La pandemia da COVID-19 ha accentuato le differenze di genere. Le recenti statistiche a livello europeo lo confermano: i dati.

La pandemia è (anche) una questione di numeri: la letalità del COVID-19 passa persino dalle cifre – fredde, inimmaginabili e preoccupanti – delle vittime e dei contagiati che, nostro malgrado, aumentano ogni giorno di più in diverse parti d’Europa e del mondo: mentre c’è chi è già pronto ad un nuovo lockdown, altri preferiscono aspettare e valutare la situazione. Al momento l’ottimismo è poco, così come il tempo. Quindi occorre basarsi su delle statistiche accurate in grado di tracciare una mappatura del disagio per capire dove ed entro quanto è importante agire.
Un riscontro in tal senso prova a darlo Eige – l’Agenzia Europea dedicata alla Parità di Genere – che evidenzia quanto questo virus (apparentemente democratico) faccia pagare un prezzo più alto alle donne, rispetto agli uomini, nella quotidianità: non è certo colpa del patogeno in sé, bensì della disorganizzazione – a più livelli – che offre il tessuto economico e sociale in alcuni settori.
Coronavirus: mortalità più alta negli uomini, le donne pagano di più in termini di pressione sociale

Nello specifico, i dati dimostrano che il tasso di mortalità da Covid è più alto, in termini di paragone, per gli uomini: loro muoiono di più, ma le donne che resistono maggiormente incontrano difficoltà ulteriori nella vita di tutti i giorni a causa di alcuni meccanismi che sono andati ad instaurarsi nella quotidianità. Partiamo, però, da un assunto rassicurante: “Uomini e donne, in Europa come anche in Italia, beneficiano condizioni di salute simili e un simile accesso ai servizi sanitari”. La parità nell’accesso alle cure mediche, tuttavia, va a scontrarsi con tutta una serie di fattori correlati che potrebbero, in diverse parti d’Europa, segnalare un’inversione di rotta nella parità di genere.
Vale a dire che la pandemia ha causato (anche) un maggiore impatto a livello di stress e salute mentale che si ripercuote in particolar modo su donne e madri single per tutta una serie di disparità (che vanno dal lavoro alla gestione personale) coinvolgendo diversi ambiti, come spiega ampiamente Davide Barbieri dell’ufficio statistica di Eige su Repubblica: “Una condizione sfavorevole, questa, data dalla chiusura di scuole e asili nido e perpetuata dalla divisione squilibrata delle responsabilità assistenziali all’interno della famiglia”. Poi Barbieri offre una potenziale soluzione al problema: “È più che mai necessario l’adozione di un approccio di genere nello studio degli effetti che la pandemia avrà sulla salute fisica e mentale degli europei”.
Il COVID-19 mina la parità di genere: le statistiche dopo la pandemia
Gli fa eco la dottoressa Baggio, fra i membri del Cts, che però rassicura: “L’Italia, tramite Istituto Superiore di Sanità, è uno dei pochi paesi al mondo ad aver raccolto e riportato i propri dati disaggregati per sesso e genere. Questo ci offre un vantaggio nella comprensione della malattia e nella formulazione delle terapie”. Il nostro Paese, dunque, è in fase di miglioramento ma i risultati non sono ancora sufficienti per garantire una piena equità sotto ogni aspetto: ad esempio c’è ancora un problema nei ruoli di vertice, sono sempre meno le donne che ricoprono ruoli apicali.
Tradotto in numeri vuol dire: “L’Italia, con i suoi 63.5 punti, si colloca al quattordicesimo posto, 4 punti sotto la media europea (pari a 67.9 punti)”. Questo è quanto riporta il Gender Equality Index che, sempre dalle pagine di Repubblica, attesta come le donne in ambito lavorativo e carrieristico godano – ancora oggi – di minor considerazione. Guadagnano, infatti, a parità di ruolo, il 18% in meno rispetto ad un collega.
Svezia, Danimarca e Francia prime della classe per parità di genere: i dati
Le madri, infatti, guadagnano il 34% in meno rispetto ai padri: “Il salario medio è del 29% inferiore a quello dei padri single. Infine, le donne con disabilità guadagnano il 28% in meno degli uomini con disabilità”. Promosse a pieni voti, invece, realtà come Svezia, Danimarca e Francia che continuano ad emergere in quanto eccellenze nella parità di genere: “Rispettivamente con 83, 77 e 75 punti sono i Paesi che più si avvicinano al traguardo”, sottolinea l’agenzia.
“Lo dicono ormai da tutte le parti, donne che contano e che sanno far di conto. E lo chiede con forza una rete trasversale di donne”. @paola_tavella su @IOdonna @Corriere pic.twitter.com/sxCpTr1Khw
— #DallaStessaParte (@DallaStessaPar1) September 27, 2020