Da sposa a orfana | All’altare non sapeva che la madre stesse per morire

Una sposa racconta il suo giorno più bello, quello delle nozze, vissuto con il sostegno della madre che però di lì a pochi giorni se ne sarebbe andata.

Photos: Allyson Magda Photography

Una giornata in cui la testa vortica tra mille pensieri, il romanticismo si scontra con l’ansia e al nostro fianco abbiamo bisogno di qualcuno che ci sappia sostenere veramente. Le amiche certo vanno bene ma nessuna è come lei, nessuna è la nostra mamma.

Una sposa sa che quel supporto è senza pari: lei sostiene lo stress per quella che sarà sempre al sua bambina, non se la prende per le nevrosi della sposa e agisce la dove lei non riesce ad arrivare. L’aiutante perfetta si chiama mamma.

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Condividere quel giorno con lei non ha pari. Così tutto è veramente perfetto, almeno per il momento.

Già perché il fato sa essere beffardo e alla gioia sceglie spesso di abbinare il dolore. Un momento si è in paradiso e l’attimo dopo all’inferno. Lo sa bene la sposa autrice del post che condividiamo oggi, un racconto di quel meraviglioso giorno e di ciò che è accaduto nelle settimane successive: una spirale discendente che ha condotto alla scomparsa della donna che più di tutte le era stata vicino nel giorno delle sue nozze. La sua mamma, appunto.

“Mentre la mia vera storia d’amore era appena iniziata e la vita di mia madre su questa terra giungeva alla fine, la storia d’amore dei miei genitori continua grazie al loro ricongiungimento in Paradiso. E anche nel dolore, questa visione mi conforta.”

Un post che riassume bene la vita, le sue difficoltà e come, nonostante tutto, la vita stessa prosegua, si rinnovi e, in fondo, i rimpianti svaniscano e restino solo i bei ricordi.

Il giorno in cui mi sono sposata non sapevo che stavo per perdere mia madre

Photos: Allyson Magda Photography

“La mattina del mio matrimonio, mentre ero fasciata nell’abito da sposa, fu una vera e propria baraonda. Ero così impegnata a cercare di mantenere la calma e godermi il momento che, manco a dirlo, diventai la persona più distratta del pianeta. Avevo preso la decisione sin da subito: quel matrimonio sarebbe stato perfetto. Per quale altro motivo avrei dovuto passare i sette mesi precedenti a pianificare senza posa e a lasciarmi ossessionare dai dettagli più barbosi? Eppure, in qualche modo, non riuscivo a ricordarmi nemmeno il mio nome. Poi bussarono alla porta; la mia damigella d’onore era arrivata ad arginare quella follia! Trucco e parrucco in corso d’opera, sopraggiunsero anche mia madre e la madre del mio fidanzato e un cocktail mimosa atterrò felicemente nella mia mano – perfetto.

Tuttavia, per mia mamma era fondamentale che tutti sapessero che doveva assolutamente trovare del caffè decente, perché quello che offrivamo noi era una brodaglia. Sospiro. Io e mia madre avevamo fatto passi da gigante nel nostro rapporto. I nostri screzi erano cosa nota: adesso mi rendo conto che alla base c’era proprio la nostra somiglianza. Desideravamo entrambe quell’amicizia che sapevamo alla nostra portata.

Placata la dipendenza da caffè, a tenere banco fu il vestito da sposa. Ridevamo e non facevamo altro che parlare di quanto fossero “incantevoli” le altre. Era tutto perfetto. Proprio come immaginavo avesse fatto Cenerentola, non volevo sapere che ora era o quanto mancava alla fine di quel momento.

Arrivò la mia zucca tramutata in carrozza. Stiparono il vestito nella macchina e le farfalle, che fino a quel monto erano state così gentili da trattenersi nel mio stomaco, adesso mi svolazzavano dalla testa al tacco dodici. Il sacro vincolo del matrimonio! Stava succedendo davvero! Alla mia vita da single restavano poche ore per congedarsi. E tutte le persone a noi care sarebbero state lì, testimoni di un nuovo inizio. Ero al settimo cielo eppure qualcosa dentro faceva male. Mi mancava mio padre. Sarebbe stata mia madre ad accompagnarmi all’altare, compito che la faceva sentire piena di gioia e triste al tempo stesso. Soffrivo per lei, anche.

Poi, quel momento arrivò.

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D’improvviso ero sotto braccio a mia madre, in attesa del segnale. Aspettate! Cosa stava succedendo? Credevo che sarebbero dovute accadere ancora un paio di cose prima di quel momento – no, perché come ogni matrimonio, o anche nella vita se è per questo, passa tutto troppo in fretta.

Avevo intenzione di dire a mia madre quanto l’amavo, ma era troppo tardi. Ingoiai il groppo che avevo in gola e tutto quello che riuscii a dire fu: “Mamma, non posso guardarti. Se lo faccio, crollerò”.

Facemmo un passo, poi un altro, ma non sapevo che quella sarebbe stata l’ultima volta che camminavamo fianco a fianco. E di punto in bianco, lei mi diede in sposa.

Guardando negli occhi il mio futuro marito, l’avanzata verso l’altare sembrava serena ma i ricordi d’infanzia toccavano le corde del mio cuore.

