“Il delitto Mattarella” | La settima arte come veicolo di verità storica

“Il delitto Mattarella”, l’opera di Aurelio Grimaldi – al cinema dal prossimo 2 luglio – ricostruisce e indaga sull’assassinio di Piersanti Mattarella a quarant’anni dalla sua scomparsa.

David Coco alias Piersanti Mattarella (Cine1 Italia)
David Coco alias Piersanti Mattarella (Cine1 Italia)

Epifania significa, innanzitutto, rivelazione. Da questa verità, forse l’unica, vuole partire il regista Aurelio Grimaldi nel raccontare “Il delitto Mattarella”. La figura di Piersanti Mattarella rimanda, inevitabilmente, alla questione legata alle vittime di mafia perchè il compianto Presidente della Regione Sicilia negli anni Ottanta ha avuto soltanto la “colpa” di ficcare il naso dove non avrebbe dovuto: il suo motto era “Una Sicilia con le carte in regola” e non a tutti – anzi, quasi a nessuno – stava bene. Al punto che, ancora oggi, quando proviamo a ricordarlo attorno alla sua figura permane un alone di mistero e oblio.

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Proprio da questa trascuratezza storica, fatta di pseudo dimenticanze e omissioni volutamente messe in risalto parte il regista Aurelio Grimaldi che offre all’interno di questo film – portato avanti da un cast corale piuttosto assortito che va da David Coco a Tony Sperandeo, passando per Donatella Finocchiaro e Leo Gullotta, fino ad un inedito Sergio Friscia – una ricostruzione accurata degli eventi. “Il delitto Mattarella”, infatti, prova a rimettere insieme i pezzi di una vicenda scabrosa e complessa che dal 6 gennaio 1980 – l’Epifania, appunto, a scandire l’esigenza di rivelare, manifestare, dissenso e giustizia – ci ha privato di un uomo amante del proprio lavoro al punto da non tradirne l’etica e i valori come avrebbero fatto (e continuano a fare talvolta) suoi illustri colleghi.

“Il delitto Mattarella”, la ricostruzione storico-cinematografica di Aurelio Grimaldi

Il delitto Mattarella, una scena del film (Cine1 Italia)
Il delitto Mattarella, una scena del film (Cine1 Italia)

Grimaldi, in quasi due ore di girato, tesse una tela ben articolata che collega le diverse pedine di un mosaico entro una tesi che vede tutti gli interpreti complici di una massima efferatezza, senza sconti o rimpianti di sorta. “Il delitto Mattarella”, fra le altre cose, infatti, rappresenta al meglio un determinato tipo di indolenza (puramente italica) mista a timore reverenziale su cui si poggia, spesso, la coercizione della criminalità organizzata.

Da qui le grida, silenziose e garbate (per quanto un ossimoro del genere possa rispecchiare al meglio la tenacia e la volontà mai doma di una moglie e una donna animata da un’etica profonda e un lampante senso del dovere), di Irma Mattarella che sa e ha anche le prove di quanto accaduto al marito ma non viene creduta in sede processuale. In nessun frangente.

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Tante le omissioni che animano questa tragedia che unisce a doppio filo la criminalità organizzata siciliana con quella romana: la vita di strada si mescola con quella dei palazzi del potere, per creare un circuito meticcio di malaffare che parte dai vicoli della Sicilia fino ad arrivare alle sedi di partito a Roma e, se possibile, anche oltre. Sindona, con la sua parabola storico-sociale, insegna: il “finto ferimento”, il rifugio negli Stati Uniti, la latitanza.

Tutti dettagli che Grimaldi mette insieme con la precisione storica di chi, prima di girare, si è cibato di documenti ufficiali come fossero la cartina tornasole a cui affidarsi. Se c’è, infatti, un pregio de “Il delitto Mattarella” – nella sua versione cinematografica – è proprio l’accuratezza storica e didascalica che viene proposta agli spettatori con una chiarezza disarmante. Questo si dimostra essere un film militante ed enciclopedico, che ha il fine ultimo di far riflettere riaccendendo i riflettori sul destino beffardo di una figura celebre che, ancora oggi, sotto certi aspetti – i più importanti – rimane avvolta nel mistero. Grimaldi ha scelto, con coraggio e caparbietà, di addentrarsi in questa nube di esitazioni e paradossi legati a Piersanti Mattarella per restituirci qualche certezza.

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