‘Gomorra’ | Il cinema come riscatto sociale ed etico: l’altra faccia delle Vele

Iniziati i lavori per l’abbattimento della Vela verde, una giornata storica per Scampia. Le Vele, oggi, sono conosciute prevalentemente per la Camorra ma il cinema ha provato a riqualificare quest’immagine negativa.

Vele di Scampia, l'occhio indiscreto sulla Camorra
Vele di Scampia, l’occhio indiscreto sulla Camorra (Getty Images)

L’abbattimento della Vela verde, a Scampia, diventa realtà: sono iniziati i lavori in tal senso, l’ambizione è quella di riqualificare un quartiere conosciuto solo ed esclusivamente per un aspetto – tutt’altro che encomiabile – senza notare quanto altro possa offrire una piazza del genere. Le Vele sono state (e continuano ad essere) teatro di realtà limite, caratterizzate da precarietà e genuinità che sfociano spesso nell’illecito: da queste architetture infatti ha tratto la sua linfa vitale, per molto tempo, la criminalità organizzata.

Parlare di Camorra come realtà criminale esclusivamente legata ad un posto, piuttosto che ad una regione o più ampiamente ad un Paese, è miope e riduttivo. Specialmente al giorno d’oggi, dal momento che le cronache hanno dimostrato quanto – e come – l’illecito possa propagarsi a macchia d’olio lungo tutto lo Stivale passando per il Sudamerica: le rotte del narcotraffico, ad esempio, sono una precisa cartina tornasole della scelleratezza umana.

Scampia, cade la Vela verde: da centro nevralgico della criminalità a set cinematografico

Scampia vista dalle Vele
Scampia vista dalle Vele (Getty Images)

Alla negatività, talvolta, per esorcizzarla e provare a superarla va fornito un contesto. Anche geografico. Così le Vele di Scampia, complice la sintesi giornalistica di fatti delittuosi e inopportuni, sono diventate sinonimo di spaccio, degrado e perdizione. A queste pecche si è cercato di ribattere con il buon esempio, con determinate bonifiche, attraverso iniziative capillari: retate, arresti e blitz. Non è bastato, però, a fermare l’onda (in particolar modo emotiva) del pregiudizio.

Eppure le Vele erano nate con un altro intento: a crearle fu l’architetto Franz Di Salvo fra il 1962 e il 1975. Dovevano restituire il senso d’appartenenza partenopeo, fatto di essenzialità e genuinità: la loro forma doveva richiamare una filosofia di vita estrosa ed eccentrica da consumarsi nelle strade, per restituire il senso di comunità che si compatta venendo a contatto ogni giorno: alloggi contenuti per far sì che ci fosse l’indispensabile ma la quotidianità doveva svolgersi fuori, per favorire l’integrazione e la vicinanza fa abitanti e dirimpettai.

Leggi anche –> “Si vive una volta sola” | Verdone inganna la morte con un pizzico d’ironia

Un idea rivoluzionaria, per l’epoca, quando ancora la concezione: “Less is more” era un’utopia. Con il tempo, ogni proposito si è sfaldato, ma Di Salvo non sbagliava: a commettere errori sono stati altri, favoriti – in qualche maniera – da un certo tipo di omertà anche da parte delle istituzioni. Così, oggi, le Vele sono banalmente l’anticamera della tentazione: il passaggio per l’inferno. Questa visione tetra è stata smussata, per quanto possibile, con l’aiuto della Settima Arte.

Il cinema, in diversi frangenti, ha usato questo complesso architettonico e certi quartieri per parlare di malavita senza però fermarsi ai luoghi comuni: il grande schermo, specialmente con ‘Gomorra’, ha cercato di andare oltre gli stereotipi per favorire una visione d’insieme che rappresentasse una realtà cruda ma recuperabile. Tanti giovani, apparentemente lasciati a sé stessi e vittime di un sistema incancrenito, hanno potuto aprire gli occhi grazie alla parabola cinematografica e seriale di Genny Savastano e Ciro Di Marzio. Esiste sempre un’alternativa al male, così quelle Vele sono diventate – per qualche tempo – red carpet dei più grandi attori contemporanei.

