovare un momento della giornata per parlare dell’assenza della persona.
  • essere il più possibile sinceri e delicati nell’affrontare l’argomento
  • Entrambi i genitori devono essere concordi su cosa dire senza cadere in contraddizione tra loro.
  • I genitori devono aiutare il bimbo ad esprimere il suo sentimento, ascoltare il suo silenzio e farli partecipare ai riti e alle emozioni dell’intera famiglia.

Molto importante è senza dubbio l’utilità dell’uso di un registro linguistico, e di un linguaggio non specialistico ma colloquiale, ossia quello della quotidianità banale, normale della vita, non delle teorizzazioni raffinate.
Il bambino non deve mai essere lasciato solo con il proprio dolore o con la presupposta assenza di dolore. I bambini hanno bisogno di sapere che non verranno tenuti all’oscuro di cose importanti. Questa consapevolezza risparmierà loro un’ansia incessante. Se si è sinceri e diretti con i bambini, sapranno che possono contare su persone disponibili e degne di fiducia. Questo senso di sicurezza è vitale in un momento in cui un bambino sta affrontando una perdita. Hanno bisogno della conferma della reale morte della persona cara altrimenti potrebbero passare mesi o anni nella ricerca o nell’attesa del ritorno della persona deceduta. Peggio ancora, potrebbero credere che la persona che amano ha semplicemente scelto di andare via perché essi hanno fatto qualcosa di sbagliato o perché quella persona non ti ama più. Vanno spiegate le cose come stanno con amore, sincerità e tanta delicatezza. Capire che le emozioni possono essere manifestate anche se ritenute negative perché fanno soffrire. E, cosa fondamentale, il bambino si sentirà amato da un amore sincero perché si è stati onesti con lui. Le cose che il bambino non conosce lo spaventano ed è proprio per questo motivo che è importante rispondere alle sue domande e dedicare tempo ad ascoltarlo. Quindi avere un atteggiamento onesto e sincero nei suoi confronti spiegandogli chiaramente quello che sta accadendo è fondamentale, non va dimenticato che anche il bambino ha bisogno di affrontare e gestire il suo dolore. Atteggiamento positivo risulta essere il lasciarsi portare dalle domande che il bambino eventualmente farà e non sfuggire alle questioni che pone con una risposte troppo vaghe o non chiare.

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Come spiegare il concetto di morte al bambino in base all’età

Come spiegare la morte ai bimbi (Istock)

Di norma si pensa che un bambino non sia ancora in grado di comprendere appieno il concetto della morte, oppure si pensa che sia per lui un dolore troppo grande da sopportare, per questo si sarebbe automaticamente portati a cercare di proteggerlo. In realtà, i bambini sono in grado di comprendere benissimo il concetto della morte, se viene loro spiegato adeguatamente in base all’età, altrettanto bene sanno gestire la situazione, spesso molto meglio degli adulti.
Ciò che il bambino è in grado di capire della morte, dipende dalla sua età, dalle sue caratteristiche personali e dalla relazione che aveva con la persona o con l’animale che ora non c’è più. Spieghiamo, in base all’età del bimbo, come i genitori dovrebbero comportarsi in merito al concetto di morte:

  • Meno di 3 anni: I bambini più piccoli si sentono generalmente molto confusi e non comprendono del tutto ciò che sta accadendo, hanno bisogno di essere rassicurati, abbracciati, baciati e coccolati.
  • Dai 3 ai 5 anni: questi bimbi vedono la morte come una partenza momentanea e pensano che la persona o animale deceduto tornerà presto. Sono generalmente abituati a guardare cartoni animati in cui il loro eroe viene fatto scoppiare in mille pezzi, viene schiacciato o cade in un burrone, ma dopo due secondi ricompare miracolosamente vivo e pronto per nuove avventure. Quando tuttavia la morte li interessa da vicino, vivono intensamente la perdita, vivono intensamente il dolore perché sono già in grado di capire che cosa sia la sofferenza. I bambini intorno ai 5 anni si mostrano spesso incuriositi dagli aspetti fisici e biologici della morte.
  • Dai 6 agli 8 anni: i bambini di questa fascia d’età hanno un’idea più realistica della morte, uno dei problemi maggiori è dato dal fatto che non sono in grado di capire e identificare le loro emozioni. Si comprende l’irreversibilità della morte, anche se il concetto di “per sempre” è difficile da afferrare. Possono nascere sentimenti difficili da gestire, che possono portare con sé insicurezza e ansia, e per difesa si tende a negare. Potrebbero regredire in abilità precedentemente acquisite e diventare aggressivi con i compagni o sfogare la loro aggressività verso giocattoli e altri oggetti, oppure avere una regressione per ciò che concerne il farsi la pipì sotto. Di solito esprimono interessamento per quegli aspetti che riguardano i funerali ed il rito della sepoltura.
  • Dagli 8 agli 11 anni: i bambini sanno che ciò che vive può anche morire. Tendono però a non chiedere molta attenzione, perché vorrebbero vivere il loro dispiacere da soli, per non sembrare ancora piccini. Può quindi succedere che si comportino da “duri”, mettendo un muro fra sé e il dolore, cercando di nascondere le loro emozioni più autentiche. Conoscono la morte come la fine delle funzioni vitali, per esempio come assenza di respiro o assenza di battito cardiaco. Anche a questa età i bambini non sanno riconoscere in modo chiaro le emozioni che provano e potrebbero esprimere rabbia e dolore con i compagni o con i familiari attraverso comportamenti aggressivi o tipici di quando erano più piccoli.
  • Dai 12 anni in su: i bambini pre adolescenti sono in grado di comprendere la morte in termini adulti, vanno pertanto trattati come tali, ricordando che spesso hanno difficoltà a gestire ed esprimere le proprie emozioni, proprio come accade per gli adulti.

