Aria Condizionata contro il Coronavirus: lo studio del Bambin Gesù

L’aria condizionata può davvero essere un’arma contro il Coronavirus? Secondo gli studi dell’Ospedale di Roma Bambin Gesù sì.

donna con mascherina in mano
donna con mascherina in mano – Fonte: Adobe Stock

Negli scorsi mesi moltissimi medici avevano puntato il dito contro l’aria condizionata, che sarebbe stata colpevole di sollevare le particelle virali in sospensione e di distribuirle nell’aria incrementando il loro potere di contagio.

Questo ha portato a una certa diffidenza nell’utilizzo di questo dispositivo, che durante il periodo estivo non è stato utilizzato proprio per evitare di diffondere eventuali particelle virali “intrappolate” nelle ormai famigerate “goccioline” che si diffondono nell’aria tramite un colpo di tosse.

Molto diverse invece le valutazioni a cui sono giunti i ricercatori del Bambin Gesù di Roma, che hanno misurato l’esposizione all’aria infetta di persone che si trovano all’interno di un pronto soccorso ospedaliero in attesa del proprio turno.

Nel corso della simulazione si suppone che una persona infetta tossisca, quindi si visualizza e si controlla il comportamento delle particelle in sospensione e l’esposizione al virus a cui sono sottoposte le persone più vicine e più lontane dalla persona che ha tossito.

I risultati dello studio sono stati sorprendenti e porteranno con ogni probabilità a rivalutare l’utilizzo dell’aria condizionata al chiuso, anche oltre le strutture ospedaliere.

Qual è l’azione dell’aria condizionata contro il Coronavirus?

aria condizionata

Nella simulazione dei ricercatori del Bambin Gesù si ipotizza che un gruppo di 10 pazienti (tra bambini e adulti) stia aspettando il proprio turno in una sala d’attesa.

L’ipotesi è che un bambino senza mascherina tossisca e che le particelle virali si diffondano intorno a lui.

Nello scenario con l’aria condizionata spenta le persone accanto al bambino, quindi più esposte al contagio, respirano l’11% di aria contaminata dalle goccioline (droplets) che sono state fatte schizzare molto lontano dal colpo di tosse (spreader).

Con l’aria condizionata accesa a velocità normale le goccioline in questione vengono risucchiate verso l’alto dai moti convettivi generati nell’aria interna alla stanza e successivamente vengono redistribuite sia nella parte alta della stanza sia nella parte inferiore, ma su una superficie più ampia.

In questo secondo scenario le persone più vicine al bambino hanno respirato solo il 2,5% d’aria contaminata, mentre le cinque sedute più lontano da lui solo lo 0,5%.

In uno scenario ancora differente, con l’aria condizionata a velocità doppia rispetto allo standard, si denota un’ulteriore diminuzione dell’esposizione al virus.

Le persone più vicine al bambino infetto respirano solo lo 0,3% di aria infetta mentre quelle più lontane solo lo 0,08%.

Secondo questi dati, quindi, sarebbe molto utile utilizzare l’aria condizionata a velocita normale o doppia per disperdere efficacemente le particelle virali e fare in modo che non colpiscano in maniera rilevante le persone che si trovano esposte a goccioline infette.

L’importante, quindi, è evitare l’alta concentrazione di particelle virali in un unico punto della stanza, ma di diffonderle e sparpagliarle il più possibile per far sì che una persona non infetta non ne respiri un gran numero.

(Ansa)

Il consiglio, a questo punto, è quello di accendere sempre l’aria condizionata o il sistema di riciclo dell’aria quando ci si trova in un luogo molto affollato all’interno del quale si trovano persone infette o potenzialmente infette.

Si tratta di conclusioni molto diverse rispetto a quelle a cui si era giunti nei mesi scorsi, anche se rimane comunque fondamentale assicurarsi che le bocchette di un impianto domestico siano sempre pulite e rivolte verso l’alto per simulare il circolo d’aria analizzato dai ricercatori del Bambin Gesù.

 

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