Mamme che lavorano: le nuove sfide

Maternità e lavoro non sono necessariamente inconciliabili.

donne tra lavoro e famiglia

Per le mamme che lavorano non è facile conciliare gli impegni, ma gli esempi che ci arrivano da alcune donne che ricoprono ruoli importanti possono aiutare le altre donne e portare nuovi cambiamenti. Ve lo racconta CheDonna.it.

Mamme e lavoro

Sono sempre di più le donne che svolgono lavori importanti e con elevate responsabilità che non rinunciano alla maternità. La donna in carriera senza famiglia sembra lasciar spazio ad un modello diverso di donna di potere, che pur non abbandonando il proprio ruolo, conquistato a fatica, sceglie anche di diventare mamma, senza rinunciare a nulla. Certo non è facile e si tratta di scelte che richiedono coraggio e grande capacità di sapersi destreggiare tra le incombenze della maternità da una parte e le responsabilità della carriera dall’altra. Sempre più donne però ci riescono.

Una conferma viene dagli ambienti della politica. Basta ricordare la recente maternità di Beatrice Lorenzin, il Ministro della Salute del governo Renzi da poco mamma di due gemelli. Oppure il caso di un’altra ministra, quella della Pubblica Amministrazione Marianna Madia, nominata un anno fa con il pancione e diventata mamma pochi mesi dopo. Qualche anno fa tutti abbiamo visto alla tv e sui giornali l’eurodepuata del Pdl Licia Ronzulli mentre partecipava alle sedute del Parlamento europeo con la sua bambina piccola in braccio. Un’immagine diffusa da tutti i media internazionali, che ha sorpreso molti e allo stesso tempo è stata emblematica della determinatezza di una donna per nulla intenzionata a rinunciare alla sua carriera e attività politica pur essendo madre. Un altro esempio è stato quello di Rachida Dati, ex ministra del governo Sarkozy, in Francia, che qualche anno fa si presentò in consiglio dei ministri a pochi giorni dal parto.

Si tratta di scelte che finora si sono potute permettere donne che occupano posizioni di vertice, donne privilegiate, a cui non mancano aiuti, possibilità e denaro. Nei momenti più difficili si può ricorrere sempre a tate e baby sitter. Diverso è per le donne comuni, che spesso non hanno la libertà di gestire il lavoro secondo le proprie esigenze e devono barcamenarsi tra orari rigidi, e maschili, di un mondo del lavoro dove il part-time per le mamme non è decollato mai, se non in alcuni casi nel pubblico impiego (ma finalmente il Job Acts dovrebbe cambiare qualcosa), e corse tra asili, nonni e baby sitter, dove la lotta vera è quella contro il tempo. Gli esempi delle donne di potere possono però contribuire a far cambiare la società e ad aprire la strada per tante donne “normali”.

La stessa neo mamma Beatrice Lorenzin ha detto che per la maternità si deve fare “molto di più” e ha assicurato il suo impegno. “Non è una questione di congedi – ha spiegato -. Serve un cambiamento culturale che porti a valorizzare la donna nel periodo più importante della sua vita considerando il suo ruolo sociale, specie in una fase di denatalità del Paese. Le culle si svuotano. Non è giusto che appena partorito si debba tornare in ufficio con l’angoscia e con tempi non elastici“.

Nel frattempo, in aiuto delle donne che lavorano arriva il Jobs Act. Uno degli ultimi decreti attuativi approvati dal governo prevede, infatti, che durante il congedo parentale di sei mesi la donna può chiedere il part time e il datore di lavoro ha l’obbligo di concederlo. “Il part time è uno degli elementi chiave. La maternità rende più produttive“, ha sottolineato Lorenzin.

“Appena i bambini potranno uscire sarò in ufficio con loro”, ha annunciato il Ministro della Salute. In ogni caso, come giustamente precisa Anais Ginori su Repubblica, “nessuna donna deve sentirsi costretta a tornare al lavoro pochi giorni dopo aver partorito“: “Meglio poter scegliere liberamente. Sarebbe la vera conquista”. E la vera conquista arriverà quando le donne avranno questa facoltà di scelta: la possibilità di continuare a lavorare, anche con avanzamenti di carriera, e mettere al mondo dei figli senza angosce e né discriminazioni. Tutta la società ne avrebbe sicuro beneficio.

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