Il ritorno di Mihajlovic: la resilienza passa dal rettangolo verde

Mihajlovic torna in panchina col Bologna al Bentegodi di Verona dopo l’annuncio della malattia. Commozione e rispetto per un grande campione, esempio di resilienza sportiva.

Mihajlovic in panchina al Bentegodi (Getty Images)

Quaranta giorni, un’eternità per molti, poco più di un mese per qualcuno: il tempo è relativo ma anche prezioso, lo sa bene Sinisa Mihajlovic, allenatore del Bologna che dopo lo stesso periodo (fatto di cure, terapie, dolori e fatiche) ha scelto di tornare in campo.

Vederlo lì, in panchina, a guidare la squadra dopo aver dato quell’annuncio che ha spiazzato tutti: “Ho la Leucemia, quando me l’hanno detto non volevo crederci. Non sono lacrime di paura le mie, la malattia la rispetto. La combatterò, come ho sempre fatto con gli avversari nella mia carriera”. Questo, che sicuramente è un avversario più ostico di altri, ha bisogno di essere scosso e rimosso quanto prima. Quindi, Sinisa, ha scelto di lavorarlo ai fianchi con una marcatura speciale.

Mihajlovic torna in panchina dopo 40 giorni: quanta commozione!

Cure iniziate con congruo anticipo rispetto ai tempi, perché la malattia è stata riscontrata relativamente presto: l’arrivo in ospedale, l’assistenza, la chemio. Un percorso travagliato che conoscono in molti ma che balza agli occhi ancor di più quando a doverlo compiere è uno sportivo, qualcuno che dovrebbe essere intoccabile dal punto di vista fisico. Invece la vita ci insegna che chiunque è fragile, ciascuno è fallibile e tutti abbiamo bisogno di momenti speciali – forzati o cercati – per rimetterci in sesto.

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Mihajlovic ha scelto i suoi, ha scelto la famiglia (che non l’ha mollato un secondo), ha scelto i tifosi del Bologna che gli hanno dedicato cori e abbracci ideali da quando si è trattato di lottare insieme per un obiettivo in campo e fuori. Questa si chiama tenacia, si chiama virtù, si chiama resilienza: trovare del buono laddove sembrerebbe esserci soltanto negatività.

Sinisa Mihajlovic: esempio di resilienza sportiva e caparbietà

Mihajlovic di nuovo in panchina col Bologna (Getty Images)

La vera cura per Mihajlovic è urlare moduli e tattiche su un campo da calcio: accanto ai suoi ragazzi, rossoblù, che si battono e giocano anche per lui. E soprattutto per sfatare quel luogo comune – tutto italiano – che il calcio è solo uno sport: no, vedere un pallone che rotola, per alcuni è ancora quel determinato particolare che tiene attaccato alla vita. E non c’entra la condizione fisica, le patologie e i problemi, perchè sarebbe lo stesso anche se non ci fossero. Qualora dovessero presentarsi, però, vorremmo tutti avere un Sinisa Mihajlovic in più capace di prenderci ancora per mano e ribadirci una volta di più che non è finita fino a quando l’arbitro non fischia la fine. Perchè, nonostante tutto, i novanta minuti decisivi ce li giochiamo tutti: il serbo lo sta facendo egregiamente e ieri al Bentegodi ne ha dato prova in modo tanto semplice quanto efficace e incontrovertibile, facendosi bastare la presenza e la grinta. D’altronde non serve altro.

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