Paola Cortellesi, in un video sempre più popolare sui social, recita Lettera al Padreterno, testo in dialetto romano in cui un uomo, stremato da Covid 19 chiede aiuto a Dio.
Che cosa ci sta insegnando la pandemia del Covid-19?
Sono in molti a chiederselo, studiosi e gente comune, tutti pronti a domandarsi se questo difficile periodo saprà cambiarci e, soprattutto, come. Miglioreremo, saremo persone più umili, più ematiche? Oppure ci allontaneremo, diverremo diffidenti, più isolati?
Difficile dare una risposta a tal punto che c’è chi si limita a rifarsi al Gattopardo esibendosi in un: “affinché tutto rimanga com’è occorre che tutto cambi”.
Se questi difficili mesi avranno o meno un significato più alto sembra dunque il canonico quesito senza una vera risposta: cambieremo? In meglio o in peggio? Chi può dirlo.
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Quel che è certo è che, al momento, un po’ di paura l’abbiamo. E si sa, quando l’uomo ha paura si rivolge a una forza superiore.
No, non stiamo parlando di mascherine e piogge di ammoniaca (strano vero?) bensì della vera forza superiore: Dio.
Già, perché se è vero che più passano gli anni più la fede vacilla è altrettanto vero che mai vi fu sprone più efficace della paura per riaccendere l’anima cattolica degli italiani.
Schiacciati, spaventati, smarriti e con le idee sempre più confuse, ci rivolgiamo allora a lui, all’altissimo e, aggrappandoci a quella fede rinnovata, facciamo ciò che sappiamo fare meglio: invochiamo il suo aiuto.
Certo, ognuno lo fa a proprio modo. Ci siamo riscoperti convinti fautori delle chiese aperte h24, sostenitori delle cerimonie che prima ritenevamo così noiose ma c’è poi anche chi, unendo l’arguzia dei poeti a una fede rinnovata, ha saputo spargere una nube di fascino su tutta questa storia.
Lettera al Padreterno Letta da Paola Cortellesi
Gira infatti sui social un video con protagonista Paola Cortellesi.
L’attrice è intenta a dar voce a una lettera, una missiva in cui corrono in dialetto romano le parole di un uomo pronto a invocare l’aiuto di Dio per porre fine a questa pandemia.
Le parole sono state scritte a quanto pare da un’amica di Paola Cortellesi e incarnano un vero e proprio mea culpa.
Chi scrive vuole far capire a Dio che il messaggio è giunto forte e chiaro: certo, ci è voluta una pandemia come da tempo non se ne vedevano, ma ora abbiamo capito. Abbiamo capito che siamo stati arroganti, distratti, superbi e capaci di dimenticare persino ciò che più ci rende umani, l’amore.
Probabilmente l’uomo non è la miglior creazione di Dio e ora l’ha finalmente capito. Ma basterà questo per ricevere l’aiuto sperato?
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Proprio come le formiche
Famo ponti, muri e dighe
C’affanniamo come pazzi
a fa le guerre, arma’ li razzi
bombardamo co li droni
li cattivi contro i boni.
S’adunamo poi a milioni
pe fa le rivoluzioni.
Controllamo da remoto
i satelliti e le foto de tempeste, de uragani, de cicloni e tsunami
lo capisci padrete’
che co ste opere imponenti
ste invenzioni divertenti
c’era parso de sape’
molte cose più de te.
Proprio come fa’ er pavone
co le piume tutte aperte
co quell’aria da sbruffone
l’homo sapiens se diverte a sfida’ madre natura
e senza n’ombra di paura
senza manco n’incertezza
che le spiagge le ha coperte de liquami
de monnezza.
Ha inquinato mari e fiumi
‘ndo li pesci so digiuni
tra la plastica e le cicche
tra tubetti di pasticche.
So’ bollenti le marmitte sull’asfalto che se squaglia
e pia foco come paja
che sto caldo eccezionale
fa fiori’ er pesco a Natale.
Poi co bombe e baleniere
ha purgato specie intere.
Le onde nostre nun so mare
so dei sonar
per stanare le creature degli abissi
che ce fanno i stoccafissi.
I piromani i conosci?
Ah, quelli incendiano li boschi
provocando le alluvioni, nubifragi e li monsoni.
Pure l’orsi so’ stremati,
che li ghiacci se so sciorti
e li lupi ormai affamati
stanno a valle
mezzi morti.
Padre mio, scusa li toni
ma lo so che me perdoni
si te dico francamente
st’omo tuo non vale niente.
Semo meno de no schizzo,
dello spruzzo su quel muro
e sapemo pe sicuro che ce basta no starnuto,
na risata con no sputo
che la vita è buio e vetro,
tutto in meno de un minuto.
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Boccheggiamo a testa indietro
ce trovamo da San Pietro
manco er tempo de un saluto.
Senza un bacio semo morti
n’animi più ottusi e storti
arroganti e presuntuosi
tra movida e pub chiassosi
noncuranti del dolore
della gente che soffriva
troppo aridi d’amore
su un pianeta che spariva
tra li scopi der motore de na moto che partiva.
Ce tenevo che sapessi
che sta manica de fessi
senza un filo d’umiltà,
che tu chiami umanità,
ha capito la lezione
sotto i colpi der bastone.
I bastardi del creato, noi
sta razza maledetta
quarche cosa l’ha imparato
e je toccato fallo ‘nfredda.
Nun ha senso proprio niente
Si nun poi sta co la gente.
Basta Dio, so’ disperato
damme fiato
damme ‘nprato
damme er vento sulla pelle
dammi l’occhi suoi, du stelle
l’aria fresca de collina
o der mare, che è salina
damme l’erba sotto i piedi
e un pallone con du reti
ortre a ‘n campo ben rasato
l’orizzonte sconfinato nel tramonto della sera
e la calma, quella vera.
Tu da solo tutto puoi
tu, che non sei come noi
fa fini’ st’epidemia
che scompaia, vada via.
Ce lo sai, semo imperfetti
ma lo vedi tra li letti
c’è l’amore mo’,
nun manca
grande come la speranza
oltre i vetri, in quella stanza
della gente in tuta bianca
che combatte senza sosta
sto nemico che li sfianca
che je sta rompendo l’ossa.
Se ci aiuti,
vinceremo sta battaglia eccezionale
contro un virus, che è letale.
M’emoziono adesso
e tremo
che quest’essere mortale
a cui il male ha messo un freno
po’ fa cose straordinarie,
si capisce che è terreno
Leggendo questa lettera viene il dubbio che forse il vero cambiamento da auspicare sia proprio questo: l’uomo probabilmente non diventerà più ematico e nemmeno più caritatevole ma ci accontenteremmo di vederlo più umile, più attento al mondo che lo circonda e al suo prossimo, più incline a porsi dei limiti.
Che il Coronavirus possa riuscire in questa impresa? Dovremmo chiedere a Dio.