CINEMA: Intervista a Riccardo Scamarcio, interprete del film “Nessuno si salva da solo”

characterscamarcio_jpg_1003x0_crop_q85Che cosa ti ha interessato di questo progetto?

Quando Sergio Castellitto mi ha chiamato dicendomi che pensava a me per il ruolo del protagonista in Nessuno si salva da solo, ho letto subito il romanzo a cui si è ispirato rendendomi conto che c’erano due personaggi molto interessanti, Delia e Gaetano, con la loro storia intima, ma c’era soprattutto una precisione meticolosa nella descrizione di certi meccanismi e dinamiche che si scatenano in un rapporto di coppia. Quello che mi ha molto colpito della scrittura  del libro, così come poi nello stile nei dialoghi e nella struttura del film, era il racconto che si reggeva nell’arco temporale di una cena tra i due protagonisti e poi nel continuo saltare avanti e indietro nel tempo per dieci anni, in maniera non consequenziale per scoprire come i due protagonisti sono arrivati a quella cena, capire da dove vengono e chi sono cosa e cosa successo tra loro. Ho trovato una grande modernità nell’impianto generale, un meccanismo originale che è la forza del film da un punto di vista drammaturgico e poi una costante precisione dei dialoghi che esisteva già nel romanzo: tutto questo mi ha portato a pensare che mi si offriva una splendida opportunità. Il personaggio di Gaetano ha mille facce e sfumature, ma penso che Sergio e Margaret Mazzantini nella stesura definitiva del copione si siano un po’ avvicinati a quelle che sono le mie vere attitudini, ho pensato subito che questo film potesse essere una sorta di “dramady”, come dicono gli anglosassoni: nella storia dei due giovani c’è amarezza e dramma ma a volte si ride, ci sono situazioni quasi tragicomiche e questo ha rappresentato un altro punto di forza che ho poi ritrovato guardando il film finito.

Che cosa succede in scena?

Quando Gaetano e Delia si conoscono sono ancora dei ragazzi, si innamorano, si mettono insieme e fanno un figlio e poi un altro ma a un certo punto arriva la crisi, chiaramente dovuta ad una sorta di stanchezza per la quotidianità, assistiamo ad una parabola discendente del loro rapporto. E’ la storia di un amore grande e importante raccontato in tutti i suoi aspetti, compre so quello della crisi, fotografiamo questa coppia, la vediamo in difficoltà ma scopriamo anche che in passato i due hanno avuto momenti meravigliosi e importanti. Il titolo “Nesssuno si salva da solo” è molto eloquente, penso che come punto di vista sia giusto e pertinente, è una frase pronunciata verso la fine dall’anziano vicino di tavolo interpretato da Roberto Vecchioni che interagisce a sorpresa con i due giovani: non ci può essere felicità e serenità senza la condivisione. Vengono mostrati in scena tutti gli aspetti e le varie fasi di un rapporto, di una relazione importante, la storia di una vita con i figli, il concetto di famiglia e credo che chiunque guardando il film possa trovare meccanismi, momenti e situazioni in cui riconoscersi.

Chi è Gaetano?

E’un provinciale di Ostia con buoni propositi di scrittore che non è completamente realizzato, c’è una frustrazione da qualche parte che agisce. Delia ha un’estrazione sociale più borghese e ha delle lacune da qualche parte, delle nevrosi e problematiche che Gaetano non ha, essendo un tipo più pragmatico e portato a semplificare le cose, mentre lei è portata a complicarle facilmente, e da un punto di vista dei difetti di uno e dell’altro questa attitudine può essere vista come inversamente proporzionale. Gaetano potrebbe anche essere “letto” come un tipo superficiale ma in fondo si rivela l’unica persona in grado di  alleviare le pene di questa ragazza, con quel suo spirito un po’ minimalista che semplifica tutto in realtà è un tipo che si preoccupa e che a lei tiene molto. Quelle che si incontrano sono due persone diverse ma la loro differenza le unirà profondamente per poi dividerle quando inizierà la loro crisi: nella storia aleggia anche una sorta di nostalgica amarezza, a volte le cose prendono una piega sbagliata e noi siamo portati a lasciare che le cose importanti si perdano.

Che cosa hai messo di tuo nel personaggio?

