Quando finisce un matrimonio? “Mentre sceglievamo la lista di nozze”

“E’ cominciato mentre stavamo scegliendo il servizio di piatti per la lista di nozze”, in quel momento l’autrice del post ha capito che il suo matrimonio stava finendo ancor prima di iniziare.

fine matrimonio
Foto da Pixabay

Ci sono quelli eterni, forse una minoranza oramai, che ci mostrano come “finché morte non ci separi” non solo una vecchia formula di rito.

Ci sono poi quelli infelici, quelli a cui, nonostante tutte le evidenze, si fa fatica a porre fine.

Ci sono poi quelli meravigliosi ma a tempo determinato, in cui, fortunatamente, neanche la fine potrà cancellare il bello che c’è stato.

Ci sono poi quelli sognati e mai celebrati, quelli di convenienza, quelli interrotti da un fato avverso e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.

Esistono innumerevoli generi di matrimonio, tutti egualmente importanti e tutti specchio dell’infinito caleidoscopio che sono gli esseri umani.

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Le difficoltà anche sono parte integrante di tutte queste tipologie matrimoniali e il modo in cui le si affronta determina, almeno in parte, la sorte del legame.

Molte unioni non ce la fanno e subentra prima la crisi e poi il definitivo addio.

Altre coppie superano gli scogli brillantemente e si ritrovano più unite che mai.

Altre ancora semplicemente, banale ma vero, non erano destinate ad essere.

Già perché ci sono anche loro, i matrimoni sbagliati, quelli che mai si sarebbero dovuti celebrare, quelli nati da dubbi, forzature, senso del dovere o semplice bisogno di credere in un legame contro ogni evidenza e buon senso.

Come è vivere questi matrimoni? Simili legami possono davvero durare? Il post che vi riportiamo oggi serve proprio a rispondere queste domande, a farci vedere da dentro come un matrimonio infelice, probabilmente, non era semplicemente destinato ad essere e, il più delle volte, lo si sapeva da molto, molto tempo.

Il mio matrimonio finito mentre sceglievo la lista di nozze

sposa triste
Foto da Pixabay

L’autrice del post lo sapeva da tempo, da prima ancora di andare all’altare: la verità le si era palesata un giorno di fronte a un servizio di piatti.

Le riviste lo dicevano, spiegavano come lo stress poteva minare l’armonia di coppia durante l‘organizzazione di un matrimonio ma poi, passato quel burrascoso momento, il sereno sarebbe dovuto tornare più splendente di prima. Peccato però che le cose non siano poi andate proprio così.

Quella vocina interiore le aveva già detto durante l’elaborazione della lista di nozze che qualcosa non andava. Era poi tornata a farsi sentire più volte, fin lì, lungo la navata ma ascoltarla era veramente troppo difficile.

Eccola allora la nostra sposa, unita in matrimonio e infelice.

Come uscirne? Ce lo racconta proprio lei.

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“Non riesco a individuare con precisione il momento esatto in cui tutto iniziò a crollare, ma voglio dire che è cominciato mentre stavamo scegliendo il servizio di piatti per la lista di nozze.

Ricordo quel giorno come fosse ieri, fermi al centro del negozio a discutere dei piatti da selezionare con quello stupido lettore di codici a barre. Lui voleva qualcosa di semplice e senza pretese. Io propendevo più per fantasie e colori. Pensavo fossimo semplicemente sopraffatti dallo stress del matrimonio. Tutte le coppie litigano durante questa fase; o almeno così dicevano le riviste.

Ma quei piatti erano una metafora della nostra relazione. Di base eravamo due persone molto diverse. Purtroppo, ce ne siamo resi conto con quattro mesi di ritardo.

Avrei dovuto annullare il matrimonio almeno una decina di volte prima di pronunciare i nostri “lo voglio”, ma non l’ho fatto. Tirai avanti perché credevo alla bugia che le riviste per spose mi avevano rifilato: che tutto sarebbe diventato più facile dopo aver smaltito lo stress da organizzazione. Bastava superare il grande giorno e le nostre vite sarebbero rientrate in carreggiata.

“Facciamola finita” non è proprio il mantra che vuoi ripeterti quando percorri la navata, eppure era proprio il ritornello che mi risuonava in testa mentre mio padre mi accompagnava all’altare.

La nostra vita da marito e moglie iniziò nel modo che più le si addiceva: piovve per quasi tutta la luna di miele. Eravamo bagnati e infastiditi quando ci ritrovammo a litigare, di nuovo, per dei piatti in un piccolo negozio di souvenir messicano. Io mi ero innamorata dei colori sgargianti e delle stampe azteche che ci avevano circondato durante il soggiorno in Messico, ma lui sembrava desiderare una casa senza colori.

Il litigio continuò sul volo di ritorno e durante le prime settimane di matrimonio. Anziché celebrare la nostra ritrovata libertà dall’organizzazione del matrimonio, iniziammo a cercare la libertà l’uno dall’altro.

Dopo un mese di matrimonio io mi ritrovavo seduta a letto a mangiare sushi, mentre mio marito era fuori, da qualche parte, ma non a casa con me. Dopo un mese di matrimonio, da sola nel nostro letto, cercai su Google “consulenti matrimoniali” nella nostra zona, e “come ottenere un annullamento.”

