Yupik ha passato quasi tutta la sua esistenza in una piscina di cemento con l’acqua, in un ambiente totalmente antitetico alle sue esigenze di animale nordico
Aveva 27 anni e da 25 viveva in una piscina di cemento con la temperatura dell’acqua a oltre 20 gradi. Sebbene l’orso polare Yupik sia vissuto circa una decina d’anni in più rispetto agli altri suoi simili, la sua è stata una vita di traumi.
Un affaire diplomatico
Come detto, c’è una spiegazione al fatto che Yupik sia campato ben 27 anni. Tutti gli animali tenuti in cattività, infatti, sopravvivono molto più a lungo della media della loro specie grazie al cibo sempre e comunque assicurato e ai continui controlli dei veterinari. Tuttavia, secondo anche quanto sostenuto dal movimento animalista, si tratta di uno stile di vita insopportabile per animali che nella loro natura hanno il bisogno di stare in spazi aperti e con basse temperature.
Per quanto concerne il bianco orsetto trapiantato dai ghiacci al clima cocente del Messico, la questione aveva assunto toni talmente aspri da diventare, nel 2016, un vero e proprio caso diplomatico tra il Paese centro-americano e l’Inghilterra, che avrebbe voluto ospitarlo in un parco naturale, per fargli passare gli ultimi anni che gli restavano in un ambiente più consono alle sue caratteristiche.
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La morte, sopraggiunta mercoledì scorso, secondo referto stilato dallo zoo Benito Juarez di Morelia, nello stato di Michoacan, per aneurisma, potrebbe essere stata accelerata dalle condizioni di sofferenza legate agli spazi caldi e angusti del recinto dov’era costretto a muoversi.
Diversi i casi analoghi
Non è, purtroppo la prima volta che un orso polare, razza in via d’estinzione per gli effetti dei cambiamenti climatici, finisce i propri giorni in cattività, imprigionato in luoghi di svago per gli umani, ma sostanzialmente per loro delle prigioni. Appena qualche mese fa, ad aprile, è morto a Singapore, sempre a 27 anni, Inuka, nato addirittura ai Tropici. Nel luglio 2016 invece la stessa sorte era toccata in Argentina ad Arturo, divenuto noto come “l’orso più triste del mondo”. Anche in questo caso le autorità locali si opposero al suo trasferimento all’estero, in mezzo ai suoi amati ghiacci, nel freddo che rappresenta la sua vera casa.