Arrestato violentatore di una ragazza disabile: il caso in Sicilia

Ennesimo caso di violenza e stupro ai danni di una giovane donna, questa volta lo stupratore approfittava della sua disabilità.

Coronavirus violenza sulle donne
(Fonte: Pixabay)

Durante il periodo di lock down si è parlato spesso di aumento di casi di violenza sulle donne.

Infatti durante la pandemia la violenza sulle donne era considerata una piaga dilagante ancor di più a causa delle stesse mura della propria abitazione.

In che senso vi chiederete.

Molte associazioni contro la violenza sulle donne durante la pandemia hanno denunciato il crescendo della violenza domestica.

Le donne rinchiuse in casa, non potendo uscire, erano quindi più facilmente vittima delle angherie di chi le violentava.

Fu così che si ebbe una importante idea per combattere la violenza: utilizzare il codice mascherina 1522.

Questo di certo non era il metodo salvavita per eccellenza, ma era importante ed anche se avesse salvato una sola donna, sarebbe stata comunque una vittoria.

Il caso di cui parliamo oggi presenta dettagli a dir poco raccapriccianti.

Violenza su ragazza disabile mentre era positiva al covid

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Foto da Pixabay

Quando la violenza viene perpetrata ai danni di una donna disabile, purtroppo, il modo per venire a conoscenza della cosa è molto difficile.

Molte volte le persone con disabilità per il terrore provato non riescono a poter esternare quanto gli è accaduto.

In questo caso, però, a denunciare quanto è accaduto alla Squadra Mobile lo scorso 11 settembre sarebbe stato l’avvocato nominato dalla famiglia della vittima che soffre di gravissime patologie connesse ad una rara malattia genetica dopo che alla famiglia era stato comunicato che la giovane era incinta.

Una vicenda a dir poco surreale.

La violenza sarebbe avvenuta durante il lockdown, mentre l’Oasi di Troina era dichiarata zona rossa.

Lo stupratore infatti avrebbe violentato durante il lockdown e messo incinta la povera ragazza che soffre di disabilità mentre lei era ricoverata all’Oasi di Troina, il tutto contestualmente al fatto che era positiva al coronavirus.

I primi accertamenti sanitari effettuati nel reparto di ginecologia dell’ospedale di Enna e del Policlinico di Palermo, hanno permesso di risalire ai momenti della violenza che hanno portato alla gravidanza. Il tutto era avvenuto ad aprile.

A quel punto le indagini si erano focalizzate su di un gruppo di persone presenti in struttura al momento del periodo di concepimento.

La donna aveva superato la 25esima settimana di gestazione ed alcune indagini di tipo sanitario non potevano essere effettuate per non mettere a rischio la vita della donna e del feto.

Agli investigatori non rimaneva altro che sentire tutti i potenziali testimoni. A quel punto furono convocati i vertici aziendali della struttura sanitaria e successivamente tutti gli addetti ai vari servizi, dai medici agli operatori sociosanitari. 

Dalle indagini un dato abbastanza particolare che emerse fu che nessuno della struttura sanitaria si fosse accorto dello stato di gravidanza della giovane.

Errando, avevano ipotizzato che l’aumento di peso della giovane fosse dipeso dal fatto che durante il lockdown ai degenti era stato permesso di mangiare di più oppure che i farmaci somministrati a volte erano causa di una irregolarità del ciclo.

Le indagini sono ovviamente continuate restringendo via via il cerchio degli indagati.

Dalle prime persone ascoltate fu confermato che nessuno aveva accesso alla struttura senza autorizzazione e che altri ospiti disabili non avrebbero potuto commettere il reato.

Restringendo ancor di più gli indagati si è poi giunti ad un punto di svolta.

La Squadra Mobile di Enna ha infatti fermato come indiziato di delitto un operatore sanitario della struttura, un uomo di 39 anni, accusato di violenza sessuale aggravata dall’aver commesso il fatto ai danni di una donna disabile e nel momento in cui la stessa era a lui affidata.  

Il fermo è stato disposto dai sostituti Procuratori di Enna, Stefania Leonte e Orazio Longo, al termine del lungo interrogatorio in cui l’operatore ha alla fine confessato.

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1522 il codice da dire per denunciare la violenza (Fonte: Instagram)

Sogniamo un giorno in cui non si senta più parlare di violenza.

 

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