Didattica a distanza, utile ma non per tutti: il nodo studenti con disabilità

La didattica a distanza rischia di escludere ulteriormente le persone con disabilità in età scolare. Gli ultimi dati ISTAT parlano chiaro, esiste una fetta di giovani con disabilità che non riesce a relazionarsi adeguatamente a questi metodi innovativi di apprendimento.

Scuola, studenti con disabilità e DAD (Adobe Stock)
Scuola, studenti con disabilità e DAD (Adobe Stock)

Didattica a distanza, una risorsa ma non per tutti. Le persone con disabilità, a seconda della propria situazione o patologia, non giovano della possibilità di apprendere meglio da remoto. Il 23% di persone con disabilità, circa 70mila, sta riscontrando dei problemi con la DAD. Queste criticità sono dovute a molteplici fattori: in primis quello relativo agli insegnanti di sostegno.

L’insegnante, infatti, come impone la parola stessa, sostiene lo studente nel percorso dell’apprendimento e, quindi, anche dell’approccio con i nuovi mezzi di comunicazione. Questi nuovi metodi d’insegnamento, spesso, non sono possibili fra le mura domestiche perché – anche chi può permettersi gli strumenti tecnologici adeguati – magari non possiede le capacità per assistere la persona con disabilità durante il percorso di apprendimento.

La DAD e le persone con disabilità: binomio tutt’altro che risolutivo

Didattica a distanza poco utile alle persone con disabilità (Adobe Stock)
Didattica a distanza poco utile alle persone con disabilità (Adobe Stock)

Questa falla nella socialità ha fatto emergere un problema: le persone con disabilità, specialmente più giovani, potrebbero restare indietro in tempo di pandemia. Per questo Mattarella, in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti delle Persone con Disabilità, ha ricordato quanto il grado di una civiltà in un Paese si “misuri attraverso l’integrazione delle persone con disabilità nell’istruzione e nel lavoro”. I dati emersi dall’ISTAT non appaiono per nulla confortanti, ragion per cui Lucia Azzolina punta a una riapertura delle scuole subito dopo le festività.

Specialmente in provincia la DAD è molto arretrata, come metodo di apprendimento e come possibilità di attuazione: le persone con disabilità, quindi, rischiano di essere ancor più dimenticate. Perché, se la pandemia ha accentuato le criticità che già avevamo, quelle 70mila persone sono il grido d’aiuto strozzato in gola che anticipa il disagio sociale di una categoria. Tutto questo, forse anche di più, c’è dietro una percentuale che non può – né tantomeno deve – essere ignorata e sottovalutata.

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