“Sei sposata? Hai figli?”: Paola non risponde e la cacciano da un colloquio

Ottobre 2015. Specifichiamo la data perché leggendo questa storia si potrebbe legittimamente pensare di essere stati catapultati indietro nel tempo, essere ripiombati negli anni ’40 quando i diritti femminili erano qualcosa di più simile all’utopia che alla realtà.

Paola invece ha sostenuto il suo colloquio pochi giorni fa. Si era preparata, sapeva di essere adatta al lavoro e, armata di un curriculum più che eccellente, si è presentata all’appuntamento fissato presso “una nota agenzia immobiliare di Mestre”.

Peccato però che di quel curriculum tanto nutrito Paola non abbia discusso nemmeno una riga. Perché? Perché alla quarta domanda è stata fatta accomodare fuori dalla porta.

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CheDonna.it è orgogliosa oggi di condividere con i suoi lettori la storia di Paola Filippini, veneziana, 28 anni, 3 lingue straniere più che ben conosciute, referenziata e incapace di camminare sopra il proprio orgoglio di donna per ottenere un impiego, anche se più che necessario alla sua vita.

“Hai figli? Lei non risponde e il colloquio finisce

Se sei donna e in cerca di una lavoro sono poche le certezze che guidano la tua vita: l’outfit che sceglierai ti farà giudicare come una suora laica o una prostituta di basso borgo (pare che una sana via di mezzo non sia contemplata), il tuo curriculum conterà più o meno come la sabbia nel deserto (il fatto che ti sia costato anni di sacrificio conterà ancor meno) e l’unica domanda sulla quale puoi contare senza ombra di dubbio riguarderà la numerosità della tua prole.

Il fatto che una ragazza progetti di avere figli o che già ne abbia pare infatti, per il mondo del lavoro, assai più significativo delle lauree conseguite o delle esperienze di lavoro accumulate. Ecco, a Paola Filippini la cosa pare proprio non andar giù.

Sarà forse per questo che seduta alla scrivania del Dottor M.M., l’uomo con il quale doveva sostenere un colloquio come hostess per check-in per alloggi turistici e che si era presentato all’appuntamento con mezzora di ritardo e senza scuse a seguito, ha deciso di dire basta. Basta alle domande umilianti, sessiste, miopi e bigotte che ogni donna in cerca di un impiego deve sentirsi porre colloquio dopo colloquio.

Quando dall’altra parte della scrivania si è sentita giungere il fatidico quesito circa il suo stato civile Paola ha semplicemente risposto: “posso non rispondere?”. La conseguenza è stata tanto ovvia quanto vergognosa: “allora ti puoi accomodare fuori”.

Pare proprio che la volontà o meno di avere figli sia la “condicio sine qua non” a cui una donna deve sottostare per ottenere un posto di lavoro. Il Dottor M.M. non saprà mai se Paola fosse o meno la ragazza di cui aveva bisogno per quel lavoro e la cosa ci pare onestamente un vero peccato: e se nella sterminata folla di future mamme si nascondesse un grande statista, un avvocato di grido, un talentuoso ingegnere? Grazie al Dottor M.M. e a tanti (tantissimi) suoi simili forse non lo sapremo mai.

Il gesto di Paola non può certo risolvere il problema e, senza dubbio, non sarà nemmeno rivelatore di un disagio ignoto: tutti sappiamo che essere donne vuol dire avere un gradino in più da salire, un ostacolo in più da superare, qualche cosa di extra da dimostrare. Ci piace però pensare che Paola sia in grado di ricordarci un paio di cose:

1 –  Viviamo in un mondo che ogni giorno propone ingiustizie con le quali, purtroppo, ci stiamo arrendendo a convivere

2 – Essere donne può voler dire anche non arrendersi a simili convivenze

Ci sembra doveroso dunque condividere la storia di Paola e, soprattutto, farlo con le sue stesse parole. Nella prossima pagina riportiamo dunque il post con cui questa giovane donna ha voluto raccontare la sua piccola esperienza di quotidiana ingiustizia: speriamo che vogliate dedicargli qualche minuto di riflessione. Non cambierete il mondo ma almeno sarete un po’ più orgogliose del vostro essere donne.

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