Il mangiabambini di Ignazio Rasi è un buco nero nel quale si viene immersi, la mente di un assassino di bambini, geniale, imprendibile.
Un viaggio nella mente disturbata e sconvolta di un uomo, nella determinazione di un’agente dell’FBI presa dal rimorso e di due poliziotti romani che, contro ogni logica, decidono di aiutarla.
Questo libro è fatto di sentimenti e di passioni, è una storia in cui l’abisso si affaccia sulle vittime ignare e le risucchia in luoghi molto peggiori della morte.
La trama è cruenta…
Roma: Laura Rivelli, otto anni, scompare in un grande magazzino. Ventiquattr’ore dopo il suo corpo viene ritrovato, orrendamente mutilato, a Fiumicino. Nessuna pista, nessun indizio. Il caso resta irrisolto.
Qualche anno dopo, sbarca a Fiumicino un agente dell’FBI: Laura Cohen, donna sicura e determinata, specializzata su Soggetti Particolari.
Otto omicidi apparentemente senza collegamento. Otto casi irrisolti in otto paesi diversi. Chi è l’assassino? E cosa si nasconde dietro il numero otto? La corsa contro il tempo per salvare l’ennesima vittima parte proprio dalla capitale, la città dove si è tenuto il battesimo di sangue del killer.
Per saperne di più su questo macabro thriller, abbiamo intervistato l’autore ed ecco cosa ci ha svelato…
Come è nata la passione per la scrittura?
Chi scrive non riesce a collocare temporalmente il momento in cui ha cominciato a picchiare su una tastiera e a volte non riesce neppure a dare una motivazione credibile. Che ci crediate o no, io scrivo perché creare una storia dal nulla mi diverte. E quindi credo che sia nata proprio così. Mi divertivo, e mi diverto ancora oggi moltissimo, a scrivere.
Qual è stato l’input che l’ha spinta a scrivere il suo ultimo libro?
Una lettera di una ragazza a un settimanale. La lessi mentre viaggiavo in treno qualche anno fa. Aveva vissuto un trauma e ne era appena uscita. Presi quel dolore e lo regalai alla protagonista della mia storia, Linda Cohen. Poi, la accompagnai nel suo peggiore incubo e le dissi: esci da questo incubo e ritroverai la quiete.
Il suo scrittore preferito chi è?
Amo in modo maledetto e smisurato James Ellroy.
Tre aggettivi per descrivere la sua ultima opera?
Emozionante, appassionante, sorprendente.
Dove trae ispirazione per i personaggi? In quali si riconosce maggiormente?
Sono affascinato da chi riesce a trasformarsi. Da chi, attraverso un percorso interiore o attraverso eventi che lo coinvolgono, riesce a migliorarsi. Tutto ciò che riguarda la redenzione personale ha per me un effetto magnetico. E un giorno riuscirò e redimermi anch’io.
Quale fra i suoi personaggi vorrebbe nella vita reale?
Amo moltissimo tutti i miei personaggi. E amo più di ogni altro il Mangiabambini. Ma non posso volere che si materializzi, per motivi che, a chi leggerà la mia storia, risulteranno ovvi. E allora vorrei al mio fianco i due agenti di polizia che danno una mano a Linda. Due tipi tosti di cui il mondo avrebbe un gran bisogno.
Le piacerebbe scrivere un libro a quattro mani? Se sì, con chi?
La scrittura a quattro mani è un’esperienza che ho già fatto con un buon successo. Il mio primo romanzo, Io e Yvonne, fu scritto da me e lo scrittore milanese Ernesto Villa qualche anno fa. Il confronto spietato è ciò che più stimola un autore. Per cui ripeterei quell’esperienza e sceglierei senza dubbio ancora Ernesto, magari per ridar vita a protagonisti di quella magnifica storia.
Perché qualcuno dovrebbe leggere la sua ultima fatica letteraria?
Perché dietro al paesaggio fondamentalmente da thriller, si nasconde l’ambizioso progetto di umanizzare il male. E come tutto ciò che è umano, si può odiare. E si può anche amare.
Progetti futuri?
Scrivere, poi scrivere, e poi ancora scrivere.
Silvia Casini
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