Una tradizione vecchia 400 secoli. Utilizzate fin dal 1600 per la vendita al dettaglio in modalità “anti contagio” a causa della diffusione della peste nere. Sono state recuperate in tempo di Coronavirus.
Si tratta di una sorta di rivisitazione in chiave moderna di una tradizione medievale, recuperata per far fronte ai contagi e la diffusione del Coronavirus. La finestrella utilizzata in tempi remoti e che è stata rispolverata prende il nome di “Buchetta del vino”.
Il suo scopo? Vendere bottiglie, bevande e bicchieri di vino ai commensali evitando contatti diretti a causa della peste bubbonica o meglio conosciuta come peste nere o peste manzoniana.
Scopriamo qualcosa in più di questa tradizione
Già dal Cinquecento molti dei palazzi signorili di Firenze presentavano delle minuscole porticine ad un metro da terra. Queste porticine, chiamate anche finestrelle, tabernacoli o finestrini non erano altro che le Buchette del vino.
Tali Buchette nella struttura architettonica dei palazzi dei nobili di Firenze servivano per vendere un singolo bicchiere o delle intere fiaschette di vino, in cambio di un bel gruzzolo di monete sonanti. Ad ogni piccola porticina corrispondeva non solo uno stile architettonico ma anche un gusto diverso, in quanto rappresentava una finestra sul mondo delle varie cantine signorili.
L’usanza di vendere vino per strada dilagò a partire dal XVII secolo. In seguito agli stravolgimenti dei mercati europei che portarono ad un declino delle attività che avevano reso Firenze una città ricca e potente tra medioevo e Rinascimento. Fu nel XVIII secolo che vennero ampiamente utilizzati per “limitare i contagi” dalla diffusione della peste bubbonica.
Tutte le famiglie abbastanza ricche da avere delle tenute fuori città potevano vendere il vino ai viandanti attraverso queste caratteristiche buche. Ma queste porticine sul mondo avevano un duplice scopo in quanto erano pensate per tutti, ricchi e poveri. Difatti, proprio i più poveri e bisognosi potevano ricevere da tali buchette le eccedenze alimentari dei nobili.
Inoltre, queste piccole porte permettevano di vendere il vino con discrezione, evitando di ricorrere all’intermediazione degli osti e nel giro di poco tempo attirarono una vasta clientela. Difatti, in giro per la città si contano ancora 170 buchette del vino, di cui 145 nel territorio del centro storico.
La tradizione catapultata nei giorni d’oggi
Da anni non vengono più utilizzate, sono sempre chiuse e a volte sono state addirittura murate o inghiottite dalle ristrutturazioni degli edifici. Ma le Buchette del Vino stanno tornando in auge, agli antichi splendori.
Recentemente, ne è stata riaperta una situata in via Santo Spirito e sembrerebbe proprio che si stia puntando alla rivalutazione storico-culturale di questa tradizione medievale, riaprendole.
Sicuramente in tutto ciò assume un ruolo significativo il Coronavirus che per certi versi ricorda le vicende e le situazioni dell’Italia del 1600. Quando la peste bubbonica, la famosa peste del 1930, colpì con forza il Settentrione, il Granducato di Toscana e la Repubblica di Lucca causando innumerevoli morti.
Certo, le conquiste scientifiche, le conoscenze di cui disponiamo oggi, le invenzioni mediche e tecnologiche ci conducono verso altri scenari di vita. Ma alla fine dei conti, la storia è sempre quella che si ripete in corsi e ricorsi storici, come direbbe Gianbattista Vigo e l’effetto peste nera non è mai stato tanto più simile all’effetto coronavirus.