Leggi anche –> Cinema | “Figli”, il riscatto della periferia con Mattia Torre

Da punto di non ritorno a punto di svolta, anche se bisogna passare attraverso una tappa obbligata come l’abbattimento: più di qualcuno, però, ha voluto dare un ‘ultimo saluto’ alle costruzioni così come le ricordiamo.

Non posso nascondere a me stessa che una parte di me è triste al pensiero che la Vela Verde verrà abbattuta. 40 giorni di morte lenta per quello che, si è vero, è stato teatro (reale e di finzione) di malavita. Ma è pur sempre vita. In quelle vele ci hanno abitato, quelle vele hanno rappresentato la necessità di miglioramento, la richiesta di uno sguardo, di attenzione, di una mano. Allora, che buttarle giù non sia solo un voler ripulire la faccia per dimenticare di nuovo tutto! Avrei certo preferito, nel mio mondo ideale, che fossero state recuperate, trasformate in qualcosa di grandioso, una università o un museo di arte… qualcosa che simboleggiasse la rinascita, ma si sceglie di mandarle giù. Per ragioni che non so, forse di costi… forse chissà. Va bene. Ma non dimenticherò mai. Quando il male ti tocca, quando lo vedi, anche quando lo interpreti solamente, ti cambia, ti apre gli occhi. Il cuore ti sanguina e lo porterai sempre con te. Ti aiuterà forse ad acuire il pensiero e sofisticare l’anima, per metterla un po’ come Robert Musil, ne’ I turbamenti del giovane Törless. Perché questo mi suscitano le vele: turbamento di gioia e dolore, casa e prigione, odio e profondissimo amore. È difficile parlarne. È difficilissimo. Ti voglio bene Scampia. Ti voglio bene”. Scrive su Instagram l’attrice Cristiana Dell’Anna, meglio conosciuta come Patrizia di ‘Gomorra’. Un commiato doveroso per una ‘cartolina ingiallita’ che farà posto al futuro, sperando che sotto le macerie ci sia davvero la forza di ripartire per costruire qualcosa di diverso. E non è solo questione di architettura.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Non posso nascondere a me stessa che una parte di me è triste al pensiero che la Vela Verde verrà abbattuta. 40 giorni di morte lenta per quello che, si è vero, è stato teatro (reale e di finzione) di malavita. Ma è pur sempre vita. In quelle vele ci hanno abitato, quelle vele hanno rappresentato la necessità di miglioramento, la richiesta di uno sguardo, di attenzione, di una mano. Allora, che buttarle giù non sia solo un voler ripulire la faccia per dimenticare di nuovo tutto! Avrei certo preferito, nel mio mondo ideale, che fossero state recuperate, trasformate in qualcosa di grandioso, una università o un museo di arte… qualcosa che simboleggiasse la rinascita, ma si sceglie di mandarle giù. Per ragioni che non so, forse di costi… forse chissà. Va bene. Ma non dimenticherò mai. Quando il male ti tocca, quando lo vedi, anche quando lo interpreti solamente, ti cambia, ti apre gli occhi. Il cuore ti sanguina e lo porterai sempre con te. Ti aiuterà forse ad acuire il pensiero e sofisticare l’anima, per metterla un po’ come Robert Musil, ne’ I turbamenti del giovane Törless. Perché questo mi suscitano le vele: turbamento di gioia e dolore, casa e prigione, odio e profondissimo amore. È difficile parlarne. È difficilissimo. Ti voglio bene Scampia. Ti voglio bene.

Un post condiviso da cristianadellanna_official (@cristianadellanna_official) in data:

Chedonna.it è stato selezionato dal nuovo servizio di Google news, per restare sempre aggiornato dalle nostre notizie SEGUICI QUI

 

Impostazioni privacy