Striscia la Notizia truffata: condannato l’ex inviato Mingo

Il Tribunale di Bari ha condannato l’ex inviato di Striscia la Notizia Domenico De Pasquale per aver inventato alcuni servizi.

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Screenshot da video https://www.striscialanotizia.mediaset.it/puntata/2020/11/13/puntata_41.shtml

Striscia la Notizia sarebbe stata truffata dall’ex inviato Domenico De Pasquale, in arte Mingo che avrebbe organizzato dei falsi servizi trasmessi dal tg satirico di Antonio Ricci.

La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Bari che ha condannato ad 1 anno e 2 mesi di reclusione Domenico De Pasquale (in arte Mingo) e Corinna Martino (amministratore unico della Mec Produzioni Srl di cui il marito Mingo era socio) per i reati di truffa, falso e diffamazione.

L’ex inviato di Striscia la Notizia Mingo condannato, i legali: “i nostri assistiti sottolineano di aver dimostrato la loro estraneità ai fatti a loro ascritti”

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Screenshot da video

Stando all’ipotesi accusatoria Mingo avrebbe truffato, con la complicità della moglie, Striscia la Notizia spacciando per veri alcuni falsi servizi. Il Tribunale di Bari ha considerato resposanbili gli imputati di quattro falsi servizi trasmessi dal tg satirico di Antonio Ricci tra il 2012 e il 2013. Per altri tre episodi è stata dichiarata la prescrizione.

Mingo, inoltre, è stato condannato anche per aver accusato alcuni autori di Striscia di essere gli “ideatori dei falsi servizi”. Ad Antonio Ricci, e altri nove tra autori e produttori della trasmissione che si sono costituiti parti civili, gli imputati dovranno risarcire i danni.

Francesco Maria Colonna Venisti e Ludovica Lorusso, difensori di Domenico De Pasquale (in arte Mingo) e Corinna Martino, ai microfoni dell’Ansa, hanno commentato così la sentenza del Tribunale di Bari:

“Sono stati prodotti documenti a sostegno della tesi difensiva che si immagina siano stati valutati dal giudice per raggiungere i risultati assolutori del dispositivo. A questo proposito, i nostri assistiti sottolineano di aver dimostrato la loro estraneità ai fatti a loro ascritti, raggiungendo la formula assolutoria per i fatti più gravi”, hanno dichiarato i legali.

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“Le sentenze non si discutono: se non si condividono, si impugnano. Per farlo, è necessario attendere studiare le motivazioni che sostengono il provvedimento. Questa difesa non ha voluto e non vuole che il processo venga svolto in luoghi non deputati”, hanno concluso.

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