Birmania: Aung San Suu Kyi stravince le elezioni

Schiacciante vittoria del partito di Aung San Suu Kyi alle elezioni in Birmania. I particolari da CheDonna.it.

 Aung San Suu Kyi dopo le elezioni dell'8 novembre 2015 (NICOLAS ASFOURI/AFP/Getty Images)
Aung San Suu Kyi dopo le elezioni dell’8 novembre 2015 (NICOLAS ASFOURI/AFP/Getty Images)

Un risultato straordinario che permetterebbe alla leader dell’opposizione birmana Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace nel 1991, di governare il suo Paese, ufficialmente chiamato Myamnar.

Le elezioni politiche che si sono tenute ieri nel Paese hanno visto prevalere nettamente la Lega Nazionale per la democrazia, il partito di opposizione al regime dei militari fondato da San Suu Kyi nel 1988 e per il quale l’attivista birmana è stata a lungo perseguitata.

Suu Kyi non ha ancora dichiarato ufficialmente la vittoria, ma ha mostrato tutta la sua gioia di fronte ai suoi sostenitori accorsi sotto il quartier generale del suo partito per festeggiarla appena i risultati del voto hanno cominciato ad essere evidenti. In Birmania è una festa di popolo e la fine definitiva dello spietato regime militare, che da qualche anno, indebolito e sempre più isolato a livello internazionale, aveva iniziato ad allentare la presa. Prima concedendo la libertà ad Aung San Suu Kyi, dopo anni di detenzione domiciliare, e poi consentendole di candidarsi alle elezioni.

La Lega Nazionale per la democrazia ha annunciato di aver preso il 70% dei voti alle elezioni che si sono svolte ieri, in alcune zone perfino l’80%. Intanto la Commissione elettorale ha assegnato al partito di San Suu Kyi i primi seggi alla Camera bassa del Parlamento, sono 12 e tutti nell’area di Yangoon. Tre di questi seggi andrebbero a donne.

“È troppo presto per parlare del risultato, ma credo che ne abbiate tutti un’idea”, ha dichiarato Suu Kyi dal quartier generale del suo partito davanti alla folle festante. La giunta militare al potere, infatti, si è riservata un 25% dei seggi e la soglia è del 67% dei voti, ma se il risultato che si va delineando fosse confermato il partito di San Suu Kyi avrebbe la maggioranza per formare il governo.

Nel frattempo, la giunta militare al governo ha ammesso la sconfitta. “Abbiamo perso. In ogni caso accettiamo il risultato senza alcuna riserva”, ha dichiarato tay Oo il presidente ad interim del Usdp, il Partito di unione, solidarietà e sviluppo del presidente birmano Thein Sein.

Quelle di ieri in Birmania sono state le prime elezioni libere dopo 25 anni.

Aung San Suu Kyi, nata il 19 giugno del 1945a Yangon, è figlia del generale Aung San, eroe dell’indipendenza della Birmania dal Regno Unito, assassinato nel 1947. Suu Kyi è cresciuta e ha studiato all’estero, dove ha conosciuto e poi sposato il professore universitario di storia, Michael Aris, britannico, dal quale ha avuto due figli. Nel 1988 quando era tornata in Birmania per prendersi cura dalla madre malata il Paese cadde sotto il potere della giunta militare guidata dall’allora generale Saw Maung, che instaurò un regime brutalmente oppressivo.

IL popolo chiese aiuto alla figlia del generale che aveva dato loro l’indipendenza e San Suu Kyi non poté rifiutare. La donna fondò nel settembre del 1988 la Lega Nazionale per la democrazia, ma nel 1989 il regime dei militari la mette agli arresti domiciliari. La giunta militare le concede la libertà a patto che lasci il Paese, ma Suu Kyi non vuole lasciare il suo popolo e inizia così la sua lunghissima battaglia non violenta per la democrazia in Birmania, pagando di persona durissimo sacrificio di stare lontano dal marito e dai figli.

Nel 1991 ad Aung Sann Suu Kyi viene assegnato il Nobel per la Pace, che non può ritirare per via della detenzione ai domiciliari che finirà solo nel 2010, quando viene finalmente liberata. Solo il 16 giugno del 2012 Suu Kyi è finalmente andata ad Oslo a ritirare il prestigioso riconoscimento, durante il suo primo tour ufficiale all’estero, durante il quale ha visitato diversi Paesi. Il primo aprile del 2012 Suu Kyi ha ottenuto il suo primo seggio al parlamento birmano, vincendo alle elezioni suppletive per eleggere 45 deputati in seggi rimasti vacanti. Il primo piccolo passo verso la vittoria odierna.

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