Referendum in Grecia: vince il no. Incognite sul futuro

I greci dicono no all’austerity.

Sostenitori del no al referendum in Grecia festeggiano la vittoria (LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)
Sostenitori del no al referendum in Grecia festeggiano la vittoria (LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)

Ore di passione in Grecia a seguito del referendum sulle misure chieste al Paese dall’Europa e dal Fondo Monetario Internazionale per continuare a ricevere gli aiuti economico-finanziari. A seguito delle difficili trattative tra le autorità europee, tedeschi in testa, e il premier greco Alexis Tsipras, quest’ultimo, a sorpresa, ha indetto una settimana fa un referendum popolare per chiedere ai suoi cittadini se accettare o meno il piano imposto dell’Unione europea. Il referendum si è tenuto ieri e i greci hanno risposto “no” a larga maggioranza. I no hanno vinto al 61,3% contro il 38,7% dei sì. Per la Grecia però la situazione si complica. La reazione dei tedeschi, Merkel in testa, è stata molto dura. Le ultime notizie da CheDonna.it.

I no vincono al referendum in Grecia

Si complicano le trattative tra la Grecia e gli altri Paesi dell’Unione europea dopo la vittoria del no al referendum in Grecia. Mentre ad Atene i sostenitori del no festeggiavano con caroselli di auto per le strade e bandiere nazionali sventolate a piazza Syntagma, arrivavano le reazioni infastidite di Bruxelles e Berlino. La vittoria del no “manda la Grecia contro un muro“, aveva commentato la cancelliera tedesca Angela Merkel, dopo l’esito del referendum, chiudendo alle trattative con il governo greco. Durissimo il commento del Presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, che ha definito la vittoria del ‘no’ “deplorevole per il futuro della Grecia”. “Per il risanamento dell’economia greca, sono inevitabili misure difficili e riforme”, ha ribadito il ministro delle Finanze olandese.

Sia Dijsselbloem che il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker sono i primi sconfitti del referendum greco, entrambi strenui sostenitori del sì alle misure imposte dall’Europa alla Grecia, avevano quasi terrorizzato i greci, minacciando con foschi scenari sul futuro del loro Paese. In un duro editoriale, Milano Finanza accusa Juncker di aver “perso la terzietà” che dovrebbe avere un presidente di Commissione europea, entrando a gamba tesa nel negoziato tra la Grecia e i suoi creditori. “Ora, per lui, si pone il problema dell’idoneità alla funzione di mediazione che, anche e soprattutto nella nuova situazione, egli dovrebbe svolgere”, scrive Milano Finanza accusando Juncker di aver dimostrato “partigianeria” e “insipienza”. Sconfitto, prosegue il giornale, è anche “l’altro ininfluente personaggio che presiede l’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, anch’egli schieratosi con pervicacia per il sì, incurante del ruolo di presidente, e del pari pronto a prospettare paurosi presagi per la vittoria del no. Dovrà a breve essere sostituito per la scadenza del mandato: è un’occasione importante per liberarsi di una nullità“.

Il quotidiano economico-finanziario punta il dito contro la rigidità dell’Unione europea: “Il referendum greco è, innanzitutto, una lezione per quella parte dell’Europa e dell’Eurozona che pretenderebbe di averne la leadership, senza tuttavia possederne, poi, le capacità e le responsabilità, ancora, comunque, rigidamente attestata  sulla linea di una politica economica di austerità talebana“.

Infatti, se il governo greco dovrà comunque avviare delle riforme necessarie, a partire dal contrasto all’evasione fiscale dei greci più facoltosi, non si può continuare a chiedere ulteriori tagli ad una popolazione allo stremo, con le pensioni già ridotte di un terzo, le tasse aumentate, i servizi sociali drasticamente tagliati e una disoccupazione vicina al 30%, quella giovanile sopra il 50%. Lo stato dell’economa greca è emblematico del fallimento palese delle politiche ottuse e suicide di austerità imposte dalla famigerata troika, Ue-Bce-Fmi, che hanno aggravato la crisi della Grecia invece di risolverla.

