Pensione 2026: dai 5 ai 43 anni di contributi, ecco tutte le possibilità per chi vuole smettere di lavorare.
Andare in pensione non è semplice, tra riforme che cambiano all’improvviso, finestre d’uscita che si aprono e si chiudono nel giro di un anno e requisiti che sembrano un rebus, il lavoratore medio si trova spesso spaesato. La domanda però resta sempre la stessa: quanti contributi servono davvero per smettere di lavorare e ricevere un assegno nel 2026?
La risposta non è unica, dipende dal percorso lavorativo, dall’età e dal tipo di pensione che si vuole (o si può) ottenere. C’è chi riesce a uscire con soli cinque anni di contributi, chi deve raggiungere quota 43 e chi, in casi particolari, può persino contare sull’assegno sociale senza aver mai versato un giorno. Prima di entrare nei dettagli, va ricordato che in ogni caso il diritto alla pensione è sempre legato a due elementi: l’età anagrafica e gli anni di versamenti. Salvo poche eccezioni, l’uno non funziona senza l’altro.
La prima via è quella più “minima”: la pensione di vecchiaia contributiva. Nel 2026, chi ha accumulato almeno 5 anni di contributi dopo il 1995 potrà ritirarsi dal lavoro a 71 anni, senza particolari vincoli sull’importo dell’assegno. Una misura pensata per chi ha carriere discontinue o è entrato tardi nel mondo del lavoro.
Il requisito che molti considerano “standard” resta però quello dei 20 anni. Con questa soglia si aprono diverse possibilità:
C’è poi chi può lasciare il lavoro senza guardare all’età. È il caso della pensione anticipata ordinaria, che richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. A questi va aggiunta una finestra di tre mesi, motivo per cui spesso si arriva a superare di fatto i 43 anni di lavoro.
Restano attive anche alcune deroghe e percorsi speciali. Tra questi:
Più incerto il destino di Opzione Donna: nel 2025 dovrebbe restare attiva con 35 anni di contributi, ma non ci sono garanzie che sarà confermata anche nel 2026.
Il quadro mostra chiaramente come la pensione non sia una sola, ma tante, ognuna con regole e limiti diversi. Quel che è certo è che i contributi rappresentano sempre la base: possono essere riscattati, ricongiunti o rivalutati, ma non ignorati. E nel 2026, chi avrà la fortuna o la costanza di averne accumulati abbastanza, potrà finalmente scrivere la parola “fine” alla propria vita lavorativa.