Gaetano mi appartiene abbastanza nella sua leggerezza, in un certo atteggiamento spensierato e scanzonato, io nella vita sono una persona che tende a voler risolvere i problemi e non a crearli. Ci sono poi altri aspetti come una certa debolezza del personaggio nel non riuscire ad essere incisivo, c’è una certa lascività nel non voler per forza arrivare allo scontro e a volte questo atteggiamento può rappresentare una forma di responsabilità rispetto al non prendere una decisione, a cercare di sistemare le cose: si tende a subire e a sopportare un po’ troppo certe situazioni su cui non si è d’accordo ma poi si fa finta di esserlo perché non si vuole arrivare allo scontro. Da un certo punto di vista c’è una mancanza di Gaetano nel non essere un tipo completamente responsabile ma alla fine sia lui che Delia sono due personaggi complessivamente positivi, hanno dei difetti caratteriali ma sono mossi da buoni propositi. Delia è un po’ più dura e certe cose a lui non le perdona, Gaetano invece è più portato a perdonare ma nello stesso tempo è meno esigente con se stesso e forse per questo ha delle responsabilità in più. Si finisce col voler bene ad entrambi nonostante i loro difetti caratteriali che sono ben raccontati, lui è un ragazzo che cerca anche di essere un buon padre e un buon marito riuscendoci a metà ma nei suoi confronti non c’è condanna, c’è semmai una certa indulgenza perché sono entrambi due vittime. “Nessuno si salva da solo” non ha paura dei sentimenti e non è un film cinico, quando qualcuno si trova a vivere una relazione come quella che raccontiamo c’è poco spazio per il cinismo, raccontiamo due giovani italiani, una madre e un padre che comunque cercano di salvare il salvabile ed è questo il punto nevralgico del film che si scioglierà solo alla fine, quando si vedrà se i due riusciranno o meno a salvare il loro rapporto. Credo che sia un film “trasversale” in grado di parlare a persone molto giovani ma anche a molti adulti, tutti noi abbiamo vissuto questo tipo di meccanismi e situazioni.

Che rapporto è nato con Sergio Castellitto?

Sergio ha dichiarato fin da subito massima fiducia per le mie capacità di attore e io gli sono grato, la sua stima e la sua benevolenza mi hanno aiutato a “portare a casa il risultato”, mi sono affidato a lui mettendomi completamente a sua disposizione. Abbiamo anche avuto come è naturale dei momenti di difficoltà, abbiamo lavorato duramente, a volte è stato molto faticoso, ma nessuno di noi due ha mai avuto rimpianti, c’è stata fondamentalmente una grandissima intesa, mi sono sentito accolto pienamente e comunque gli sono grato per avermi scelto e avermi dato questa possibilità “senza se e senza ma.

Avevate di fronte un copione ferreo o c’era spazio anche per invenzioni estemporanee?

Abbiamo trovato un modo particolarmente proficuo di lavorare, a volte io dicevo delle cose e viceversa altre volte ascoltavo le osservazioni di Sergio, siamo stati aperti, abbiamo anche modificato qualcosa, mantenendo un certo rigore, abbiamo seguito i dialoghi che erano ben scritti e poi scoprivamo strada facendo se era il caso di cambiare di più o di meno, spesso non era affatto necessario perché non c’erano parole migliori. C’erano già delle indicazioni precise e il mio lavoro è stato abbastanza facile ma credo di aver portato a Gaetano un sottotesto, aggiungendo qualcosa al di là delle parole, nell’atteggiamento generale del personaggio che nel copione non può essere troppo specificato. Ma l’energia del protagonista, il suo modo di stare in scena deve molto anche al fatto che Sergio Castellitto oltre ad essere un bravissimo regista è anche un grande attore e in questi casi la direzione cambia un po’ perché chi sa recitare sa come si arriva direttamente alle cose: a volte questo può essere un limite ma questa volta non è stato così né per me né per Jasmine Trinca.

Come ti sei trovato con la tua partner?

Ci conosciamo bene da tanti anni, abbiamo recitato insieme ne “Il grande sogno” di Michele Placido e io sono stato il produttore di “Miele”, il film di cui lei è stata la protagonista due anni fa per la regia di Valeria Golino. Jasmine è un’attrice di altissimo livello, molto particolare, ha una grandissima capacità di accesso a delle rotture e a delle reazioni imprevedibili, compie sempre scelte inaspettate per raccontare quello che c’è scritto nel copione e io adoro quel suo modo di recitare, quel modo di improvvisare riuscendo ad aggiungere i significanti ai significati. Siamo buoni amici e abbiamo lavorato in grande armonia con fiducia e stima, potendo contare su un gusto simile rispetto a quello che ci piace come attori e poi lei ha un grande talento, si accorge di certi micromovimenti, riesce a cogliere cose sottili e profondissime, ha una grandissima sensibilità e lavorare con un’attrice così rappresenta un privilegio: ovviamente in questi casi è importante trovare degli interlocutori capaci di riconoscere questo mondo microscopico ed entrare in ascolto e io e Sergio avevamo per fortuna delle orecchie molto sensibili. L’importante è avere dall’altra parte un persona che non ti giudica ma ti accoglie e nel nostro caso ognuno sapeva di potersi fidare dell’altro, ci siamo protetti, c’era la complicità giusta per poter essere realistici e credibili senza finti imbarazzi.

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