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I bambini dovrebbero essere incoraggiati ad esprimere liberamente le proprie emozioni e a piangere. Il pianto, infatti, non rappresenta unicamente la manifestazione di un’emozione, ma stimola la produzione di sostanze chimiche che agiscono da fattore calmante.
Piangere è importante in uguale misura sia per i bambini sia per le bambine.
I bambini possono essere aiutati a comprendere la morte attraverso l’osservazione di quello che succede quando è un animale a morire, considerando il fatto che non è più vivo, non respira più, non mangia più, non soffre, se ne è andato per sempre e non tornerà più. Dire che qualcuno sta per morire, invece che dargli la notizia della morte quando è avvenuta, rende l’evento meno drammatico per il bambino. Favorisce, infatti, l’accettazione della morte nel momento in cui accadrà realmente e permette al bambino di cominciare pian piano a sperimentare il suo dolore.
Essere informato dell’inevitabilità dell’evento prima che accada gli permette inoltre di avere a disposizione del tempo prezioso da trascorrere con la persona che sta per morire, per chiarirsi o risolvere qualsiasi cosa sia rimasta sospesa. Dà infine al bambino la possibilità di salutare la persona prima che se ne vada.

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Le frasi da non usare con il bambino per spiegare il concetto di morte

come spiegare la morte ad un bambino (Istock)

Lo facciamo tutti quando si parla di argomenti delicati e poco felici come il caso della morte o del lutto, dire al bimbo frasi poco credibili e poco veritiere. Perché è sbagliato “raccontare” storie inventate al bimbo sul concetto di morte? Scopriamo insieme le frasi da evitare se si vuole affrontare questo argomento attraverso alcuni esempi:

  • “La mamma e il papà hanno perso un bambino”, risposta ipotetica del bambino che ascolta questa frase:  “ma mamma non ti ricordi dove lo avete lasciato?”
  • “La nonna è andata in Paradiso” o “Il papà è andato in cielo” sono entrambe espressioni difficili da capire per un bambino che ha appena visto una persona essere seppellita sotto terra.
  • “Tua sorella si è addormentata in un sonno lungo e speciale” è una affermazione che potrebbe portare il bambino a sviluppare problemi di sonno.
  • “La mamma è partita per un lungo viaggio e starà via per molto tempo” è una evidente comunicazione falsa e per il bambino implica che la mamma prima o poi tornerà.
  • “Il nonno è morto perché era malato” può portare il bambino ad avere idee erronee sull’ammalarsi e a preoccuparsi eccessivamente quando lui o altri stanno poco bene, anche per semplici malesseri. E’ meglio dire che il nonno non è morto perché era ammalato, ma perché alcune parti del suo corpo non funzionavano più bene ed il suo cuore ha smesso di battere.
  • “La nonna è andata all’ospedale ed è morta” è un’espressione che può provocare ansia per gli ospedali e l’idea che se qualcuno ci va poi muore.
  • “Papà era talmente meraviglioso che Dio l’ha voluto con sé in Paradiso”, non stimolerà il desiderio di comportarsi bene, ma favorirà in lui l’immagine di un Dio che strappa le persone speciali dalla vita di un bambino.
  • l “Sei l’uomo di casa adesso” investe il bambino di una eccessiva e completamente inappropriata responsabilità.

