LIBRI: Intervista esclusiva a Lorenzo Scano, autore del romanzo “Stagione di sangue”

copertina-lorenzoStagione di sangue di Lorenzo Scano racconta di una verità antica: il male che l’uomo fa vive oltre di lui, e le sue tracce rimangono sul territorio, indelebili, frutto di violenza, corruzione e abuso edilizio.

 

Questo è un romanzo di criminali e disadattati, di droga e soldi, di omicidi irrisolti e di storie insabbiate e dimenticate, perché ciclicamente si ripetano.

 

Siamo alle porte di Cagliari, dove è sepolta una brutto fatto di corruzione e violenza celato dalle forze di polizia locali.

 

Il trascorso, però, è destinato a riemergere quando in città fa il suo arrivo Carmine Cannas, uno sbandato appena uscito di prigione.

 

Carmine vorrebbe rigare dritto e reinserirsi nella società, ma la sua fedina penale non glielo permette; così, quando gli viene proposto di fare un sacco di soldi sporchi, accetta e si caccia in qualcosa di molto grosso, scoperchiando quello che qualcuno vorrebbe mantenere sepolto.

 

La sua vicenda personale si intreccia con quella di Lisa, vedova di un poliziotto e madre di un ventenne che sta scontando tre anni e mezzo di prigione per spaccio, una donna a pezzi ed emotivamente instabile, che frequenta lo studio di uno psichiatra e non riesce mai a trovare la vera svolta nella sua vita. E quando il figlio uscirà di prigione sarà soltanto l’inizio di un’altra brutta storia.

 

Ed è con queste corpose premesse che Stagione di sangue si configura come una narrazione in perfetto stile True Detective, tant’è che per saperne di più, abbiamo intervistato l’autore ed ecco cosa abbiamo scoperto…

 

Come è nata la passione per la scrittura?

 

Sono sempre stato circondato dai libri. Oltre ad averne avuti molti in casa, i miei me ne regalavano per Natale, per il compleanno, quando prendevo un bel voto a scuola, sia che glieli chiedessi o meno. Il passaggio da lettore a scrittore, a mio avviso, era quasi scontato. Se volete un aneddoto simpatico, però, mi piace raccontarne uno in particolare: una domenica mattina – avevo 12 anni – stavo frugando nella mansarda di mio nonno materno, Fifì, quando mi imbattei in una raccolta di racconti gialli la cui copertina mi stregò letteralmente. Me la portai a casa, la lessi, e ne fui rapito al punto che mi decisi a scrivere assolutamente dei racconti come quelli.

 

Qual è stato l’input che l’ha spinta a scrivere il suo ultimo libro?

 

La storia mi stava ronzando in testa da tempo, ma più ci pensavo, meno ne venivo a capo. Sapevo quel che volevo scrivere ma non riuscivo ad imbastire una trama convincente, anche perché il costrutto che ho messo in piedi, alternando due cicli temporali diversi, è complesso. L’input, in questo senso, mi è stato dato da un articolo de L’Unione Sarda inerente a un assalto a un furgone portavalori. Leggere i dettagli di quella vicenda mi chiarì diversi punti oscuri.

 

Il suo scrittore preferito chi è?

 
La domanda mi manda sempre in crisi. Sicuramente James Ellroy. Ma nella mia formazione letteraria hanno giocato (e continuano a giocare) un ruolo fondamentale anche Jim Thompson, Dashiell Hammett, Edward Bunker, Joe R. Lansdale, Donald E. Westlake, Joseph Wambaugh, Dennis Lehane, Lionel White… una lista infinita, insomma. Come italiani, invece, non posso non citare Massimo Carlotto, il re indiscusso del noir mediterraneo.

 

Tre aggettivi per descrivere la sua ultima opera?

 

Cupa. Cattiva. Originale.

 

Dove trae ispirazione per i personaggi? In quali si riconosce maggiormente?

 

Dalla realtà, dalle suggestioni derivate dai libri che leggo e dalla mia fantasia. Per quanto sia scorretto, cattivo, negativo, mi riconosco in parte nel personaggio di Carmine Cannas: sotto certi aspetti, la sua è una battaglia contro la società che lo rifiuta e si tiene alla larga da lui. Sono sempre stato un outsider e chi mi conosce, chi mi segue e chi mi legge sa che sono molto critico nei confronti della società odierna e delle storture che essa produce.

 

Quale fra i suoi personaggi vorrebbe nella vita reale?

 

Datemi retta: nessuno.

 

Le piacerebbe scrivere un libro a quattro mani? Se sì, con chi?

 

Ad essere sincero l’idea non mi ha mai entusiasmato. Tant’è che leggo pochissimi romanzi scritti a quattro mani. Saggi sì, ma romanzi no. Il romanzo, a mio avviso, è qualcosa di troppo intimistico per essere co-partecipato da qualcuno che, per forza di cose, è mosso da idee, da sensazioni e da stimoli differenti. Mai dire mai, certo. Me lo proponesse un big, allora…

 

Perché qualcuno dovrebbe leggere la sua ultima fatica letteraria?

 

Perché, come già detto, è un romanzo originale. Racconta una Sardegna diversa dal solito. Sì, siamo sole, mare, spiagge che ti tolgono il respiro, paesaggi fatati, vedute mozzafiato, divertimento notturno… ma non solo. Per esempio: siamo la regione con la provincia più povera d’Italia, il Sulcis, e Nuoro, al 22 Febbraio dell’anno corrente, vantava il numero più alto di omicidi in proporzione alla popolazione: 5 ogni 100.000 abitanti. Cagliari, per quanto risulti la città più vivibile del sud secondo l’Istat, ha grossi problemi legati alla micro-criminalità e allo spaccio. Ed è questo, tra violenza, depravazione e corruzione dilagante, il contesto sociale in cui si muovono i personaggi di Stagione di sangue.

 

Progetti futuri?

 

Qualche giorno fa sono stato scelto per un’antologia di racconti thriller che dovrebbe uscire entro la fine dell’anno. Ho altri due romanzi nel cassetto: uno l’ho finito e l’altro lo sto per concludere. Sono noir entrambi, ma il primo tende più all’azione e il secondo è un dramma urbano ambientato nella Cagliari odierna, una città metropolitana di 450.000 abitanti in cui si incrociano le vicende di tre personaggi al margine della società. Spero di riuscire a pubblicarli entrambi.

 

Silvia Casini

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