Il Festival di Sanremo è anche una bolla mediatica che può avere conseguenze notevoli. Il sogno potrebbe diventare incubo se gli interpreti (non solo canori) si lasceranno sopraffare dalla pressione delle aspettative.
I riflettori puntati addosso, l’orgoglio dei cari che guardano la televisione, i ritornelli delle canzoni come un mantra nella testa a ricordarti che è tutto vero anche se senti la musica come nei sogni. Anche questo è il Festival di Sanremo, una Guantanamo perenne dove le torture peggiori le fanno i media, per via di uno scatto, una frase sbagliata, un sorriso di troppo.
Personaggi più o meno conosciuti che, durante quelle cinque serate all’anno, si trasformano: presi di mira da giornali, telegiornali, radio e televisioni. Si parla sempre e soltanto di loro, in tutta l’Europa – perchè Sanremo è Sanremo e va anche in Eurovisione – sbagliare qualcosa lì può significare molto. Così come fare una bella figura: le canzoni c’entrano in parte, soprattutto oggi che per farsi ascoltare ci sono vari modi che passano in particolare attraverso i talent show.
Festival di Sanremo: come cambia la kermesse nell’epoca dei talent show
Sanremo è più una “bolla”, utile per farsi notare. Se in positivo o in negativo spetta ai protagonisti deciderlo, dovranno essere bravi a non lasciarsi travolgere dal carrozzone di dicerie, polemiche e battibecchi in grado di animare la grande macchina dello show business. Il kitsch ha preso il posto del glamour e l’estetica, spesso, vince sull’etica.
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Così in mancanza del folle di turno in grado di arrampicarsi su una balconata dell’Ariston per chiedere considerazione e rispetto, quello ormai resta appannaggio di Baudo e pochi altri, ci sono i commenti scomodi o fraintendibili – per dirla alla Amadeus – che triturano tutto nel calderone del giudizio: non conta la musica, non contano le intenzioni, certe volte non conta nemmeno lo share dal momento che il palinsesto viene modificato per evitare possibili scelte concorrenziali alla manifestazione.
È rilevante – prima del definitivo oblio e arrivederci alla prossima edizione – invece la capacità di barcamenarsi in mezzo alla tempesta: basta un imprevisto, una frase infelice, qualche disappunto in più per far crollare l’intero castello. Chiedere a Baglioni che lo scorso anno, per una frase sui migranti detta in conferenza stampa e ribadita sommariamente durante la prima puntata del Festival, si è giocato un possibile tris alla conduzione della kermesse. Malgrado avesse proposto un’edizione soddisfacente: triturato nel calderone del tribunale mediatico per aver difeso, forse, chi non poteva.
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Amadeus, nell’edizione numero settanta, è chiamato ad uno sforzo in più: reggere l’urto del dissenso senza far rimpiangere i suoi predecessori. Infatti si gioca la carta Fiorello che, dopo la gaffe sulle donne nella conferenza stampa inaugurale, si porta sempre dietro come un talismano per bilanciare l’imbarazzo e forse un pizzico di timidezza. “Nessuna polemica rovinerà i miei sogni”, precisa il conduttore e direttore artistico della kermesse prima di iniziare.
Eppure bisogna stare attenti, poiché Sanremo è un sogno premonitore: appena si realizza determina anche il proprio futuro lavorativo. Solo Baudo e Mike Bongiorno sono usciti indenni da questa macchina di costume e intrattenimento, gli altri – a partire da Conti, finendo a Fazio e ricordando Chiambretti – hanno dovuto scontare qualche mese di ‘purgatorio’ televisivo poiché sopraffatti dalla pioggia di giudizi e critiche postume, assai più ingombranti di un vestito stretto. La diatriba sui cachet, per fare un esempio, è solo la punta di un iceberg ben più ampio che andrà ampliandosi serata dopo serata.
Amedeo Sebastiani ha ammesso che non prova troppo, forse perchè già provato, o eccessivamente sicuro delle sue possibilità. Ha rivelato che sarà un Festival imprevedibile: speriamo non troppo, almeno per lui e tutti quei colleghi coinvolti che dietro un sorriso celano l’ansia inaspettata al cospetto della Città dei Fiori che possiede – malgrado tutto – anche tante spine.
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