Golshifteh Farahani, da Hollywood a Venezia per difendere la propria identità

Tra il discorso di Marinelli e il sorriso beffardo di Joaquin Phoenix, a Venezia76 s’inserisce l’iraniana Golshifteh Farahani: la prima del suo Paese a raggiungere Hollywood lascia la Laguna sommersa da affetto e consensi.

Golshifteh Farahani (Instagram)

Venezia76 ci lascia, senz’altro, numerosi spunti di riflessione che non mancheranno d’esser approfonditi in sala: ci portiamo dietro il sorriso beffardo di Joaquin Phoenix col suo Joker, la sfrontatezza di Marinelli nell’affrontare senza alcun timore reverenziale un discorso – quello sui migranti in mare – che riguarda tutti e che, forse, prima di un attore avrebbe dovuto toccare (a livello di sensibilità ed empatia) qualcun altro.

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Certe volte, però, proprio grazie agli attori – che sono avvezzi alla pantomima sul set per poi scatenare la loro vera natura – le coscienze si scuotono: ce l’ha insegnato persino Monica Bellucci che, con la versione restaurata di Reversible, torna in Laguna a parlare di un tema complesso e attuale come quello degli abusi. Insomma, gli attori e gli artisti – ambosessi – si caricano sulle spalle la responsabilità di svegliarci dal torpore e dalla disumanità a cui, purtroppo, ci stiamo gioco-forza abituando.

Golshifteh Farahani: dall’Iran a Hollywood, l’integrazione sociale arriva sul red carpet

Golshifteh Farahani a Venezia76 (Instagram)

In questa giostra di opinioni e prospettive, riesce ad inserirsi persino chi ce la sta facendo. Chi è partito svantaggiato e, man mano, sta raccogliendo i frutti della costanza e del duro lavoro, perché non è detto che al cospetto di un red carpet riescano a sentirsi tutti – indistintamente – realizzati. Spesso quell’attimo di celebrità è la vetta di un iceberg costellato di ferite e cicatrici ancora aperte.

È il caso di Golshifteh Farahani, attrice e celebrità iraniana, arrivata a calcare i più importanti set di Hollywood grazie alla testardaggine visionaria di Ridley Scott che la volle per primo nel film “Nessuna verità”: a quel punto l’Iran, grazie a lei, approdava nell’universo degli intramontabili. Il regista la richiamò in “Exodus – dei e re” fino ad assegnarle un ruolo nella celeberrima saga “Pirati dei Caraibi” al fianco di Johnny Depp.

Con un curriculum del genere, la Farahani giunge in Laguna per presentare e promuovere “Un divan à Tunis”: uno spaccato divertente e delicato della Tunisia di oggi, sempre in bilico tra integrazione e conservazione. Il vissuto dell’attrice ben si sposa con le vicende del girato, infatti la donna – per affermarsi – ha dovuto vincere il pregiudizio di un intero Paese che, in più d’un occasione, l’avrebbe vessata per via delle proprie velleità artistiche. Per questo Golshifteh Farahani, per ogni onorificenza che riceve, per ciascun riconoscimento che le viene attribuito, è come se trionfasse due volte: una per lei e l’altra per il suo popolo, che la voleva ai margini di una società malata e cinica ed invece è costretto a guardarla vivere ed emozionarsi da un pulpito troppo grande per ricevere prediche o ammonimenti. L’affermazione e l’identità si costruisce anche disobbedendo civilmente, per ribellarsi a una morale distorta, con l’auspicio di un mondo diverso.

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