Violenza di genere | Quando l’abuso è di tipo finanziario

La violenza di genere comprende diverse sfumature, esiste anche l’abuso di tipo finanziario. Meccanismo subdolo e inconsapevole che soggioga la donne attraverso la componente economica.

Alla scoperta dell'abuso finanziario
Alla scoperta dell’abuso finanziario (Istock)

Secondo gli ultimi dati ISTAT, le donne quando ricoprono ruoli di potere giovano incredibilmente all’azienda di riferimento per produttività, competenza e guadagno. Con una donna a capo, ciascun posto di lavoro potrebbe rendere maggiormente. Nella realtà, però, per le cosiddette quote rosa è una strada in salita: l’affermazione per le donne sul posto di lavoro – e non solo – è quasi sempre più difficile.

Una serie di fattori incidono negativamente e portano, purtroppo, la violenza di genere ad emergere: gli abusi, infatti, possono essere di diversa natura. Non esiste soltanto la violenza fisica. In tema di prevaricazione, infatti, molto più ampio è il ventaglio di possibilità. Specialmente attorno al binomio donne e lavoro. Al giorno d’oggi, anche grazie al mondo globalizzato e l’evoluzione di determinate professioni, dobbiamo annoverare fra le discriminazioni anche l’abuso finanziario.

Abuso finanziario: cos’è e come si sviluppa

Il 78% delle donne è inconsapevole di ricevere abusi finanziari
Il 78% delle donne è inconsapevole di ricevere abusi finanziari (Istock)

Una violenza basata sull’impossibilità, per la donna, di avere accesso a qualunque forma di guadagno e contendersi, quindi, un posto di lavoro. Gli uomini spesso mettono in atto questa dinamica in maniera subdola, dando alle donne – partner nella stragrande maggioranza dei casi – una sorta di “paghetta” da amministrare. Oppure chiedono di giustificare determinate spese, controllano le entrate e le uscite giornaliere: l’aspetto più importante – e gravoso – da tener presente è che il 78% delle vittime ne è totalmente inconsapevole.

Certi atteggiamenti vengono bollati sotto l’etichetta di normalità, quando invece sono tutt’altro che normali: “Lascia perdere il tuo lavoro e fai la mamma, al massimo mi aiuti in ufficio con la contabilità”. Donne ridotte alla stregua di un pallottoliere, quando – e se – condividono gli stessi interessi lavorativi del compagno: è successo – stando agli ultimi dati del Women Economic Indipendence & Growth Opportunity al 53% delle intervistate.

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Di fronte all’eloquenza dei numeri, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne ha riconosciuto ufficialmente questa forma di sopraffazione: il denaro al pari di un’arma per far sentire la donna inferiore ed incapace di essere autonoma dal punto di vista economico.

Questo “legame forzato” genera una catena invisibile, un vincolo coercitivo dal quale è difficile liberarsi: “La donna perde fiducia nella proprie capacità, l’autostima viene scalfita e inesorabilmente diventa dipendente dall’uomo senza neanche rendersene conto”, spiega Laura Panciroli, avvocato da anni impegnata nella difesa dei diritti delle donne.

Quest’insieme di suggestioni presta, inoltre, il fianco a condotte criminali intraprese dai partner che chiedono sempre più spesso alle soggiogate di fare da prestanome o, peggio, firmare mutui, ipoteche, assegni scoperti. Vari fattori atti a far perdere credibilità alle vittime, sia a livello legale che nel mondo degli affari. Così le cicatrici hanno lasciato il posto ai rimorsi, nell’era del terziario avanzato, come sottolinea Serena Williams in una campagna di sensibilizzazione: “Se avessi un occhio nero, un osso rotto o un braccio pieno di lividi, si capirebbe subito che ho bisogno di aiuto. E le violenze che non si possono vedere?”. Forse, oggi, è possibile fornire qualche risposta in più. Senza lasciarsi trasportare da indolenze e svilimenti.

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