Svizzera, allarme anziani: fuori dalle terapie intensive troppo piene

In Svizzera la seconda ondata di Coronavirus sta provocando grandi preoccupazioni: con migliaia di nuovi casi segnalati ogni giorno si potrebbe ricorrere a misure estreme nella gestione dei casi.

bandiera svizzera
(Pixabay)

Nella sola giornata di ieri 25 Ottobre 2020 nuovi casi di Coronavirus registrati in Svizzera sono 6.592. Questo porta sul tavolo delle questioni urgenti il problema del protocollo medico da seguire nel caso in cui le terapie intensive non riuscissero ad accogliere tutti i pazienti che hanno bisogno di essere intubati.

Le misure da adottare in un caso di estrema emergenza sono già note da Marzo ma finora la loro applicazione non si è mai rivelata necessaria. Purtroppo però, data la gravità della nuove situazione i medici si potrebbero vedere costretti a fare scelte pesantissime dal punto di viste etico.

La stessa cosa potrebbe accadere in un qualsiasi altro paese del mondo, Italia compresa, se i numeri dei contagi non dovessero tornare a calare e con essi i pazienti davvero gravi che necessitano di terapia intensiva.

Anziani fuori dalle terapie intensive: la durissima (ma necessaria) decisione della Svizzera

anziani
(Istock)

Se i pazienti giovani o molto giovani che necessitano di terapia intensiva dovessero continuare ad aumentare di numero, questo imporrebbe alla sanità svizzera così come a quella di tutto il mondo di scegliere a chi destinare le proprie cure.

Il codice deontologico dei medici svizzeri è molto chiaro in materia di gestione delle risorse di emergenza nei vari ospedali. Secondo le norme attualmente in vigore in Svizzera un medico può decidere di non curare in terapia intensiva gli anziani di età superiore agli 85 anni qualora i posti liberi fossero molto scarsi e ci fosse la necessità di curare pazienti più giovani.

Il protocollo che fornirà ai medici svizzeri tutte le indicazioni per agire in situazioni di emergenza e far fronte a problemi di  natura etica e morale è stato pubblicato in data 20 Marzo 2020 dall’Accademia Svizzera delle Scienze.

A rimanere necessariamente fuori dalle terapie intensive anche le persone con più di 75 anni che presentino patologie gravi come cirrosi epatica, insufficienza renale cronica al terzo stadio, sopravvivenza stimata di meno di due anni.

L’introduzione al fascicolo, che si compone di sole otto pagine, chiariscono immediatamente perché si è dovuto procedere alla formulazione di regole precise, al fine di salvaguardare non solo la salute delle cittadinanza ma anche la professionalità dei medici. “A causa della rapidità di diffusione del Coronavirus si è venuta a creare una situazione straordinaria che determinerà un massiccio afflusso di pazienti negli ospedali per malattie acute. Se le risorse a disposizione non sono sufficienti occorre prendere decisioni di razionamento”.

I criteri di razionamento, purtroppo, non sono molto diversi da quelli che venivano applicati in tempo di guerra mentre le risorse alimentari scarseggiavano. A ogni famiglia veniva assegnata una quantità determinata di alimenti, e spesso veniva fornita una quantità di cibo maggiore alle famiglie che comprendevano giovani in forze e in salute, che avrebbero cioè potuto svolgere mansioni e lavori utili alla comunità. Agli anziani e ai malati, purtroppo, era necessario destinare meno risorse alimentari possibili per evitare che “andassero sprecate”.

Allo stato attuale delle cose l’emergenza sanitaria legata al Coronavirus impone che si proceda con un sistema simile anche al razionamento delle risorse sanitarie che uno Stato può mettere in campo per la cura dei suoi cittadini.

Per evitare che anche in Italia si finisca per ricorrere a protocolli medici simili sarà assolutamente necessario non portare al collasso le terapie intensive esistenti e possibilmente sostenere a livello economico la nascita di nuovi reparti di intensiva.

Secondo i dati ufficiali, forniti dal Ministero della Salute, in Italia possiamo contare su 518 strutture ospedaliere pubbliche e 482 strutture private, che fino al 2018 potevano mettere a disposizione dei cittadini 5.090 posti letto. 

Grazie agli investimenti previsti dal governo sono stati costruiti negli ultimi mesi altri 1.279 nuovi posti letto in intensiva, che però costituiscono solo la metà di quelli che erano stati previsti inizialmente dal Decreto Rilancio.

Attualmente in Italia i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 1.284. Ne consegue che il nostro paese è ancora molto lontano dal collasso sanitario ma non si può escludere che nei prossimi mesi non si verifichi una situazione drammaticamente simile a quella prevista dall’Accademia Svizzera delle Scienze all’inizio della pandemia.

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