Cassazione: inviare foto hard a minori su Whatsapp è reato di violenza sessuale

È arrivata la conferma da parte della Cassazione: inviare foto hard ai minori su Whatsapp è considerato violenza sessuale anche se non c’è il contatto fisico.

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L’invio di materiale hard ai minori di 18 anni è considerato una vera e propria violenza sessuale.

Il caso | Parla la Cassazione

Con l’invio di materiale hard a minori su Whatsapp scatta il reato di violenza sessuale di cui all’articolo 609 bis del Codice Penale. Lo ha stabilito la terza sezione penale della Cassazione con la sentenza 8 settembre 2020, 25266 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione.

La Cassazione si esprime nuovamente per delimitare e circoscrivere la portata di ciò che è definibile “violenza sessuale”. Lo scorso aprile si era espressa sul non considerare come aggravante se la vittima assume droga e alcool spontaneamente.

I supremi giudici hanno respinto il ricorso presentato da un giovane indagato “per aver scritto messaggi WhatsApp allusivi e sessualmente espliciti ad una ragazza minorenne” costringendola, inoltre, sotto minaccia di pubblicare la chat su altri social e a ricevere foto hard dello stesso.

La violenza sessuale è “pienamente integrata”, anche in assenza di contatto fisico con la vittima.

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La violenza sessuale sussiste ed è “pienamente integrata” anche in assenza di contatto fisico con la vittima in quanto seppur “gli atti sessuali coinvolgono la corporeità sessuale della persona offesa e sono finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale”.

Inoltre con la sentenza confermano la custodia cautelare in carcere per l’indagato – si ravvisano gravi indizi di colpevolezza del reato contestato “nell’induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali, i gusti erotici, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat”.

Don Di Noto (Meter): “Una violenza sulla violenza: virtuale e reale”

Un passo da gigante nella lotta contro la violenza sessuale e contro la pedo pornografia. Secondo il fondatore di Meter, don Fortunato Di Noto, negli ultimi anni ci sono state circa 65mila denunce, 80 milioni di materiale hard tra foto e video spedito e durante il lockdown – la segnalazione di oltre 350 gruppi social in cui ci si scambia di tutto.

Questa sentenza si colloca in un contesto importante, donando uno spiraglio di luce a una questione altamente delicata e controversa, ma indubbiamente non basta. Di Noto ha dichiarato all’Adnkronos: “Credo che questa sentenza ribadisca ancora una volta che produrre e inviare foto hard ai minorenni rappresenta una violazione della dignità di bambini e adolescenti. La pedo pornografia è un atto criminale vero e proprio e le foto sono rappresentazione della vita reale dei minori. Una violenza sulla violenza: virtuale e reale, appunto. Si tratta di perpetrazione di abuso”.

 

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