Coronavirus e complotto | Perché è così facile credere ai sotterfugi?

La notizia, poi parzialmente e decisamente rettificata, del servizio datato 2015 proposto dal TGR Leonardo ha fatto esplodere ancora una volta l’epidemia più dilagante di sempre: la teoria del complotto

teoria del complotto
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L’uomo non è mai stato sulla luna, i vaccini causano l’autismo e le merendine sono piene di nanoparticelle.

Potremo andare avanti a lungo in questo elenco, quello che riguarda teorie di complotto e bufale circolate negli anni e capaci di riscuotere un grande consenso popolare.

La maggioranza delle persone sembra avere una straordinaria propensione nel prestare fede alle teorie del complotto, sotterfugi e mascheramenti che fanno intuire che la verità universalmente riconosciuta copre in realtà ben altro.

Ma perché le persone hanno questa inclinazione nel prestare fede a rocambolesche spiegazioni e congetture? Proviamo a capirlo insieme.

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Complotto,  perché tutti vogliamo crederci?

teoria cospiratori
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La recente diffusione del Coronavirus e delle innumerevoli fake news ad esso correlate hanno portato molti a interrogarsi su quali meccanismi spingano le persone a prestare ascolto a notizie fuorvianti e, spesso, palesemente infondate.

Dalla vitamina C dai poteri miracolosi al più recente servizio del TGR Leonardo, sono svariate le news che ci hanno messo di fronte alla nostra fragilità, a quella naturale inclinazione che abbiamo nell’affidarci a notizie fallaci.

Alcuni studiosi hanno provato a spiegare come mai ciò avvenga.

Simone Angioni, chimico e divulgatore via social, ha illustrato su Instagram i tre imputati che, a suo parere, spingono l’essere umano a confidare nelle bufale.

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Mette ordine nel caos – Appare consolatorio credere che non ci si trova in una situazione tanto difficile per caso ma perché degli scienziati hanno complottato contro la nostra salute

Deresponsabilizzazione – Non è colpa nostra, qualcuno ci ha messo in una situazione e noi non possiamo farci niente. A tal proposito occorre però ricordare che sono oltre dieci anni che l’OMS mette in guardia i governi circa l’opportunità di prepararsi per le pandemie, monitorare i virus, stare attenti.

Il fascino della semplicità – Complesso indagare, comprendere le sequenze genetiche o, almeno, cercare di farlo. Decisamente più facile e immediato additare un colpevole ben identificato.

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A occuparsi della questione è stato anche un articolo comparso su The Conversation, pubblicato nel 2017, che elenca sia i motivi della diffusione delle fake news, sia i consigli per dialogare in modo produttivo con chi ci crede.

Secondo l’articolo in questione questi sarebbero gli input che ci spingono a dar credito alla bufala del momento:

Distinguere pattern ricorrenti – E’ uno dei meccanismi che ha consentito la nostra evoluzione, quella cosa che ci permette di imparare da ciò che viviamo. Peccato però che oggi fa sì che la nostra mente ricerchi automaticamente correlazioni inesistenti tra le migliaia di informazioni frammentate che quotidianamente ci bombardano, riconducendole poi a episodi passati senza relazione alcuna percependo così imbrogli e raggiri anche dove non sussistono.

L’approvazione sociale – Risulta più facile seguire il flusso piuttosto che essere la voce fuori dal coro. Quando la mamma ci diceva “che fai se i tuoi amici si buttano dal ponte ti butti anche tu?” la risposta più onesta sarebbe dovuta esser “sì”: è spesso più conveniente risultare socialmente interessanti e desiderabili che dire cose corrette

Se lo fa qualcun altro un motivo dovrà pur esserci – Diversi esperimenti dimostrano come un’idea appare tanto più attendibile quante più persone la professano. Il fatto che in molti avvalorino una tesi sembra render questa sempre più affidabile.

Bias di conferma – La conforti zone segnata dalle nostre stesse convinzioni è per sua natura difficile da violare. E per questo che scartiamo come scomode le idee troppo faticose, quelle che rischiano di turbare le fondamenta stesse del castello delle nostre conoscenze/convinzioni. Leggiamo solo giornali che la pensano come noi, ascoltiamo con ira chi diverge dalla nostra opinione, eliminiamo chi non condivide le nostre idee.

Per tutti questi motivi instaurare un dialogo con chi crede alle così dette bufale risulta esser spesso una missione inutile e frustrante.

La verità è infatti che anche solo menzionare le fake news finisce per rafforzarle (come vi avevamo del resto già spiegato inEffetto Streisand | Quando tentando di occultare ottieni l’effetto opposto): la controparte sarà spintaad alzare barriere a difesa della propria posizione (bias di conferma), relegando il fact checking (analisi dei fatti) in un angolo.

Come provare allora? Intanto niente toni di superiorità o agguerriti, poniamoci in modo amichevole e, se possibile, utilizziamo esempi pratici e a noi ben noti citando solo in dato scientifico che si vuole sostenere e non la bufala a esso connessa.

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In generale comunque sarebbe bene accettare la natura umana così come è, sapendo che una tendenza tanto connaturata non può esser sdraiata totalmente.

Evitiamo per quanto possibile allora di concorrere nel diffondere le fake news, anche qualora le volessimo citare per poi smentirle: questo è l’unico vero potere che abbiamo.

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