Il mese successivo lo passammo a cercare la soluzione ottimale che avrebbe salvato il matrimonio. Lui disse che avrebbe smesso di andare al bar ogni sera con i suoi fratelli single. Io promisi di fare più cose divertenti e dedicare meno tempo al lavoro. Per un po’ ci impegnammo, solo per tornare alle nostre vecchie abitudini.

Poi iniziammo a urlare e litigare e poi urlare ancora domandandoci come eravamo arrivati a quel punto. Alla fine presi un appuntamento con una consulente matrimoniale, ma proprio il giorno prima lui mi chiamò mentre entravo in ufficio.

“Non so neanche se voglio che questo matrimonio funzioni”, confessò. Sapevo bene cosa intendeva dire.

Gli stupidi piatti oggetto del litigio se ne stavano imballati nella stanza degli ospiti. Possibile che il nostro matrimonio fosse arrivato al capolinea prima ancora di aver messo via i regali? C’erano ancora ritagli di carta da pacchi attaccati con il nastro adesivo sul lato di uno degli scatoloni. L’avevo già notata il giorno del trasloco, quando lui aveva attraversato il soggiorno trasportandoli.

Fu mia madre ad accompagnarmi dall’avvocato divorzista. Era un uomo gentile, mi allungò lentamente un pacchetto di fazzoletti sulla scrivania quando iniziai a piangere. Mia madre mi portò anche in un bar sulla strada di casa. Ci sedemmo lì alle due di un martedì pomeriggio e lei fece scivolare tra le mie mani una birra ghiacciata quando ripresi a piangere.

Non ero mai stata tanto infelice in vita mia come nell’anno culminato con quel pomeriggio al bar, ma la fine del matrimonio non era mai stata la soluzione sperata. Pensavo che sposarsi fosse stata una scelta sbagliata sin dall’inizio.

Poco dopo subentrò la rabbia. Mi sentivo come se mi avessero indotta con l’inganno a sposare un uomo che non aveva alcuna intenzione di restare con me. Lo immaginavo come un “ladro di tempo”, che mi aveva derubato degli anni passati e di quelli a venire.

Ma anche il senso di colpa mi travolgeva a ondate. Cosa avrei potuto fare di diverso? Dove avevo sbagliato? Dovevo cambiare per lui? Cambiare per la sua famiglia che non mi aveva mai considerata all’altezza?”

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“Alla fine venne fuori la realtà dei fatti, che includeva un conto in rosso e altre donne. Il senso di colpa mi portò dall’incolpare me stessa per il fallimento del matrimonio al domandarmi perché non avevo capito che era spacciato sin dall’inizio. La rabbia si riaccese; ero cieca o semplicemente stupida?

I giorni e le settimane successive al divorzio dall’uomo che era stato mio marito per quattro mesi furono pieni di tristezza e imbarazzo. Mi seppellii in casa per tutto il tempo necessario, in attesa che la notizia diventasse di dominio pubblico.

La tristezza andava e veniva. Col passare del tempo, mi resi conto che stavo piangendo per una cosa che non era mai esistita. L’uomo di cui mi ero innamorata e che avevo accettato di sposare non era lo stesso a cui avevo detto “Sì, lo voglio”. Piansi per la perdita di quella vita quasi quanto piansi per quello che immaginavo come un futuro rovinato.

La varietà e la forza di quelle emozioni mi colsero di sorpresa, ma a sconvolgermi più di tutto fu la velocità con cui la vita tornò a scorrere normalmente. Un giorno ero seduta da sola sul divano a piangere davanti alla pubblicità dei pannolini, e quello dopo ridevo nella folla del centro commerciale con mia sorella. Era come se i mesi precedenti li avesse vissuti un’altra persona.

Fu in una di quelle serate assolutamente normali, cinque mesi e due settimane dopo il mio matrimonio, che conobbi il vero amore della mia vita. A lui non importava che fossi una divorziata prossima ai trenta e con qualche gatto. Non badava al mio essere diffidente e al fatto che, ad eccezione di un po’ di divertimento occasionale, non avessi grandi interessi. Non voleva cambiarmi; gli piacevo così come ero.

Cinque anni e sette mesi dopo quel matrimonio disastroso, ho percorso la navata nuovamente. Siamo ancora molto contenti dei nostri piatti: un set bianco e turchese comprato da Target che ogni sera usiamo per cenare con le nostre due figlie. In fin dei conti, non cambierei nulla di quello che è accaduto perché tutto è servito a portarmi qui; qui, nel posto a cui ero destinata da sempre.”

è giunto il momento di lasciarsi? i segnali (Istock P)
é giunto il momento di laciarsi? i segnali (Istock Photos)

Un matrimonio dunque che forse non sarebbe dovuto nemmeno iniziare, un legame sorto tra i dubbi e dai dubbi poi divorato.

Esempio di come bisognerebbe imparare ad ascoltare un po’ di più quella vocina che nasce dal profondo del nostro cuore? Forse sì ma forse anche un esempio di come non sempre le cose vadano come desideriamo ma, in fondo, la vita trova comunque il modo di condurci là dove saremmo dovuti essere. E in fin dei conti forse va bene anche così, vanno bene gli errori e va bene accettarli e andare oltre.

Fonte: huffingtonpost.it

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