Kintsugi | l’arte giapponese che è anche una lezione di vita

Tutto quel che c’è da sapere sul Kintsugi, l’arte giapponese di aggiustare le cose rotte.

kintsugi Fonte: iStock photo

Quando si guarda alla vita e alle sue svariate interpretazioni, la cultura nipponica ha molto da insegnarci e tra le tante arti c’è quella del Kintsugi, una tecnica che i giapponesi mettono in atto quando si rompe un oggetto ma che può essere rivista anche in chiave personale, rapportandola alla vita di tutti i giorni e ai tanti i modi in cui, in seguito ad un dolore o ad una ferita dell’anima, ci si sente a pezzi. Applicando nella vita di tutti i giorni l’arte del Kintsugi si apprende come anche le cose rotte possono essere risanate e che farlo mettendo in vista proprio il punto di rottura è un atto d’amore verso se stessi.

L’arte del Kintsugi, perfetta da applicare nella vita di tutti i giorni

donna kintsugi Fonte: iStock photo

In Giappone, quando un vaso o un oggetto prezioso si rompono andando in mille pezzi, non si usa buttarli ma li si ripara attraverso l’arte del kintsugi. Trattandosi di oggetti che rompendosi in mille pezzi non tornerebbero mai come nuovi, invece di limitarsi ad incollarli, cercando di nascondere un danno impossibile da non vedere si usa applicarvi dell’oro che diventa la congiunzione speciale ed in grado di unire i vari pezzi.
Il termine kintsugi, infatti, proviene dalle parole kin (che significa oro) e tsugi (che significa ricongiungere) e, come il nome stesso suggerisce, fa uso di polvere d’oro, argento liquido o altri materiali preziosi per incollare degli oggetti rotti creando delle nuove venature tra le varie parti. In questo modo l’oggetto acquisisce una nuova identità che non cela le sue fratture ma che le mette in evidenza facendone un oggetto unico e per questo ancor più raro e prezioso.
Una tecnica che si dice risalga ai tempi del XV secolo quando lo shogun Ahikaga Yoshimasa in seguito alla rottura della sua tazza preferità la inviò in Cina per farla riparare. A quei tempi, si usavano tecniche davvero poso funzionali per riparare le tazze e prima di darla per persa, lo shogun decise di affidarla ad alcuni artigiani che, colpiti dall’affetto che l’uomo mostrava per quell’oggetto decisero di renderlo più prezioso applicando dell’oro tra le varie crepe.

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Un vero e proprio esempio che andrebbe applicato nella vita di tutti i giorni dove oltre ad imparare come un oggetto rotto non è necessariamente da considerare perso, si potrebbe guardare a se stessi allo stesso modo. Troppo spesso, infatti, si cerca di nascondere le ferite subite quasi vergognandosene e questo quando, più semplicemente, si potrebbe cercare di ripararsi senza però dimenticare l’insegnamento che si cela dietro ad ogni crepa del nostro cuore.

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In questo modo, ogni ferita inferta sarebbe qualcosa sulla quale riflettere. Un dolore da curare, capire e analizzare e che una volta raccolti i pezzi potrebbe dar vita ad una nuova versione di noi, uguale alla precedente ma impreziosita dalla lezione appresa e dalla cura che ci si è dedicati per rialzarsi nonostante tutto e per mostrarsi al mondo fieri di quanto vissuto. Perché ogni esperienza di vita fa parte di noi ed in quanto tale è giusto metabolizzarla, elaborarla e archiviarla, senza mai nasconderla e soprattutto senza mai vergognarsene. Una vera e propria arte che attraverso il kintsugi è forse più facile comprendere e mettere in pratica.

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