Covid-19: è allarme per le carceri italiane sovraffollate. Arriva lo sciopero della fame organizzato dai Radicali e alcuni politici lombardi. Aderirà anche Raffaele Sollecito
Covid-19: è allarme per le carceri italiane sovraffollate. Poche le possibilità di poter rispettare al meglio il distanziamento fisico, indicato dagli esperti come arma efficace per prevenire il contagio. Senza dimenticare, ovviamente, la mascherina. Le celle non lo consentono, sono troppo piccole. Si teme un’ondata di infezioni.
Un tema, quello in argomento, da sempre caro ai Radicali, che stanno organizzando una protesta pacifica. Uno sciopero della fame di 24 ore, per accendere i riflettori su storie e vite di persone che, con questa emergenza sanitaria, sono più che mai al limite.
L’idea è partita dall’ “Associazione per l’iniziativa radicale Myrian Cazzavillan” ed ha coinvolto anche molti politici lombardi. Ma c’è di più. Aderirà allo sciopero anche Raffaele Sollecito, a lungo imputato e poi prosciolto per l’omicidio di Meredith Kercher.
Diversi i politici hanno dato la loro disponibilità. All’appello di Rita Bernardini, membro del consiglio regionale del partito Radicale, hanno risposto Giampaolo Berni Ferretti, presidente di Milano Vapore e vice capogruppo di Forza Italia al Municipio 1; Diana De Marchi, consigliere comunale del Pd; Bruno Cappuccio e Alessio Alberti, capogruppo di Italia Viva a Desio.
I Radicali spiegano, anche sui social, le ragioni della loro mobilitazione. “I contagi sono in continuo aumento” – si legge in un post pubblicato su Twitter.
“I contagi in carcere sono in continuo aumento.
Sappiamo il motivo del 35% delle detenzioni: è l’articolo 73 del Testo Unico Stupefacenti. Chiediamo allora un indulto antiproibizionista.”@GCrivellini e @Bibi_Bonvi si uniscono allo sciopero della fame lanciato da @ritabernardini pic.twitter.com/ilUOW8iaAX— Radicali Italiani (@Radicali) November 23, 2020
Tutti i partecipanti all’iniziativa, “per nulla violenta” tengono a precisare, chiedono a Governo e Parlamento di intervenire prima che sia troppo tardi. Per i Radicali, bisogna ridurre drasticamente il numero della popolazione detenuta, ora più che mai, considerata la situazione sanitaria.
Per raggiungere l’obiettivo, indicano una strada precisa. Chiedono un intervento di legge, aderente alla Costituzione italiana e alla convenzione europea dei diritti dell’Uomo.
Più nello specifico, i Radicali si riferiscono ad “amnistia, indulto, modifiche sostanziali al decreto “Ristori”, utili ad ampliare la platea dei beneficiari e liberazione anticipata speciale“.
I contagi corrono veloci e bisogna intervenire subito per evitare il peggio. “Non c’è tempo da perdere – fanno sapere dall’associazione – perché bisogna evitare la morte per pena, anche di chi è in attesa di giudizio e potrebbe essere giudicato innocente”.
Covid, allarme carceri. Già 5 morti nella seconda ondata
Cresce la preoccupazione per le carceri italiane ai tempi del Covid. I numeri raccolti nel non sono incoraggianti. Sono già 5 i decessi registrati nel corso della seconda ondata. Destano timori anche altre cifre. Fra i 53.723 detenuti, 809 di essi hanno contratto l’infezione. In particolare, per 16 casi, si è dovuto predisporre il ricovero ospedaliero.
Le cose non vanno meglio per il personale, tra i quali ci sono 1042 positivi, di cui 10 ricoverati. Insomma, stando a questi dati aggiornati al 22 novembre, la situazione sanitaria nelle carceri è un po’ come una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere da un momento all’altro.
Servono interventi mirati. Questo chiedono i Radicali e non solo loro. “Più controlli dell’indice Rt nelle carceri – sollecita Uilpa Polizia penitenziaria che aggiunge – serve un potenziamento incisivo dei servizi sanitari nelle carceri”.
Rispetto al 22 novembre, si è registrata una lieve diminuzione dei contagi ma, comunque, “la situazione resta molto preoccupante” – così come sottolineato da Gennarino De Fazio, segretario generale Uilpa.
Ad aggravare la situazione, già critica, c’è un altro aspetto. Ne ha parlato sempre De Fazio, riferendosi alla “forte carenza di personale”, per nulla colmata con le assunzioni aggiuntive previste dal decreto bilancio e definite, da lui, come “irrisorie”.