A Milano, una serata di musica si trasforma in un tributo misurato: voci autorevoli e un ricordo intimo di un amico svelano un dettaglio che invita all’ascolto.
A Milano, una serata di musica ha trovato spazio per il silenzio. Sul palco dei SIAE Music Awards, con la regia di Amadeus, si è formato un cerchio di voci che hanno scelto il ricordo. Il presidente Salvatore Nastasi, il paroliere Mogol, il cantautore Mario Lavezzi e l’assessore alla cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi hanno preso la parola uno dopo l’altro. Hanno parlato di una donna e di un’artista capace di lasciare tracce precise nella vita di chi l’ha ascoltata e di chi ha lavorato con lei.

Il pubblico ha ascoltato in silenzio. Le frasi sono rimaste leggere, senza retorica. Quando si nomina Ornella Vanoni, la memoria fa il suo corso: timbro inconfondibile, ironia elegante, presenza scenica. È bastato poco perché la platea si facesse comunità. La kermesse, nata per celebrare autori e interpreti, si è trasformata in una casa temporanea della canzone italiana.
Il ricordo di Mario Lavezzi per Ornella Vanoni: momento veramente toccante
Non è un caso che a guidare il ricordo ci fossero figure così diverse. La prospettiva di Mogol ha chiamato in causa le parole. Quella di Tommaso Sacchi ha allargato lo sguardo alla città che l’ha vista crescere artisticamente. La cornice istituzionale della SIAE ha dato peso e contesto a un tributo sobrio. Chi volesse ripercorrere i passaggi ufficiali della serata può trovare aggiornamenti sui canali SIAE (siae.it) e del Comune di Milano (comune.milano.it).
Poi è toccato a Mario Lavezzi, amico di lunga data. Il tono è cambiato, è diventato più vicino, quasi domestico. Lavezzi ha voluto restituire un dettaglio di quotidianità. Un’immagine semplice, quasi disarmante. Secondo i resoconti della serata, avrebbe ricordato gli “ultimi istanti” dell’artista con una frase che si porta dietro tutto il pudore del caso: “Un gelato e poi è morta”. Una scena minima, come una foto trovata in un cassetto: un gesto che chiude un cerchio senza clamore.

Su questo punto è doverosa una nota di cautela. Al momento, non risultano disponibili comunicazioni ufficiali e indipendenti che confermino nei dettagli la ricostruzione di Lavezzi o lo stato attuale di salute di Ornella Vanoni. In assenza di una nota formale della famiglia, del management o delle istituzioni competenti, è corretto trattare queste parole come un ricordo riportato in un contesto pubblico, non come un bollettino. La responsabilità con cui circolano notizie delicate è parte del rispetto dovuto a una figura così amata.
Al di là del singolo momento, resta il peso di una voce che ha attraversato generazioni. La signora della canzone ha saputo tenere insieme eleganza e concretezza. Ha frequentato gli arrangiamenti moderni senza perdere il gusto della tradizione. È una lezione che vale ancora: contano le scelte, conta il dettaglio, conta come si ascolta prima di cantare.
Forse è questo il senso di quanto accaduto ai SIAE Music Awards. Non serve aggiungere superlativi. Basta un’immagine, una frase, un nome. Cosa rimane, per ciascuno di noi, quando pensiamo a Ornella Vanoni? Una canzone, una battuta sussurrata tra un bis e l’altro, o quel modo unico di voltarsi verso il pubblico. Vale la pena tornare a riascoltare, senza fretta. E lasciarsi sorprendere ancora una volta.





