Covid-19, lo studio islandese: “Bambini contagiano la metà degli adulti”

Nuove prove che scagionano i più piccoli dall’essere super diffusori del Covid-19. Secondo un recente studio islandese: “I bambini si infettano e contagiano la metà degli adulti”.

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Per riflettere sulla chiusura delle scuole in tutto il mondo arriva un nuovo studio che scagionerebbe i bambini, ancora una volta, dall’essere super diffusori del Covid-19.

Un maxi studio islandese, a cui si è aggiunta pochi giorni fa anche un’altra ricerca condotta in Gran Bretagna e pubblicata su ‘The Lancet Infectious Diseases’, avrebbero le prove che negli asili e nelle scuole esisterebbe un basso rischio di focolai.

Tali ricerche vanno aggiungersi ad una lunga lista di lavori in questo senso e pongono degli interrogativi in merito alla chiusura delle scuole. Scopriamo di più.

I risultati dello studio islandese sui bambini e il Covid-19

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Che i bambini non siano le vittime preferite del Coronavirus, gli esperti lo hanno ormai ribadito più e più volte, supportati anche da relative ricerche scientifiche. Non solo, oltre che ammalarsi meno rispetto ai grandi sono anche meno contagiosi.

A tal proposito vi abbiamo dato conto di alcuni interessanti studi, non da ultimo quello australiano-tedesco che afferma che nei bambini i sintomi della malattia sono più lievi. 

Ma anche un altro recente studio americano che sostiene che il Covid-19 infetta solo il 4% bambini.

Ora ad avallare ancora di più questa tesi c’è un nuovo studio che arriva direttamente dall’Islanda i cui risultati sono stati resi noti da ‘National Geographic’. Un lavoro firmato con la Direzione nazionale della salute e ‘deCODE genetics’, una società di genomica umana a Reykjavik.

“I ricercatori, si legge su Adnkronos, hanno monitorato tutti gli adulti e i bambini messi in quarantena dopo una potenziale esposizione al virus, nel corso della passata primavera, utilizzando il tracciamento dei contatti e il sequenziamento genetico per tracciare i collegamenti tra i vari cluster di focolai”.

Prese dunque a campione 40mila persone su cui gli esperti hanno rilevato che tutti i pazienti sotto ai 15 anni avevano circa la metà delle probabilità di essere infettati e di trasmettere il virus ad altri, rispetto agli adulti”. 

E notizia ancora più clamorosa è che: “quasi tutte le trasmissioni di coronavirus ai bambini provenivano da adulti”. 

Ciò non significa che i bambini non si contagino e non trasmettono il Coronavirus ma lo fanno in misura minore, circa la metà in meno rispetto agli adulti. 

Questo studio va a sommarsi ai tanti altri che scagionano i piccoli dall’essere considerati degli ‘untori’ e anzi potrebbero aiutare a prendere decisioni che non vadano a danneggiare i più piccoli con continue interruzioni scolastiche.

Non solo, anche i centri per il controllo e la prevenzione delle malattie statunitensi la settimana passata hanno raccomandato che le scuole devono essere “le ultime strutture a chiudere” e “le prime a riaprire”.

Se il contagio aumenta dentro a una comunità anche i rischi nelle scuole aumentano. Negli Stati Uniti infatti non essendo riusciti a contenere il virus, le scuole, fino all’ultimo anno delle superiori, hanno segnalato più di 313mila casi di Covid-19 al 10 dicembre.

Esempio diametralmente opposto l’Islanda, dove invece le scuole elementari non hanno mai chiuso, mentre le superiori sì, nel corso delle prima ondata quando era al culmine. I dati di settembre hanno dato sostegno all’idea che i più piccoli possano ammalarsi meno e infettare meno rispetto agli adulti.

Inoltre, non tutte le fasce d’età rispondono allo stesso modo al Covid-19. Uno studio cinese pubblicato su ‘Science’ ha messo in luce che i bambini sotto ai 12 anni avevano meno possibilità di ammalarsi dopo essere stati esposti rispetto a quelli più grandi.

Tale studio ha scoperto anche che durante il lockdown la trasmissione in famiglia era più alto, rispetto ai contesti scolastici. 

Una volta isolati i casi positivi e i contatti messi in quarantena la catena di trasmissione si spezzava. Questo suggerisce che con interventi mirati si può aiutare a fermare epidemie più ampie anche nelle scuole. 

Lo studio condotto in Gran Bretagna ha messo in evidenza che le riaperture parziali delle scuole tra giugno e luglio erano associate a basso rischio di casi. Su oltre 57mila scuole e asili nido, lo studio ha rilevato solo 113 casi singoli, 9 casi co-primari e 55 focolai associati.

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Inoltre, si legge su Adnkronos, “questi casi erano fortemente correlati con i tassi di infezione locale, dimostrando quanto sia importante ridurre la trasmissione nella comunità per mantenere le scuole sicure“. E ancora I bambini – hanno assicurato gli autori – non sono i driver della malattia. Mentre è più facile per le persone tra i 20 e i 30 anni innescare epidemie che poi si estendono sia agli anziani che ai bambini”.

Di recente anche in Germania, in particolare in Baviera, sono stati testati migliaia di bambini e i dati emersi fanno eco a queste conclusioni.

(Fonte: Adnkronos.com)

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