Ricordate la notte dell’attentato a Maurizio Costanzo e Maria De Filippi? L’autista della loro macchina torna a parlarne raccontando alcuni rivelazioni da brividi.
Non poco tempo fa è stata riportata alla luce la notizia del presunto attentato condotto ai danni di Maurizio Costanzo e Maria De Filippi. Era il lontano maggio 1993 quando marito e moglie si trovavano sulla loro vettura, un’auto a noleggio (NCC, noleggio con conducente) in procinto di ritornare a casa dopo la registrazione di una puntata del Maurizio Costanzo Show.
All’epoca dei fatti, Maurizio era fortemente impegnato nelle sue trasmissioni nella lotta contro la mafia, motivo per il quale Totò Riina aveva deciso che Costanzo dovesse morire, al pari degli attentati precedenti ai danni di Falcone (23 maggio 1992) e Borsellino (19 luglio 1992).
Dopo l’omicidio di Libero Grassi, insieme a Michele Santoro, Maurizio realizzò una maratona televisiva a reti unite Rai-Fininvest dedicata alla lotta alla mafia. I toni furono aspri (fu bruciata in diretta una maglietta con scritto Mafia made in Italy). Inoltre, Maurizio Costanzo era molto amico con Giovanni Falcone, il giudice infatti era stato presente più volte alle sue trasmissioni per interviste o dibattiti.
Questa amicizia sicuramente fu un fattore scatenante che pose lo stesso Costanzo, come Santoro, fra i paladini “mediatici” della lotta contro la mafia. Ma Maurizio Costanzo e Maria De Filippi si salvarono dalle sorti toccate a Falcone e Borsellino grazie all’azione svolta dal loro autista, che a distanza di più di 25 anni è tornato a parlare dell’accaduto.
L’autista e l’azione che salvò la vita a lui e a Maurizio Costanzo e Maria De Filippi
Se la storia di Maurizio Costanzo e Maria De Filippi è andata diversamente lo si deve sicuramente anche all’autista NCC, Stefano Degni.
In un intervista rilasciata a Fabrizio Peronaci, l’autista dimostra di avere bene in mente ogni singolo dettaglio di quell’evento anche se sono trascorsi numerosi anni: “Era un venerdì. Domenica si giocava la finale degli Internazionali di tennis e lei mi chiese se potevo accompagnarla”.
Poi ricadde sul fianco. Mi colpì Costanzo. Capì subito cos’era successo e con grande calma disse: “Mamma mia, questa era per me”.
Secondo le parole di un pentito, l’attentato fallì perché non avevano riconosciuto la macchina, ma invece secondo Stefano Degni c’è un’altra versione. Il motivo per cui l’attentato fallì, per l’autista, fu un altro: “Gli esecutori materiali attendevano un segnale preciso – si legge nell’intervista – l’accensione degli stop, provocata dalla mia frenata prima di girare in via Boccioni, esattamente nel punto in cui era posizionata l’auto-bomba”.
Ma le cose andarono diversamente: Stefano Degni non freno, ma rallentò col “primino”, ossia innestando la marcia più bassa e, invece di frenare, alzando il piede dalla frizione. Tanto bastò: “Questo li ha confusi. Me l’ha confermato un funzionario della polizia scientifica. Uno o due secondi decisivi”.
Dopo l’esplosione, tuttavia, l’incubo non era ancora finito. Stefano Degni era ferito (con lui altre 22 persone nei dintorni), ma uscirono tutti e tre dall’auto. Rifugiati dentro un palazzo, videro “un uomo con la barba e i capelli scuri, che imbracciava una mitraglietta.
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Si avvicinò per controllare se eravamo morti”. Un’ulteriore riprova che l’intuizione di Maurizio Costanzo era esatta: quella bomba era destinata a lui: “Era uno degli attentatori. Quasi certamente incaricato, se fosse servito, di dare il colpo di grazia”. Le sirene dei soccorsi, tuttavia, lo misero in fuga.