D614G, l’unica vera mutazione del Covid-19 che lo ha reso più contagioso

Il virus è mutato? Il termine mutazione legato all’evoluzione del Covid-19 è quantomai di uso corrente ma la verità è che una sola mutazione è ufficialmente avvenuta, quella catastrofica nota come D614G.

mutazione covid-19
Foto da Pixabay

Da tempo oramai la parola “Covid-19” viene associata al termine “mutazione”.

“Il virus è mutato ed è meno aggressivo” oppure “il virus è mutato ed è più contagioso” o ancora “il virus è mutato e ora attacca i più giovani”.

Ma quante mutazioni ha conosciuto il Covid-19? A quanto pare solo una.

D614G, così si chiama l’unica mutazione che la comunità scientifica a internazionale riconosce ufficialmente nella storia del Coronavirus.

E le altre? Ancora una volta sono solo ipotesi prive di fondamento.

L’unica vera mutazione del Covid-19

studio covid-19 mutazione
Foto da Pixabay

«Il virus non è mutato ma ha perso carica», affermava a inizio estate Alessandro Zangrillo, primario di Anestesia e rianimazione generale del San Raffaele di Milano balzato agli onori della cronaca in questa pandemia per aver bollato il Coronavirus come “clinicamente morto” dopo il lockdown.

Il medico di fiducia di Silvio Berlusconi non è stato però l’unico a invocare sospette e non meglio precisate mutazione nell’evoluzione del Covid-19: c’è chi ha addirittura detto che il virus ha imparato a superare le mascherine, chi ha detto che sarebbe diventato più vulnerabile anche agli anticorpi, chi ha ipotizzato che possa sopravvivere al lavaggio delle mani. Ma è possibile tutto ciò?

“Il virus muta per definizione. Un virus è un parassita e, nel momento in cui infetta un ospite, inizia a mutare per andare in equilibrio con il sistema immunitario di chi lo ospita, per cercare di parassitarlo. In questo virus sono state descritte molte mutazioni, ma la maggior parte di queste erano transient. Cioè, non avendo alcuna utilità, il virus le ha perse quasi subito. Altre sono rimaste, come la D614G”

Così spiega con grande chiarezza la situazione il professor Massimo Ciccozzi, a capo dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Biomedico di Roma.

Ma in che cosa consiste la mutazione D614G? Si tratta di una mutazione che ha reso il virus più contagioso, cosa che è avvenuta quando il virus è uscito dalla Cina, arrivando così fino a noi e permettendo a questo ceppo di sconfiggere tutti gli altri.

La mutazione in quesitone fu osservata per la prima volta a gennaio 2020 in Cina, in tre genomi e in Germania in un genoma di origine cinese. Ciò fa pensare che la mutazione abbai avuto origine in Cina, dove però è rimasta largamente minoritaria rispetto al tipo originario (wild), D614. La diffusione della variante D614G viene infatti comunemente associata alla diffusione del virus in Europa. Qui, già alla fine di febbraio, si mostrava come preponderante. Alla fine di marzo, la mutazione era presente nel 70% dei genomi in Europa e nel 60% di quelli della costa atlantica degli USA, esposta all’importazione di virus dall’Europa.

E tutte quelle attuali vici circa un Covid-19 divenuto capace di superare le misure preventive da noi ideate come lavare le mani o indossare la mascherina? Decisamente poco credibili poiché un virus può evolvere per adattarsi meglio al contenuto ma certo non può metter in atto un piano per sopravvivere ad azioni meccaniche, come il lavarsi le mani. Ancor più improbabile il ragionamento rispetto alla mascherina che certo non blocca il virus bensì le goccioline di saliva a cui esso si lega.

studio coronavirus
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Piuttosto che assistere alle mutazioni dunque sembra che le abbiamo ereditate: ciò che oggi osserviamo e interpretiamo come mutazione non è dunque che una serie di nomali variazioni, aggiustamenti a volte solo momentanei e spesso addirittura apparenti. Più che mutare il virus, muta infatti il contesto in cui esso opera dando luogo a scenari mai uguali tra loro.

Occhio dunque a parlare di “mutazioni“.

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