Coronavirus | Cos’è l’immunità di gregge e perché se ne parla tanto?

L’immunità di gregge è un concetto medico che è stato citato più volte nelle scorse settimane in relazione alla pandemia che il mondo sta affrontando. Come funziona? È applicabile oggi contro il Coronavirus? Lo sarà in futuro?

Immunità di gregge
Metropolitana di Londra (Fonte: Pixabay)

L’immunità di gregge è stata recentemente citata da Boris Johnson, Primo Ministro Inglese, come una delle strategie da adottare per affrontare il Coronavirus. In particolare, Johnson sembrava deciso ad attendere che l’immunità di gregge si attivasse naturalmente a proteggere l’intera popolazione del Regno Unito mentre il Governo metteva in atto misure di contenimento piuttosto blande, finalizzate a non immobilizzare la società e a non danneggiare in maniera gravissima l’economia UK.

Come sappiamo, il ripensamento del governo inglese è arrivato quasi subito, e attualmente il Regno Unito ha deciso di utilizzare il modello italiano per gestire l’epidemia (cioè misure di contenimento severissime, finalizzate a impedire di fatto il contatto sociale tra i cittadini).

Cosa ha spinto Boris Johnson a rinunciare all’idea di attendere l’immunità di gregge? Come funziona questo “meccanismo naturale” che protegge la società dal diffondersi delle malattie infettive? Perché allo stato attuale non può funzionare contro il Coronavirus?

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Cos’è l’immunità di gregge?

Anticorpi immunità di gregge
(Fonte: Pixabay)

A livello tecnico, il meccanismo alla base dell’immunità di gregge è che quanto più è alto il numero di persone che non trasmettono una malattia infettiva, più bassa sarà la probabilità che un soggetto sano venga contagiato.

In altri termini, più le persone di una comunità sono immuni a un’infezione, più è improbabile venire contagiati all’intero di quella comunità.

Ci sono due modi per attivare l’immunità di gregge: il primo è per via naturale, il secondo è attraverso il vaccino.

Il vaccino rende i soggetti vaccinati immuni all’infezione, permettendo a ognuno di loro di sviluppare gli anticorpi necessari a difendere il proprio organismo da quella determinata infezione. I soggetti vaccinati non soffrono i sintomi gravi della malattia, non manifestano complicazioni, non rischiano la morte. Al massimo manifestano, nei giorni appena successivi alla vaccinazione, dei sintomi lievi e perfettamente controllabili.

L’altra via perché una comunità sviluppi l’immunità di gregge è molto più dolorosa di quella che prevede il vaccino.

In questo caso, infatti, tutte le persone di una comunità dovranno essere esposte alla malattia e dovranno sviluppare naturalmente gli anticorpi necessari a combatterla. Purtroppo, molte persone potrebbero non superare l’esposizione al virus, ammalarsi gravemente e morire. 

Entrambe le vie per ottenere l’immunità di gregge sono valide, ma quella naturale ha costi sociali più o meno elevati, a seconda di quanto sia alto il tasso di mortalità della malattia che la società sta affrontando.

Come si misura l’immunità di gregge?

Vaccino coronavirus
(Fonte: Pixabay)

In linea generale, quando una comunità raggiunge un livello elevato di copertura vaccinale, il virus o il batterio che causa la malattia per cui è stato eseguito il vaccino non può più diffondersi, perché non trova “soggetti deboli” da infettare.

Questo comporta che anche le persone immunodepresse, o quelle che per vari motivi non possono vaccinarsi, sono protette dall’immunità di gregge e non si ammalano: il virus o il batterio non arriverà al loro organismo perché all’interno della comunità non ci saranno persone infette.

C’è da specificare che le conseguenze positive dell’immunità di gregge sono di due tipi: da una parte essa limita il contagioma dall’altra essa indebolisce il ceppo infettivo, rendendo più facile la guarigione anche nei rari casi in cui un individuo venisse infettato.

La soglia minima dell’immunità di gregge indica il numero di persone che all’interno di una comunità devono aver sviluppato gli anticorpi al fine di proteggere anche le persone che non li hanno sviluppati.

Questo dato cambia a seconda del virus o del batterio che causa l’infezione. Per fare un esempio, affinché una malattia estremamente contagiosa come il morbillo sia sconfitta dall’immunità di gregge è necessario che il 95% della popolazione venga vaccinata.

Perché il Regno Unito rinunciato all’immunità di gregge contro il Coronavirus?

Il primo ministro inglese positivo al coronavirus
Il primo ministro inglese Boris Johnson è positivo al coronavirus (Cnn)

Quando il Regno Unito ha dichiarato di volersi affidare all’immunità di gregge per combattere il Coronavirus ha imposto delle misure di quarantena per tutti i soggetti appartenenti a fasce deboli della popolazione, come naturalmente gli anziani.

L’obiettivo, quindi, era di lasciare che l’epidemia si diffondesse tra i soggetti più forti della popolazione, proteggendo quelli più deboli dalla possibilità di contagio.

Purtroppo le motivazioni per cui questa strada non è stata considerata attuabile sono diverse. Innanzitutto non si conosce la soglia minima di immunità di gregge che bisognerebbe raggiungere per considerare la comunità del Regno Unito immune al Coronavirus; in secondo luogo, dal momento che non si conosce la durata dell’immunità ottenuta dalle persone guarite dal Coronavirus, non si può prevedere quanto sarà efficace nel tempo l’immunità di gregge: anche le persone guarite (cioè che hanno sviluppato anticorpi efficaci) potrebbero ammalarsi di nuovo, cioè presentare una ricaduta, allungando imprevedibilmente i tempi necessari a ottenere un’immunità di gregge efficace.

Photo by GEORGES GOBET/AFP via Getty Images

Il Professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas, ha dichiarato al Corriere della Sera: “Bisogna ragionare sul prezzo di un’immunità della comunità ottenuta non con un vaccino, ma esponendo come è stato detto, il 60% della popolazione britannica al virus. […] Nessun sistema sanitario al mondo è in grado di far fronte a un’emergenza del genere. Ci sarebbero troppe vittime e troppi pazienti non potrebbero essere curati”.

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