La gestione della crisi greca

Nella sua gestione della crisi greca, il Fondo Monetario Internazionale diretto dalla francese Christine Lagarde, ex ministro delle finanze di Sarkozy, è stato criticato anche dal Congresso degli Stati Uniti. L’improvvisa solidarietà degli Usa alla Grecia è ovviamente interessata: c’è il timore che se la situazione greca non viene risolta si possa correre il rischio di una crisi molto più grave, non solo in Gre­cia ma anche in Europa e nell’economia glo­bale, mettendo in pericolo la stessa ripresa degli Stati Uniti. Per questo il Congresso Usa ha intimato a Lagarde di tro­vare una solu­zione sulla Grecia: “È urgente che si dimo­stri la fles­si­bi­lità pro­messa ai fini di evi­tare un default o altre impre­ve­di­bili conseguenze”, ha avvertito il Congresso.

Nel frattempo, incredibilmente, il centro studi dello stesso Fondo Monetario internazionale, pubblicava il 2 luglio uno studio in cui si afferma chiaramente e senza ombra di dubbio che il debito greco è insostenibile. La Grecia non può pagare il proprio debito, schiacciata da una recessione che dura da troppo tempo e che le misure di austerità pretese dall’Unione europea hanno peggiorato. Una realtà che è sotto gli occhi di tutti, ma che le istituzioni europee e i Paesi del Nord Europa, Germania in testa, si rifiutano di voler accettare. Secondo questo studio dell’Fmi, non solo le politiche adottate finora nei confronti della Grecia devono cambiare, ma occorre anche esten­dere le sca­denze dei paga­menti, portando il periodo di gra­zia a 20 anni, ed è inevitabile ese­guire una ristrut­tu­ra­zione del debito con tagli del 30%, mentre il Paese ha bisogno di un nuovo finan­zia­mento euro­peo di almeno 50 miliardi nei pros­simi tre anni.

Sulla Grecia, insomma, è tutto da rifare e quello che più sorprende è che il centro studi dell’Fmi dà ragione al premier greco Tsipras e al suo ministro delle Finanze Varoufakis, che da tempo chiedono la ristrutturazione del debito greco. Ma è la Germania che finora si è sempre opposta e anche oggi, all’indomani del referendum greco è tornata a ripetere il suo “nein” alle richieste di ristrutturazione del debito di Atene, oltre a chiudere sulle trattative. Una presa di posizione molto dura e netta che è arrivata non solo dai conservatori di Angela Merkel, ma anche dai socialisti che siedono nel governo tedesco di coalizione e perfino dal Presidente del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, che pure in un primo momento aveva dato maggiori segnali di apertura nei confronti del governo greco.

Il motivo di una così strenua chiusura della Germania nei confronti della ristrutturazione del debito greco è presto spiegata: se questa fosse concessa alla Grecia, presto potrebbero chiedere un taglio del proprio debito anche altri Paesi europei come la Spagna e soprattutto l’Italia, che ha quasi 2.200 miliardi di debito pubblico. Una ipotesi che fa semplicemente inorridire i tedeschi.

Nell’attesa che si prendano decisioni sulla Grecia, mentre fremono i contatti tra leader europei, con i telefoni bollenti da molte ore, oggi a Parigi è stato fissato un incontro d’emergenza tra il presidente francese François Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Segno di come le decisioni più importanti per l’Europa siano prese da Francia e Germania. Per domani è invece in programma un summit dell’Eurozona a Bruxelles.

All’indomani della vittoria del ‘no’ al referendum, il Ministro greco delle Finanze Yanis Varoufakis ha annunciato a sorpresa le sue dimissioni. Una decisione che è stata fatta per agevolare le trattative tra il governo di Atene e l’Unione europea. è stato spiegato. La Germania, però, dopo il referendum ha chiuso ogni negoziato. Dovrà essere il presidente francese Hollande, più possibilista su questo fronte, a dover convincere Merkel alla riapertura delle trattative.

“Abbiamo dimostrato che la democrazia non può essere ricattata. Il ‘No’ non è una rottura con l’Unione Europea. I greci hanno fatto una scelta coraggiosa, che cambierà il dibattito in Europa”, aveva detto ieri sera in tv Alexis Tsipras dopo la vittoria al referendum.

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