In piena emergenza Coronavirus, dall’Università dello Utah hanno avviato una ricerca per capire l’adattamento del COVID-19 alle differenti condizioni climatiche.

Congetture a parte, hanno provato – politici e non – ad azzardare l’ipotesi: il Coronavirus andrà via con il caldo. Pochi caratteri compulsati velocemente su Twitter, presi di mira o ignorati, nel bel mezzo di un’emergenza che sta colpendo al cuore l’Europa e il mondo. Una pandemia inattesa che ha messo in ginocchio anche l’Italia, ma a resistere è la voglia di risposte.
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Quindi, tra scienza e coscienza, la domanda resta: il COVID-19 con il caldo può sparire? Hanno provato a rispondere i fisici dell’Università dello Utah avviando una ricerca specifica che focalizza l’attenzione sulla possibile metamorfosi del Coronavirus con il cambio di stagione. Oggetto di analisi sono stati – e continuano ad essere – gli involucri esterni del COVID-19: nello specifico SARS-COV-2 può aiutare a capire la resistenza del virus all’umidità, al calore e ad altri cambiamenti ambientali.
Coronavirus, come cambia rispetto al clima e alle stagioni

Un articolo pubblicato su Live Science spiega come soddisfare determinati interrogativi possa essere rilevante anche, e soprattutto, per tracciare linee guida future in merito alla mappatura delle patologie che può comportare il contagio: i sintomi sono leggermente più gravi di quelli della polmonite interstiziale, ma non basta. Con l’arrivo del caldo, il virus presenterà modifiche? L’approfondimento giornalistico del portale d’informazione scientifica è molto chiaro: “Sappiamo che il Coronavirus si diffonde in modo simile al virus dell’influenza e sappiamo che in quest’ultimo caso le piccole goccioline di muco sospese nell’aria perdono infettività a livello virale perché le particelle perdono integrità strutturale”, puntualizza Saveez Saffarian, fisico dell’Università dello Utah.
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In altre parole si sta cercando di studiare il modo in cui l’involucro del virus reagisce ai cambiamenti di calore e umidità: l’assunto primario è che i virus non riescono a fare nulla da soli, sono definiti “involucri con istruzioni genetiche all’interno”. Dunque l’obiettivo è quello di capire come si adattano i meccanismi delle varie cellule – durante il processo di replicazione – quando vengono invase dall’ospite Coronavirus. “Stiamo realizzando una copia fedele del rivestimento esterno del Coronavirus. L’idea è di capire cosa incide su questo virus, cosa lo abbatte e lo fa morire”, spiega Michael Vershinin, collega di Saffarian.
Tale indagine medico-scientifica è sovvenzionata dalla National Science Foundation. Eventuali risposte, ottenute da questo percorso di ricerca, potranno stabilire con maggiore certezza quanto il COVID-19 manterrà la propria stabilità in diverse condizioni. Informazione utile a determinare per quanto, ipoteticamente, dovremmo ancora attuare politiche di distanziamento sociale e isolamento.
#coronavirusitalia
L’aggiornamento della situazione alle ore 18 del #22marzo:https://t.co/p2DIxdA1FE#coronavirus #covid19italia #COVID19— Ministero Salute (@MinisteroSalute) March 22, 2020
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