Appello dell’Enpa al Papa: “Sì agli animali negli immobili della Chiesa”

L’Enpa rivolge un appello accorato a Papa Francesco, affinché venga abolito il divieto per gli inquilini di tenere cani e gatti negli immobili del Vaticano

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(Getty Images)

Novità per gli amici a quattro zampe. L’Enpa ha rivolto un appello a Papa Francesco affinché venga rimosso il divieto che impedisce agli inquilini che vivono in immobili di proprietà del Vaticano di tenere animali. Sono tanti gli italiani che, in un numero sempre maggiore, decidono di prendere un cane o un gatto, spesso adottandoli da rifugi o canili. Inoltre, il Consiglio regionale della Liguria, ha approvato una proposta di legge che consente di seppellire gli amici a quattro zampe accanto ai loro padroni. 

La perdita di un animale domestico, per molte persone, è un vero e proprio lutto da elaborare, con non poche difficolta. Queste premesse sono d’obbligo per comprendere, fino in fondo, l’importanza della richiesta rivolta dall’Enpa al Santo Padre. Come si diceva poc’anzi, l’associazione vuole la rimozione di un divieto incluso nel regolamento condominiale dell’Apsa, risalente al 1976. Ma cos’è l’Apsa? E’ presto detto. Si tratta dell’Amministrazione dei beni della Santa Sede. A capo dell’Apsa, dal 2018, c’è il vescovo Nunzio Galantino, supervisore per gli immobili della Chiesa.

Il regolamento condominiale include una serie di obblighi e divieti per chi è affittuario di un immobile di proprietà del Vaticano. Tra di essi c’è quello che impone il “divieto di lasciare aperti i rubinetti dell’acqua” oppure di “installare sui balconi e terrazze tende o altre coperture il cui tipo non sia stato preventivamente approvato dalla locatrice”, cioè dall’Aspa. Su tutti però, esattamente al punto G del regolamento, spicca il divieto di “tenere cani o altri animali da cortile”.

Per l’Enpa è inaccettabile che, nel 2020, s’impedisca agli inquilini che vivono in immobili di  proprietà della Santa Sede di poter tenere un cane piuttosto che un gatto. L’associazione ha scritto una lettera a Papa Francesco, auspicando il superamento del divieto, definito anacronistico.

Appello Enpa al Papa: “Sì agli animali negli immobili vaticani”

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“Sì agli animali negli immobili della Santa Sede”. Questa è, in sintesi, la richiesta dell’Ente nazionale protezione animali (Enpa). Al momento, per gli affittuari del Vaticano, non c’è possibilità di avere in casa un cane, un gatto o qualsiasi altro animale d’affezione. “In nome di San Francesco, consentite di tenere cani e gatti negli immobili del Vaticano” – così scrive l’associazione al Santo Padre auspicando che, al più presto, si possa arrivare all’eliminazione della clausola.

La presidente nazionale dell’associazione, Carla Rocchi, ha scritto al Papa “per portare all’attenzione di Sua Santità questo problema, che porta alla separazione obbligata da affetti cari, soprattutto in questo triste momento di pandemia”. La Rocchi chiede al Santo Padre di considerare il fatto che, per molte persone, gli animali sono un universo sconfinato d’amore. La Sua sensibilità – scrive ancora Rocchi – il nome che ha scelto per sé al momento di ascendere alla Cattedra di Pietro a sottolineare la continuità con il Poverello di Assisi nella attenzione a tutte le creature del Signore ci rassicurano sul fatto che vorrà porre fine a questo anacronismo del passato che siamo certi non rifletta il Suo sentire e la profondità della Sua anima”.

La richiesta ora c’è. Non resta che attendere cosa risponderà Papa Bergoglio. Vero è, comunque, che sono sempre di più gli italiani che non possono fare a meno di condividere il loro tempo con un amico a quattro zampe. In tal senso, i dati parlano chiaro. Dall’inizio della pandemia ad oggi sono aumentate, significativamente, sia le vendite che le adozioni degli animali da compagnia. Stando al rapporto Coop 2020, che ha analizzato le nuove abitudini diffuse durante la pandemia in Italia, 3,5 milioni di italiani avrebbero preso con sé un animale da compagnia durante o dopo il primo lockdown, e altri 4,3 milioni starebbero pensando di farlo a breve.

Gli esperti parlano di un vero e proprio “effetto pandemia” dovuto ad una maggiore disponibilità di tempo libero e ad un bisogno crescente d’affettività. Le restrizioni hanno letteralmente stravolto ritmi e abitudini di vita. Le occasioni di socialità sono pressoché azzerate; in un questa situazione di estrema difficoltà, l’animale domestico s’impone con maggiore forza all’attenzione degli affetti più sinceri.

Attualmente, secondo il rapporto Eurispes Italia 2020, il 39,5 cento delle famiglie italiane vive con animali da compagnia. In particolare, il 20,7 per cento degli italiani che hanno animali ne ha uno e il 18,8 per cento più di uno. La maggior parte delle persone ha cani e gatti, e poi seguono uccelli, pesci e tartarughe e altri animali come conigli, tartarughe e rettili.

Anche il mercato della cosiddetta “pet economy” è in costante crescita, in Italia come nel mondo. Essa include sia i prodotti per l’alimentazione che quelli per la cura e il benessere degli animali. Nel 2019 sono state vendute più di 556mila tonnellate di prodotti per animali per un giro d’affari di più di 2 miliardi di euro.

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(Getty Images)

Non è un caso che, da un po’ di anni, si parla anche di “pet therapy“; gli animali, con il loro affetto smisurato, sono un toccasana per il benessere psico-fisico dell’uomo. Tuttavia, è bene ricordare che accudire un animale deve essere un impegno costante, una missione, nulla a che fare con un capriccio passeggero.

 

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