Valentina Nappi shock su Instagram : “sono stata stuprata da Salvini”

Valentina Nappi, pornostar nostrana, lancia una provocazione shock su Instagram: “sono stata stuprata da Salvini”

Arriva via Instagram la provocazione che più sta facendo discutere in questo momento il Paese.

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Protagonista del post in questione è l’attrice pornografica Valentina Nappi che nelle ultime ore ha deciso di unirsi al coro anti-Salvini pubblicando una foto con scritta a dir poco esplicita: “sono stata stuprata da Salvini”.

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Valentina Nappi contro Matteo Salvini

valentina nappi Instagram
Foto da Instagram @instavalentinanappi

La scritta evidentemente provocatoria pone l’accento sul peso che le discusse posizioni del leader leghista stanno avendo sulla società italiana.

Valentina Nappi inizia evidenziando come le scelte operate da Matteo Salvini negli ultimi mesi abbiano “riabilitato la peggiore cultura identitaria nazionalista, quella rappresentata dalla triade Dio-Patria-Famiglia”. Passa poi a toccare la questione più spinosa, quella che forse maggiormente rappresenta gli ideali e l’agire del leader leghista: l’immigrazione, questione rispetto alla quale la porno attrice denuncia “uno stupro culturale di proporzioni immani”.

Infine la morale conclusiva, un’analisi operata da Valentina Nappi sulla deriva che, in seguito all’avvento di Matteo Salvini, sta subendo la società contemporanea, una deriva “ufficiale unica, cattolica di destra, nazionalpopolare […] una cultura tribale che produce una violenza contro il diverso (come abbiamo potuto vedere) simile a quella che si dà in molte specie di primati non umani.”

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Ma leggiamo tutto ciò direttamente nelle parole postate su Instagram da Valentina Nappi assieme alla foto che tanto sta facendo discutere:

“Sono stata ‘stuprata’ da Salvini. Sono stata ‘stuprata’ da Salvini perché al di là di aspetti anche condivisibili (che pure ci sono) delle sue scelte concrete, e al di là del fatto che molte responsabilità non sono solo sue, Salvini ha riabilitato la peggiore cultura identitaria nazionalista, quella rappresentata dalla triade Dio-Patria-Famiglia. Babbo Natale, la Befana, niente Ramadan, sì al panettone rigorosamente a Natale, la colomba a Pasqua, la cucina tradizionale, i gay sì ma la famiglia solo quella tradizionale, i crocifissi rigorosamente nelle aule, Dio nei discorsi degli esponenti politici e tutta la plebe unita comunitariamente dai vecchi ‘sani’ valori identitari nazionali tradizionali. Non so voi, ma questa io la chiamo cultura di sapore fascista. Ed è uno stupro culturale di proporzioni immani. La questione dell’immigrazione, al di là dei complessi aspetti pratici su cui non intendo dilungarmi (la mia opinione è che una gestione razionale dei flussi migratori è — e soprattutto sarà — necessaria), è una questione culturale. Io non voglio vivere in un paese con una cultura ufficiale unica, cattolica di destra, nazionalpopolare. Io voglio vivere in un paese ateo, multietnico, con un’identità culturale che affondi le proprie radici nell’Illuminismo e nel marxismo più illuminato, e che sviluppi queste ultime all’altezza della modernità contemporanea. Il linguaggio grezzo, i modi spicci e i toni al limite del violento, invece, ci riportano a una cultura tribale che produce una violenza contro il diverso (come abbiamo potuto vedere) simile a quella che si dà in molte specie di primati non umani. Rispetto a tutto ciò, il genocidio è qualcosa di differente solo per grado.

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