Crisi Covid: a Palermo le tasse si pagano col cibo avanzato

Crisi Covid, arriva da Palermo un’insolita protesta. I commercianti pagano le tasse comunali col cibo avanzato in bar e ristoranti e la merce invenduta dei magazzini. “Non abbiamo più liquidità” fanno sapere

A Palermo i commercianti pagano le tasse con la merce invendua
Covid, commercio al collasso (Getty Images)

Crisi Covid: è allarme liquidità in Italia. Da Nord a Sud i negozi non incassano quasi più e si fatica ad onorare le scadenze fiscali. Una situazione complessa, che va avanti da mesi, e chissà quando finirà. A tutto questo i commercianti di Palermo dicono basta, con un’iniziativa davvero insolita.

Quella a cui hanno pensato è una protesta composta ma di grande impatto. Tutti insieme, hanno deciso di pagare le tasse comunali (Tari inclusa), utilizzando sia la merce invenduta dei magazzini che il cibo avanzato in bar e ristoranti.

Se le attività commerciali non incassano più, allora non ci sono neppure i soldi per pagare le tasse. Questo, in estrema sintesi, il pensiero degli esercenti del capoluogo siciliano.

“Non abbiamo più soldi e, allora, paghiamo così” – così ha commentato un esercente in collegamento con Fuori dal Coro condotto da Mario Giordano. Parole forti e cariche di rabbia, pronunciate tenendo fra le mani un vassoio pieno zeppo di rustici invenduti del suo bar, utilizzati come “moneta contante” per pagare la Tari.

Il disagio dei commercianti di Palermo è lo stesso patito in altre regioni d’Italia. Interi comparti sono al collasso. Si pensi a quello turistico che da solo, includendo tutti i vari indotti, vale circa il 13% del Pil nazionale. Le cose non vanno meglio per le città votate all’accoglienza dei pellegrini come Assisi, dove i piccoli negozi di souvenir sono sull’orlo del fallimento.

C’è poi il dramma di ristoranti e pizzerie, ferme al palo da mesi. Andare avanti solo con l’asporto non basta a coprire neppure le spese. Per loro, qualche fondo perduto è arrivato, ma non è sufficiente a ripagare delle perdite ingenti. Lo sa bene Giuseppe, figlio della signora Assunta, titolari di uno storico ristorante a Napoli.

“Ieri, un mio dipendente – ha commentato il giovane imprenditore con Mario Giordano – mi ha detto che non riesce più a pagare l’affitto di casa e le bollette. Io, Giuseppe, e non il Giuseppe che tutti conosciamo e che dovrebbe risolvere questi problemi, ho messo mano alla mia tasca per dare un aiuto”.

Il 2020 sta per concludersi ma il bilancio per le attività commerciali è preoccupante. Stando alle stime, entro la fine dell’anno, circa 20mila negozi potrebbero chiudere definitivamente.

Futuro a tinte fosche anche per il Pil italiano. Dopo la netta contrazione del 2020 stimata a -9,1%, si dovrebbe avere un primo aumento del 4,3% nel 2021 e un altro del 3,2% nel 2022. Queste le previsioni al condizionale formulate dall’Ocse.

Crisi Covid: a Pordenone l’unico pub che ‘sfida’ il Governo

Crisi Covid, bar e ristoranti in difficoltà (Getty Images)
Crisi Covid, bar e ristoranti in difficoltà (Getty Images)

La situazione economica è drammatica e le reazioni sono diverse. C’è chi rispetta  restrizioni e divieti e chi, invece, opta per una pacifica disobbedienza civile, come nel caso del gestore di un pub a Pordenone.

Il titolare ha deciso di lasciare la serranda aperta, ‘sfidando’ il Dpcm del Governo centrale. I clienti, seppur nel rispetto delle precauzioni raccomandate, possono entrate e consumare.

“Siamo qui per dare il nostro contributo, correndo il rischio di prendere una multa” – così ha commentato una donna, cliente affezionata del pub come tanti altri.

Intanto, proprio in queste ore, monta la polemica per alcuni codici Ateco esclusi dal DL Ristori quater. E’ il caso degli ingrossi di bomboniere (con merce invenduta da mesi a causa dello stop prolungato alle cerimonie). In via generale, il documento pubblicato in Gazzetta Ufficiale, pensa di più al commercio al dettaglio.

E’ confermata l’impostazione del DL precedente. L’ unica novità è l’ingresso tra i beneficiari dei contributi a fondo perduto delle imprese e dei professionisti che hanno subito un calo consistente dei ricavi nel 2020 rispetto al 2019, indipendentemente dall’attività svolta.

A Pordennone un pub resta aperto sfidando il dpcm
Commercianti in protesta (Getty Images)

Queste alcune delle ultime misure varate dal Governo. Basteranno? Chissà. Intanto, prima ancora che si faccia in tempo a leggere tutto il testo del nuovo Decreto Ristori, il quarto in ordine di tempo, già si pensa al quinto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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