L’Italia lentamente cancellata dal cemento: colpito il 20% delle coste

Alla vigilia della bella stagione che porterà milioni di italiani ad invadere le nostre coste alla ricerca del refrigerio estivo e del relax, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha, come ogni anno, pubblicato i dati del rapporto sul consumo del suolo.

CASTELLAMARE DI STABIA, ITALY:  This picture taken 23 July 2004 shows a three-star hotel Crown Plaza reconverted from a closed down cement factory in Castellamare di Stabia, next to Pompei, in the bay of Naples. AFP PHOTO/ Carlo HERMANN  (Photo credit should read CARLO HERMAN/AFP/Getty Images)
Castellamare di Stabia @Getty Images

Dallo studio emerge che quasi il 20% della fascia costiera italiana, oltre 500 km quadrati, pari all’intera costa sarda, è stato cancellato dal cemento. Uno scenario raccapricciante considerando che la cementificazione riguarda  il 19,4% di suolo compreso tra 0-300 metri di distanza dalla costa e quasi e il 16% compreso tra i 300-1000 metri.

Le aree cementificate in Italia

Dal rapporto 2015, si apprende inoltre che sono stati anche spazzati via 34.000 ettari di aree protette, nonché cementificate il 9% delle zone a pericolosità idraulica e il 5% delle rive di fiumi e laghi.

Secondo le nuove stime le zone più colpite sono state le aree agricole coltivate (60%), seguite da quelle urbane (22%) e terre naturali vegetali e non (19%). Inoltre, alcuni dei terreni più produttivi al mondo, come la Pianura Padana, stanno subendo una selvaggia cementificazione per cui il consumo del suolo è salito al 12%. E così, l’Ispra ha riferito che in un solo anno, oltre 100.000 persone hanno perso la possibilità di alimentarsi con prodotti di qualità italiani.

In base alle zone, la cementificazione è cresciuta più rapidamente nelle periferie e le aree a bassa densità. In tal senso, le città continuano ad espandersi in modo disordino (sprawl urbano) per cui aumenta il rischio idrogeologico.

Perdita del suolo negli anni

Lo studio è stato presentato a Milano, nell’ambito dell’Esposizione Universale, Expo 2015, all’interno di un incontro sul tema “Recuperiamo Terreno”. L’Istituto ha pertanto denunciato che lo scorso anno, l’Italia ha perso ancora terreno: nel 2014 è stata sfruttata il 7% della superfice, laddove nel 2013 si è registrato una perdita del 6,9%. Anche se nel 2014, il processo sembra essere rallentato, la cementificazione procede ad un ritmo di circa 6-7 metri quadri al secondo. Rispetto agli anni Cinquanta, oggi si accerta il 158% del territorio cementificato. Uno scenario che non si arresta e che si riflette su oltre il 50% del territorio che ne subisce gli impatti.

Classifica regioni e province più cementificate

Per quanto riguarda la classifica delle regioni “più consumate“, spiccano al primo posto Lombardia e Veneto (intorno al 10%). La Liguria è la regione con maggiore copertura di territorio entro i 300 metri dalla costa (40%) e del suolo consumato entro i 150 metri dai corpi idrici e quella delle aree a pericolosità idraulica (il 30%). L’Emilia Romagna, con oltre 100.000 ettari, è la zona più a rischio idraulico, con oltre 100.000 ettari.
Monza e Brianza sono invece le province più cementificate, con il 35% del territorio consumato, mentre per quanto riguarda i comuni nelle province di Napoli, Caserta, Milano e Torino si oltrepassano il 50%, raggiungendo anche il 60%. Il record, con l’85% di suolo sfruttato è detenuto dal piccolo comune di Casavatore in provincia di Napoli.

 Tra i fattori che incidono in questo processo, le strade sono una delle principali causa di degrado del suolo, rappresentando nel 2013 circa il 40% del totale del territorio consumato (strade in aree agricole il 22,9%, urbane 10,6%, il 6,5% in aree ad alta valenza ambientale).

Come ricorda l’Agenzia stampa Reuters, alla Camera dei deputati è stato presentato un disegno di legge del governo Letta con il quale si mira a contenere il consumo del suolo e a incentivare il riuso di quello già edificato.

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