L’errore del commercialista può essere pagato a caro prezzo dal contribuente, il quale per legge ha l’obbligo di vigilanza sull’operato dei professionisti a cui si affida e dunque è co-responsabile in caso di condotta fraudolenta o mancato pagamento delle tasse dovute.
Chiunque lavori sa bene che annualmente va presentata la dichiarazione dei redditi, certificazione che attesta il guadagno ottenuto nel corso dell’anno e che serve all’Agenzia delle Entrate per calcolare l’ammontare di tasse che il contribuente deve versare nelle casse dello Stato.

La mancata presentazione della dichiarazione o la presentazione di una dichiarazione non corrispondente ai reali guadagni costa una sanzione monetaria il cui importo varia a seconda della gravità dell’atto commesso. Qualora infatti venga accertata la volontarietà e dunque riscontrata una condotta fraudolenta, la sanzione prevista è più grave.
Per evitare errori dovuti a scarsa conoscenza della materia, moltissime persone si affidano ai commercialisti, professionisti pagati il cui compito è quello di verificare che tutto sia in ordine e successivamente inviare la dichiarazione dei redditi. Può capitare però che il commercialista commetta errori di calcolo o che dimentichi – per via del troppo lavoro – di inviare la dichiarazione.
La Cassazione non ammette scuse: l’errore del commercialista, grava anche sul contribuente
In questi casi si può pensare che sia esclusiva colpa del professionista incaricato, tuttavia la legge prevede che sia il contribuente a vigilare sull’operato del professionista incaricato e dunque che questo sia egualmente colpevole in caso di mancato invio della dichiarazione dei redditi o di errore nella presentazione.

Sulla questione si è recentemente espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22742/2025 in merito ad un caso sottopostole dall’Agenzia delle Entrate. In pratica il Fisco aveva sanzionato un contribuente per indebita compensazione orizzontale, chiedendo sia la somma non versata che una a compensazione per il mancato versamento.
Il contribuente aveva opposto la sua estraneità ai fatti, spiegando in sede processuale di aver affidato la gestione ad un’agenzia di gestione contabile esterna. Sia in primo grado che in secondo grado la Corte di Giustizia Tributaria aveva dato ragione al contribuente, eliminando la sanzione ma mantenendo l’obbligo di versare la somma mancante.
L’Agenzia delle Entrate, consapevole delle leggi in materia, ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione, la quale ha dato ragione all’ente di riscossione basandosi sull’ampia normativa vigente in materia. Il contribuente è stato trovato colpevole di mancata vigilanza dell’operato del professionista incaricato della gestione dei contributi e delle tasse.
Nella sentenza gli ermellini hanno chiarito che il contribuente, per essere considerato esente da colpe, deve dimostrare non solo di essere estraneo ai fatti ma anche di aver controllato che il professionista incaricato abbia inviato la dichiarazione dei redditi.





