Coronavirus | Preside scrive agli studenti: “oggi come nei Promessi Sposi”

Una lettera inviata dal dirigente scolastico, Domenico Squillace, agli studenti del liceo Scientifico Alessandro Volta di Milano ci racconta il Coronavirus come la peste di Manzoni

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Sulla home page del liceo scientifico Alessandro Volta di Milano è comparsa una lettera.

A firmarla è il dirigente scolastico, Domenico Squillace. Non si tratta però della solita missiva per comunicare chiusure, esami e affini, bensì di una lettera molto più particolare, un vero e proprio spunto di riflessione che spinge il lettore a compiere un salto di secoli: dall’odierno panico da Coronavirus a quello delle celebre peste di Milano.

Già proprio quella descritta da Alessandro Manzoni nei suoi Promessi Sposi. E dal capitolo 31 del celebre romanzo prende le mosse la missiva per proporre poi una riflessione quanto più possibile ampia: si parla di come l’animo umano si lasci fin troppo facilmente contagiare, dal panico prima ancora che dalla peste o dal Coronavirus, e di quanto la scuola e le sue rappresentanze abbiano il dovere di rammentarci quello spirito critico che è cuore stesso del nostro essere umani.

Rileggiamo allora le interessanti e illuminanti parole del professor Domenico Squillace, rivolte in primo luogo ai suoi studenti ma, in fondo, un po’ a tutti noi.

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Il Coronavirus come la peste dei Promessi Sposi

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A spiegare il motivo della lettera è stato lo stesso preside intervistato da Il Sole 24 ore:

“Perché ricorderanno questi giorni per tutta la vita. L’improvvisa chiusura delle scuole per (almeno) una settimana è un evento davvero eccezionale. Neppure in tempo di guerra, sotto i bombardamenti, le scuole erano chiuse: si scappava in rifugio se suonava l’allarme, ma poi le lezioni riprendevano subito. Anche dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, le scuole chiusero per un paio di giorni soltanto. […] Volevo far arrivare il messaggio di non chiudere in casa i figli, se stanno bene, di lasciarli uscire all’aria aperta. Di usare, come scrivo alla fine della lettera, il pensiero razionale di cui la medicina moderna è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità”.

Una lettera che è dunque in primis un invito non solo alla serenità ma anche a mettere in campo ciò che la scuola ha compito di insegnarci: il raziocinio, la capacità di riflessione, approfondimento e comprensioni, armi per non fare ciò che fecero i milanesi al tempo della peste.

Se infatti la storia tende a ripetersi, spetta all’uomo migliorare se stesso e non ricommettere gli stessi errori del passato. Crescere, proprio come studio e cultura possono insegnarci (ce lo aveva spiegato anche Umberto Eco nella lettera per il nipote in cui invitava a coltivare l’arte della memoria)

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“La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia…..”

Le parole appena citate sono quelle che aprono il capitolo 31 dei Promessi sposi, capitolo che insieme al successivo è interamente dedicato all’epidemia di peste che si abbatté su Milano nel 1630. Si tratta di un testo illuminante e di straordinaria modernità che vi consiglio di leggere con attenzione, specie in questi giorni così confusi. Dentro quelle pagine c’è già tutto, la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria…. In quelle pagine vi imbatterete fra l’altro in nomi che sicuramente conoscete frequentando le strade intorno al nostro Liceo che, non dimentichiamolo, sorge al centro di quello che era il lazzaretto di Milano: Ludovico Settala, Alessandro Tadino, Felice Casati per citarne alcuni. Insomma più che dal romanzo del Manzoni quelle parole sembrano sbucate fuori dalle pagine di un giornale di oggi.

Cari ragazzi, niente di nuovo sotto il sole, mi verrebbe da dire, eppure la scuola chiusa mi impone di parlare. La nostra è una di quelle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso la chiusura forzata delle scuole è qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali. Non sta a me valutare l’opportunità del provvedimento, non sono un esperto né fingo di esserlo, rispetto e mi fido delle autorità e ne osservo scrupolosamente le indicazioni, quello che voglio però dirvi è di mantenere il sangue freddo, di non lasciarvi trascinare dal delirio collettivo, di continuare – con le dovute precauzioni – a fare una vita normale.

Approfittate di queste giornate per fare delle passeggiate, per leggere un buon libro, non c’è alcun motivo – se state bene – di restare chiusi in casa. Non c’è alcun motivo per prendere d’assalto i supermercati e le farmacie, le mascherine lasciatele a chi è malato, servono solo a loro. La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, non esistono muri che le possano fermare, secoli fa si spostavano ugualmente, solo un po’ più lentamente. Uno dei rischi più grandi in vicende del genere, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile. L’istinto atavico quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo ovunque, il pericolo è quello di guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia, come ad un potenziale aggressore. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi, i suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità. Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero.

Vi aspetto presto a scuola

Domenico Squillace”

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coronavirus il bilancio dell’OMS (Istock)

“Cari ragazzi, niente di nuovo sotto il sole” ci sentiamo di ripetere dunque anche noi, sottolineando non solo come la storia abbia il vizio di ripetersi ma anche come le opere, quelle con la O maiuscola, della nostra letteratura sono veramente sempre attuali, capaci di insegnarci forse anche più dei tanti moderni esperti di turno.

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