La band ci annunciò e diede inizio alla notte più bella della nostra vita. La serata era fredda, ma gli ospiti erano scatenati nelle danze. Tutti ballavano con tutti. Mio marito fece piroettare mia madre un po’ di volte. Ci saremmo goduti quella notte fino in fondo. Era perfetta.

A quanto pare, c’è un limite alla magia che una persona può metabolizzare in un colpo solo, infatti il giorno dopo ci muovevamo al rallentatore. Ma eravamo sposati! Il torpore lasciò il posto all’adrenalina di vivere cose assolutamente ordinarie come entusiasmanti “prime volte”! Non potevo sapere che, con mia madre, sarebbero state le ultime.

La carrozza iniziò a tramutarsi di nuovo in semplice zucca, i cavalli in topi, e la magia tornò ad essere realtà.

Abbracciai mia mamma e ci salutammo. Se solo l’avessi stretta un po’ più a lungo, un po’ più forte.”

Photos: Allyson Magda Photography

“La mattina del nostro quarto “mesiversario” di matrimonio, arrivò quella telefonata tanto temuta. “Steph, mamma sta molto male. Devi tornare a casa.” Con quelle poche parole mi resi conto improvvisamente che la mia vita non sarebbe stata più la stessa perché, quasi venti anni prima, mia madre aveva chiamato e pronunciato le stesse parole a proposito di papà. Non poteva succedere di nuovo – è così giovane, pensai.

I trenta giorni successivi sembrarono un anno e un millisecondo. Il bianco sterile dell’unità di terapia intensiva scalzò l’avorio immacolato del mio matrimonio. I ricordi felici della luna di miele, pur avendo appena quattro mesi, iniziarono ad apparirmi come foto in bianco e nero. E fu come se quell’idea di percezione precipitasse in un abisso infinito.

Aspettate! Cosa stava succedendo? Avevamo ancora tante cose da dire e fare insieme. Mi aggrappai più a ogni momento passato al suo capezzale più forte di quanto avessi mai fatto in vita mia. Lei non era cosciente perciò parlavo io per entrambe. Le strinsi la mano e la ringraziai per avermi guidata all’altare nel giorno del mio matrimonio. La ringraziai per tutto. Le chiesi scusa. Risi. Piansi. Urlai. E, all’improvviso, era finita.

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Un mese dopo, mia madre morì a causa delle complicazioni di un’operazione alla tiroide. Non c’era niente che avesse un senso. Il mio stomaco, che fino a poco tempo prima sentiva le farfalle, era dilaniato dal dolore. La mia vita traboccante di gioia sembrava ridotta in un milione di pezzi irrecuperabili. Avevo il cuore spezzato. Solo pochi mesi prima mia madre piroettava sulla pista da ballo come aveva fatto tante volte. Aveva ancora tanto tempo. E invece no.

Tutte le spose con cui avevo parlato prima del grande giorno sottolineavano l’importanza di “fare un passo indietro” per apprezzare il momento. In un batter d’occhio sarebbe tutto finito, dicevano, perciò per quanto difficile fosse dovevo provare a vivere il momento. E a non agitarmi per le piccolezze. Mai parole furono più vere. In fin dei conti, nessuno di quei dettagli che sembravano tanto essenziali contava davvero. Quello che avrei detto o non detto a mia madre prima di percorrere la navata non contava.

Durante tutta l’organizzazione, non avevamo tenuto conto di tutto l’amore che avrebbe riempito la stanza, lo stesso amore che avrebbe emanato una luce più forte di qualsiasi illuminazione o decorazione elegante. E quando la festa è finita e l’ultimo ospite se n’è andato, quando il tempo del matrimonio e quello della vita sono entrambi scaduti, quello che ci resta è l’amore.

Non riuscivo a guardare mia madre mentre percorrevamo la navata, temendo che le sue lacrime avrebbero scatenato le mie. Solo quando abbiamo ricevuto il video ho notato che anche lei si sforzava di non piangere. L’espressione sul suo volto in quel momento evocherà per sempre i miei ricordi d’infanzia e rifletterà tutta la nostra vita, sia individuale che condivisa.

Mentre elaboro il lutto e piango ciò che ho perso, quello che lei ha perso, provo a non rammaricarmi per quello che ci siamo o non ci siamo dette al matrimonio, o in una vita intera. Cerco di non smarrirmi nel rimpianto profondo per ciò che avevamo quasi raggiunto; eravamo così vicine alla relazione madre-figlia desiderata da entrambe, quella che adesso non ci sarà mai più.

Cerco di non maledire il tempo per non averle permesso di vivere la gioia di diventare nonna. Attraverso le lacrime e l’oscurità, finalmente sto provando a fare quel passo indietro. Sto provando ad essere grata per ciò che ho: mio marito, una vita nuova. Cerco di ricordarmi che, mentre la mia vera storia d’amore era appena iniziata e la vita di mia madre su questa terra giungeva alla fine, la storia d’amore dei miei genitori continua grazie al loro ricongiungimento in Paradiso. E anche nel dolore, questa visione mi conforta. Ci sto provando. Per il resto dei miei giorni, proverò a concentrarmi su quello che avevamo, su quanto abbiamo condiviso, sulla vita che lei mi ha donato e sul nostro amore perché, con tutti i suoi difetti e le sue imperfezioni, era semplicemente perfetto.”

Fonte: HuffPost Italia

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