Rivoluzione senza veli: la protesta social delle donne iraniane

In Iran ogni donna che pubblica una foto senza velo rischia fino a dieci anni di carcere. Il “movimento dei mercoledì bianchi” lancia la protesta via social.

Parlare di donne e Iran non è mai semplice. Parlare di donne, Iran e libertà diventa ancora più complesso, specialmente se ci mettiamo anche i diritti fondamentali. Quello che per noi sembra scontato, in talune parti del mondo non lo è. Oggi, grazie alla globalizzazione, ce ne rendiamo conto prima. Basta un clic per arrivare ovunque.

Iran rivoluzione senza veli
Una donna senza velo rischia il carcere

Capitolo social network: l’Iran, con l’avvento delle piattaforme digitali, ha cercato di dare un valore alle minoranze vessate. Piaga che colpisce entrambi i sessi, ma la situazione femminile sta attraversando – se possibile – un periodo ancora più buio: tra le altre cose, fatte perlopiù di privazioni e rinunce, è stato stabilito che chiunque posti su un qualunque social una foto senza velo rischia fino a dieci anni di carcere.

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Nel Paese, l’hijab è diventato obbligatorio durante la rivoluzione islamica del 1970. Qualche anno dopo, nel 1983, la norma venne estesa a tutte le donne (iraniane e straniere) indipendentemente dal proprio orientamento religioso. Quarant’anni più tardi le “quote rosa” dell’Iran hanno deciso di reagire e, dal 2014, hanno iniziato a pubblicare foto e video in cui bruciavano il velo e si mostravano a volto scoperto.

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L’iniziativa è partita attraverso la campagna mediatica lanciata dalla giornalista Masih Alinejad, oggi esule negli Stati Uniti. “Il movimento dei mercoledì bianchi”, che racchiude questa netta e incontrovertibile presa di posizione, dalla sua nascita ha raccolto moltissimi consensi. La pagina ufficiale, “My stealthy freedom”, conta numerosissimi contributi – foto e video – in cui le donne rivendicano il loro diritto di scegliere.

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Masih Alinejad: la giornalista sfida le autorità iraniane

Dato il clamore (non solo mediatico) del Movimento, Masih Alinejad è stata ricevuta dal segretario di Stato Mike Pompeo che dagli Usa l’ha pubblicamente ringraziata per il suo “coraggio e la sua dedizione alla causa delle donne iraniane”. Tuttavia, in Iran, la pensano diversamente: infatti Mousa Ghazanfarabadi, capo della Corte Rivoluzionaria di Teheran, ha accusato la Alinejad muovendo pesanti provocazioni. “Ha un contratto con gli Stati Uniti”, avrebbe detto.

Masih Alinejad e la protesta femminile in Iran
Masih Alinejad e le donne in protesta

Successivamente Ghazanfarabadi si rivolge alle altre donne che hanno preso parte alla rivoluzione socialmediatica: “Tutte le donne che le invieranno spontaneamente filmati in cui rimuovono l’hijab dal proprio capo saranno condannate da uno a dieci anni di carcere in base all’articolo 508 dell’Atto di Giustizia Criminale Islamica”, ha precisato.

Dall’inizio della protesta, sono molte le donne arrestate: spicca Yasaman Ariyaee, 23enne che è stata portata in prigione e fermata, insieme alla madre, per essersi tolta il velo in occasione dell’otto marzo.

Masih Alinejad, appena il governo iraniano ha preso posizione, ha girato un video in difesa delle compagne che attacca l’autorità islamica: “Non avete paura di me, avete paura del fatto che le persone non vi temono più e si ribellano. Ogni donna che mi ascolta vede che le nostre voci sono ascoltate da tutto il mondo e si sente più forte”.

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