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Come esprimono il dolore i bambini dopo una perdita

Come spiegare la morte ai bambini (Istock)

I bambini piccoli non avendo ancora una padronanza verbale e linguistica possono trovare difficoltà nell’esprimere a parole il proprio dolore ed ecco che l’unica cosa per esprimere il loro dolore sono i comportamenti non verbali, bensì fisici come: la rabbia, l’aggressività, la gelosia ecc. Possono mostrarsi più paurosi rispetto a prima nel momento in cui devono separarsi da uno dei genitori, specie quando devono andare a letto e dormire da soli. Possono volervi stare sempre appiccicati, succhiarsi il pollice, perdere appetito o avere comportamenti tipici di bambini più piccoli rispetto alla loro età. Il loro dolore può esprimersi anche giocando in maniera molto rumorosa. Alcuni bambini sperimentano rabbia per l’accaduto e manifestano la sofferenza con comportamenti aggressivi e distruttivi o ridacchiando in maniera inappropriata in contesti che non lo prevedono. Altre manifestazioni tipiche di uno stato di sofferenza possono essere avere degli incubi, fare la pipì a letto, fare un sacco di capricci, andare male a scuola o avere comportamenti finalizzati a ricevere attenzione. Il bambino può anche arrivare a negare che la persona cara sia morta o ad avere manifestazioni fisiche ed emozionali in risposta alla situazione. Può manifestare rabbia per la perdita cercando di allontanare l’idea della persona morta o dicendo ad un genitore di odiarlo per aver lasciato che la persona cara morisse. Il bambino può sentirsi molto insicuro ed incapace di gestire le situazioni quotidiane, sentirsi in colpa e pensare che, se si fosse comportato meglio, forse questa persona per lui speciale non sarebbe morta. Può diventare molto pauroso ed essere terrorizzato se lui o qualcuno della famiglia si ammala perché teme che la conseguenza possa essere la morte. Quindi come comportarsi?

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Come i genitori devono aiutare il bimbo nel comprendere un lutto

come spiegare la morte ad un bimbo, il ruolo dei genitori (Istock)

Importante per il benessere del bimbo che ha subito una perdita in famiglia, l’aiuto anzitutto di un pedagogista, il quale avrà gli strumenti necessari affinché il bimbo possa ritrovare serenità. Ma anche i genitori in questo caso svolgono una funzione importantissima. Quindi, come comportarsi se il bambino prova tanta rabbia? Anzitutto fare esercizi fisici da connotare alla rabbia, proporre di disegnare, registrare su nastro certe frasi e affermazioni con la certezza che si possono cancellare e ridire; scrivere un diario, una lettera , delle poesie e dove il bambino non sa scrivere la mano della figura di riferimento può diventare la sua.
Creare e mettere in scena uno spettacolo di burattini, che dicono e fanno quello che il bambino vorrebbe fare e dire.
Oltre alla rabbia un altro sentimento che spesso colpisce i piccoli in lutto è la gelosia.
Anche in questa situazione proporre una serie di attività può aiutare il bambino a lasciare andare tale sentimento: il disegno, lo spettacolo di burattini, incoraggiare il dialogo e la scrittura, la registrazione su nastro, giochi dove può ricordare tutte le cose buone che ha fatto. Lasciare andare dei palloncini dove attaccare e scrivere dei messaggi segreti su striscioni di carta preparate dal bambino stesso, o proporre il gioco di non fare cadere il palloncino con dentro il messaggio segreto, o bucare il palloncino con uno spillo dove il messaggio che contiene è una frase che ferisce e spaventa il bambino stesso.
I bambini infatti non reggono per troppo tempo il dolore e hanno bisogno di distrarsi, di evadere un po’, di ridere. Importante però è che l’adulto non legga questo come disinteresse o come una non comprensione del bimbo.
A volte il silenzio, la mancanza di domande possono essere interpretate come accettazione, ma spesso tacciono per proteggere i genitori, mascherano a volte una rinuncia e un distacco.
Spesso invece i bambini vivono un doppio lutto,  cioè la loro sofferenza e la sofferenza del genitore. I bambini corrono il rischio di un doppio carico affettivo o deprivazione affettiva, dove però il silenzio e l’esclusione sono vissuti dai bambini come rifiuto e far scaturire un sentimento molto preoccupante che è la Depressione.
In questo ultimo caso: stanchezza eccessiva, dolore, cali scolastici, poca concentrazione, tendenza ad isolarsi, disturbi dell’alimentazione e del sonno sono alcuni segnali.
Attività da proporre possono essere: disegno, un ricordo caro da condividere, oggetti che ricordano che possono essere messi così all’ interno di una scatola che diventa lo scrigno magico.
Ogni bambino troverà un suo personale e specifico modo di elaborare il lutto. E’ comunque estremamente importante preparare, accompagnare e sostenere il bambino che si trova ad affrontare la scomparsa di un congiunto. Questo perché tale esperienza rappresenterà un’occasione di apprendimento fondamentale, in base alla quale saranno affrontate le successive esperienze di perdita nel corso della vita.

(Fonte:psicopedagogie.it)

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